Centinaia di morti civili, distruzione di interi quartieri, fuga dalle città

Siria. Fame di morti

Si complica la soluzione della guerra civile

di Bz
28 / 12 / 2012

Quasi cento cittadini morti ad Aleppo, mentre erano in  coda ad un panificio, a seguito di un bombardamento dell’aviazione siriana; il bombardamento sarebbe una rappresaglia contro la città di Aleppo che ha sostenuto, fin dall’inizio, la rivolta contro il regime di Assad.

Sono 45.000 mila le persone decedute durante questo scorcio di guerra civile in Siria, 10.000 militari e 35.000 civili; chi ne uccide di più, il regime o i ribelli? D’istinto non abbiamo dubbio.

Il capo della polizia militare siriana, il generale Absulaziz al-Shalal, ha annunciato in un video di aver lasciato l’esercito e ha dichiarato la sua intenzione di unirsi ai ribelli che combattono contro il regime del presidente Bashar al-Assad. È uno degli ufficiali di più alto grado a passare dalla parte dei ribelli, e la sua è la defezione più importante dopo quella dell'ex primo ministro Ryiad Farid Hijab. Una fonte interna alla sicurezza siriana ha confermato la defezione, sottolineando però che era previsto che al-Shalal andasse in pensione entro un mese.

Nel video il generale, che si troverebbe ora in Turchia, motiva la sua decisione spiegando che l’esercito ha smesso di svolgere il suo compito principale, la protezione del paese, e si è trasformato «in un insieme di bande dedite all’omicidio e alla distruzione».

Queste sono le principali notizie che rimbalzano dalla Siria, quanto ci sia di vero e quanto di propaganda non è dato saperlo, sappiamo tutti, ormai, che, nei conflitti sociali, nelle guerre, l’arma più usata e più a buon mercato è la disinformazione, a tal proposito vi invitiamo a leggere l’articolo proposto dall’Agenzia NENA, che qui  riportiamo.

Cosa possiamo aggiungere a quanto scritto in precedenza sulle vicende siriane, se non che il pericolo di una deflagrazione del conflitto in tutta l’area medio orientale permane, che gli equilibri fra le forze che combattono si fanno più precari, che la società civile siriana è messa sempre più in disparte, che le potenze dell’area alzano, giorno dopo giorno, la posta in campo.

Dalle cronache - depurate per quanto ne siamo capaci - emerge un protagonismo ed una egemonia sul campo degli integralisti islamici, che, forti dell’appoggio dell’Iran e della Russia, hanno preso militarmente la direzione politica della rivolta sociale, ora guerra civile, in Siria. Ciò ha determinato una situazione che, radicalizzandosi, complica ulteriormente la possibile soluzione del conflitto in atto. La Turchia, infatti, sempre ad un passo dall’intervento diretto, per interposta persona – leggi USA/NATO – è titubante: la cacciata di Assad ad opera degli integralisti darebbe loro un potere enorme, che non è accettabile da Israele che risulterebbe pressoché circondato dagli hezbollah di Gazza, Egitto, Libano e Siria; ma neppure dalle lobby petrolifere arabe, sempre e comunque alleate agli interessi economici occidentali. Si profila, tanto più dopo conferma referendaria di Morsi in Egitto, una condizione di stallo nel conflitto in corso: la tragedia continuerà ancora per popolazione civile siriana.

Bz

Foto articolo tratta da Internazionale

da NENAnews

di Marinella Correggia

 È troppo chiedere ai media di analizzare le denunce e i materiali video che ricevono, facendosi le classiche domande: chi, come, se, perché, cui prodest eccetera? Non lo hanno fatto, né in Italia né all'estero, di fronte alla cosiddetta "strage del pane" ad Halfaya, Siria, 23 dicembre: "Mig di Assad uccidono trecento persone mentre in mille facevano la fila per il pane".

Gli oppositori dell'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani basato a Londra e dei Comitati di coordinamento locali hanno diffuso video che proverebbero un bombardamento dell'aviazione siriana (Mig russi) contro mille civili in coda per il pane ad Halfaya. Perché? Per ritorsione contro l'avanzata dell'opposizione armata, sostengono i media.

Mandare un aereo a massacrare per ritorsione persone inermi affamate e per di più intorno a Natale, sarebbe non solo un atto diabolico ma anche suicida. Quel che ci vuole per tirarsi addosso l'ira armata del mondo, alienandosi anche chi continua a sostenere il negoziato anziché interventi militari.

Tanto più che in Siria - e dunque nel mondo - infuria quel che l'emittente Russia Today ha definito guerra chimica delle parole (con governo e gruppi armati a reciprocamente accusarsi dell'uso di armi vietate, ma solo le accuse dei gruppi armati sono tenute per buone). E tanto più che nello stesso giorno arrivava a Damasco l'inviato dell'Onu Lakdar Brahimi per parlare con il presidente Assad.

Eppure le notizie e i video sul 23 dicembre sono ripresi da tutti i media internazionali - e italiani - esattamente nella versione proposta dall'opposizione, senza avanzare dubbi di natura giornalistica sulle "prove video" le quali mostrano molte contraddizioni e nulla rivelano sui colpevoli, né sulla dinamica.

L'unica cosa certa, come per tantissime immagini e notizie su questa orrenda guerra fomentata, è che ci sono morti.


La guerra mediatica non si chiede "chi cosa come perché"

Madrina della "notizia" è stata la tivù satellitare saudita al Arabiya, con la cifra di 300 uccisi che ha rotto ogni argine nella diffusione della notizia. La tv saudita non è nuova agli exploit: nel febbraio 2001 un suo twitter lanciò la enorme e tragica bufala dei "diecimila morti in Libia", una strada senza ritorno. Nel poco tempo in cui l'Ansa ha dato per certo il numero di 300 morti la notizia - poi ridimensionata - è stata posta in testa alla homepage del sito, dopo il ridimensionamento è tornata in una posizione meno visibile. Poche ore dopo, l'emittente qatariana al Jazeera metteva in evidenza la denuncia di "attivisti" di Homs per i quali sette persone sarebbero morte per aver inalato un gas sconosciuto.

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