Barack Obama ha finalmente preso un provvedimento sul controverso progetto per la realizzazione dell’oleodotto Keystone XL. La gigantesca pipeline, lunga 3.500 chilometri, non si farà, almeno per il momento. La TransCanada, l’impresa costruttrice, potrà tuttavia richiedere di nuovo i permessi nei prossimi mesi. Il Keystone XL, quindi, sembra destinato a diventare un tema caldo dell’imminente campagna elettorale per le presidenziali.
È più che probabile che il prossimo candidato del Partito
Repubblicano possa sostenere il progetto, destinato a trasportare dal
Canada alle coste del Texas negli Stati Uniti il petrolio derivante
della lavorazione delle sabbie bituminose. Ovvero uno dei cosiddetti
“combustibili non convenzionali” più discussi e più forieri di danni
ambientali. Basta dare un’occhiata alle foto satellitari dell’Alberta,
regione canadese ricca delle sabbie, per farsi un’idea molto chiara su
come un territorio possa essere devastato per cavar fuori dalle sue
viscere il tar sands.
La decisione di Obama è stata accolta con
grande soddisfazione dai gruppi ambientalisti e dai nativi americani che
nell’Alberta conducono da anni campagne contro lo sfruttamento delle
sabbie bituminose, sebbene tutti siano coscienti che esista un rischio
concreto che l’immenso oleodotto possa vedere la luce. Non va
dimenticato, infatti, che alla base della decisione del presidente degli
Stati Uniti c’era l’impossibilità – legata alle pressioni esercitate
dal Partito Repubblicano – di esaminare con più attenzione il proposto
percorso della pipeline.
Ciò non toglie che le massicce
proteste inscenate nei mesi passati in vari luoghi simbolo degli Usa,
tra cui la Casa Bianca, abbiano sortito un risultato molto positivo.
Nonostante fosse stata del tutto pacifica, la manifestazione sull’uscio
di casa del presidente Obama ad agosto si era conclusa con l’arresto di
ben 1.253 persone. Tra queste anche Debra White Plume, un’anziana donna
della comunità Oglala Lakota Oyate, ben felice che il fiume Missouri e
la falda acquifera di Ogalalla non subirono gli impatti collegati
all’oleodotto.
Lo scorso settembre una decina di premi Nobel per
la pace, tra cui Rigoberta Menchu, il Dalai Lama e Shirin Ebadi, avevano
scritto a Barack Obama per chiedergli di non dare il via libera al
Keystone XL Pipeline.