Lo scorso 9 marzo, a dieci giorni dalla
formazione del gabinetto Bratušek, migliaia di persone, sotto lo slogan «Skupaj do Konca!»
(Insieme fino alla fine) hanno di nuovo invaso le strade di Lubiana, per
protestare ancora contro la classe politica locale, contro le banche
responsabili della crisi finanziaria, per denunciare l’insostenibilità della
situazione economica e sociale venutasi a creare nel paese. Si è trattata della
quarta Ljudska vstaja, per stare alla terminologia usata dagli
organizzatori, che tradotto in italiano, sta per ‘sollevazione popolare’ e a proposito delle proteste di piazza che sono
andate in scena tra novembre e dicembre dell’anno scorso nella
città di Maribor, che hanno avuto come bersaglio il sindaco Franc Kangler,
accusato di corruzione, alcuni commentatori politici hanno parlato addirittura
di “insorgenza”. Ciò in considerazione del fatto che in questa città la
protesta è stata molto dura, con tentativi di assalto ai palazzi del potere
locale, devastazioni e scontri durissimi tra manifestanti e polizia.
Un ruolo centrale
nell’organizzazione della protesta ce l’hanno, ovviamente, la Rete e i social network in
particolare. Molto attivi sono alcuni profili su Facebook, come Franc
Kangler naj odstopi kot župan Maribora e Janez Janša naj odstopi
kot premier Republike Slovenije, nati per chiedere le dimissioni
rispettivamente del sindaco di Maribor e del Primo Ministro Janez Janša, che
oggi contano decine di migliaia di fan.
Nel frattempo è stato eletto un
nuovo governo, che vede
come primo ministro una donna, la quarantenne Alenka Bratušek, leader del
partito di centrosinistra Slovenia Positiva, ma le manifestazioni non
cessano, la protesta non si spegne. La lotta alle politiche di austerità si
lega sempre più a quella per il ricambio della classe politica, giudicata
corrotta ed inadeguata alle sfide che ha davanti il paese.Il nuovo primo ministro ha
dichiarato che non intende chiedere aiuti a Bruxelles, né vuole proseguire sulla strada
tracciata dal suo predecessore. Non è chiaro però come intenderà fare fronte al
problema del buco bancario e del più esoso servizio del debito, considerato
che, da stime recenti, servirebbero per il primo altri cinque miliardi di euro
e per il secondo altri due.
Limitandosi a dichiarare che le
politiche di risanamento non
dovranno deprimere l’economia del paese e, genericamente, che bisognerà
invertire la politica “di estrema e rigida austerità” del governo precedente,
non ha in sostanza avanzato una proposta di reale discontinuità con la logica
rigorista ispirata dalla tecnocrazia di Bruxelles e dai banchieri di
Francoforte. Un colpo al cerchio e uno alla botte, potremmo dire.
Intanto i numeri dell’economia
reale incominciano a farsi più preoccupanti. Il Paese è in recessione ormai da alcuni anni, ma nel
quarto trimestre del 2012, con una diminuzione del prodotto interno lordo
dell'uno per cento su base trimestrale e del 2,8% rispetto a un anno prima, il
quadro generale si è ulteriormente aggravato. Lo dicono anche le stime
ufficiali sui consumi, che nel quarto trimestre del 2012 sono scesi del 7,8% in
termini reali.
È aumentata anche la
disoccupazione, portandosi al di sopra della media europea (11%). Secondo i dati forniti
recentemente dell'Agenzia d'Impiego della Repubblica di Slovenia, il numero dei
disoccupati a gennaio 2013 ha raggiunto le 124.258 unità (+5,2% rispetto al
dicembre dell’anno precedente), un salto all’indietro di circa 15 anni.
Per quanto riguarda la Slovenia, la
crisi economica, in ogni caso, è ormai solo un corno della questione, perché le manifestazioni di piazza
– anche in questi giorni - sono andate ben al di là della richiesta di una
diversa politica economica: vogliono mandare a casa tutta la classe politica e
rifondare la convivenza civile.
Anche in Slovenia la rete e i social net hanno avuto un ruolo centrale nelle proteste di piazza
Slovenia, le manifestazioni chiedono un cambiamento radicale
un cambio di governo non basta più
18 / 3 / 2013