Sciopero generale in Ecuador, arrestato arbitrariamente il presidente della CONAIE Leonidas Iza

15 / 6 / 2022

Il leader indigeno e presidente della CONAIE (Confederción de Nacionalidad Indigenas de Ecuador) Leonidas Iza è stato arrestato arbitrariamente e illegalmente da gruppi speciali della polizia ecuadoriana nella notte tra lunedì e martedì con l’accusa di essere l’autore intellettuale di atti vandalici, nel pieno del nuovo “paro nacional”, lanciato dallo stesso movimento indigeno contro le politiche neoliberiste del governo di Guillermo Lasso.

Il “paro nacional” era stato annunciato già da alcuni giorni come misura necessaria per resistere alle misure economiche del governo. Tra le dieci domande del movimento al governo ci sono la richiesta di congelare il prezzo del carburante salito alle stelle, lo stop all’avanzamento della frontiera estrattivista e mineraria e alla privatizzazione del patrimonio nazionale, il rispetto dei ventuno diritti collettivi dei popoli indigeni, politiche di controllo dei prezzi dei prodotti di prima necessità, investimenti in salute ed educazione.

Ancora prima del sorgere del sole, numerose comunità e organizzazioni indigene si sono messe in cammino e hanno cominciato a bloccare le principali vie di collegamento del Paese. Dopo qualche ore, il primo bollettino della CONAIE annunciava che erano segnalati blocchi stradali in sedici province, principalmente nella zona amazzonica e andina, dove maggiore è la presenza indigena. Al termine della prima giornata sono state oltre 75 le organizzazioni sociali e i popoli indigeni mobilitati contro il governo.

Manifestazioni si sono svolte anche a Quito dove sono stati protagonisti gli studenti del Colegio Mejia che dopo aver bloccato le strade nei pressi dell’istituto sono stati caricati coi lacrimogeni dalla polizia. Tuttavia, non tutti i settori sociali hanno aderito al paro proposto dalla CONAIE, in particolare un netto rifiuto è venuto dal lavoratori dei trasporti, settore tradizionalmente non troppo incline ad essere coinvolto in scioperi generali.

Nella notte tra lunedì e martedì, come detto in apertura, l’arresto del presidente della CONAIE Leonidas Iza. Il dirigente indigeno si trovava in quel momento sulla Panamericana Sud nella provincia di Cotopaxi (al centro del Paese) quando un reparto speciale della polizia si è avvicinato al blocco stradale e lo ha arrestato mentre era a bordo di un’automobile. Nonostante le autorità abbiano dichiarato di averlo arrestato in flagranza di reato, fin da subito si è capito che l’arresto è di natura politica probabilmente per tentare di disarticolare la protesta sociale.

Un arresto avvenuto tra l’altro solo dopo qualche ora dalla pubblicazione su un quotidiano di alcune intercettazioni nelle quali si sentirebbe dire a Iza che «far cadere il Presidente della Repubblica non sarà per niente facile». Tali dichiarazioni sono state smentite dallo stesso Iza attraverso un comunicato in cui ha dichiarato come il governo stia cercando di trovare un nemico interno, di individualizzare le richieste della collettività di cui lo stesso Iza è portavoce.

Di Iza non si è saputo più niente per alcune ore. Solo a mattina inoltrata la Fiscalía della Repubblica ha pubblicato un comunicato nel quale ha dichiarato che il leader indigeno non era ancora stato posto sotto la sua autorità e di non aver ricevuto la documentazione relativa all’arresto. La Fiscalía ha inoltre esortato le forze armate a coordinarsi con le autorità giudiziarie al fine di evitare arresti arbitrari, di fatto alludendo alla possibilità che l’arresto in questione fosse stato effettuato proprio arbitrariamente.

Subito dopo l’arresto, la CONAIE ha lanciato un appello attraverso le proprie reti sociali di radicalizzare la lotta ed esigere l’immediata liberazione del leader indigeno. In mattinata è giunta la notizia del trasferimento di Iza nel supercarcere di Latacunga, nella provincia di Cotopaxi e proprio qui una imponente marcia del MICC (Movimiento Indigena y Campesino de Cotopaxi) di cui Iza è stato presidente fino a pochi anni fa, ha raggiunto la sede della Fiscalía chiedendo a gran voce la sua liberazione.

Con il trascorrere delle ore, di Iza si sono nuovamente perse le tracce facendo gridare al sequestro da parte dello Stato. A Latacunga il movimento indigeno ha marciato fin sotto il temibile carcere dove si sono verificati duri scontri con le forze di polizia. Diversi manifestanti e operatori della comunicazione indipendenti sono stati feriti dalle cariche della polizia e dal lancio di lacrimogeni mentre alcuni agenti di polizia sono stati “arrestati” dai manifestanti e poi rilasciati. In serata poi è arrivata la conferma che Iza è stato portato – illegalmente, denuncia la CONAIE - all’aeroporto militare di Latacunga dove si è svolta l’udienza di convalida dell’arresto.

Dopo oltre 24 ore di detenzione, finalmente la giudice Paola Bedon ha disposto l’immediata liberazione di Leonidas Iza, pur non riconoscendo le numerose irregolarità, arbitrarietà e illegalità nel suo arresto presentate dai suoi avvocati. La decisione del giudice si è basata su un articolo del COIP (Código Orgánico Integral Penal), legge fatta approvare dal correismo nel 2014: utilizzando l’articolo 346, a Iza è stata contestata la paralizzazione del servizio pubblico che prevede una pena fino a tre anni, tuttavia la giudice ha disposto per l’imputato misure alternative al carcere, il divieto di uscita dal paese e le firme tre volte a settimana presso la Fiscalía.

L’arresto di Leonidas Iza arriva in un momento di difficoltà del governo di Lasso, da più parti accusato di non sapere governare il paese e di affidarsi solamente a politiche neoliberiste. Un governo che giorno dopo giorno si sta rivelando incapace di gestire il paese: dalla crisi economica che colpisce in particolare i settori più deboli della popolazione, alla drammatica crisi carceraria, i problemi irrisolti aumentano e l’unica risposta è l’utilizzo della repressione per sedare le rivolte e il malcontento. Repressione che ha avuto un preludio molto grave il mese scorso quando alcuni militanti del Movimiento Guevarista Tierra y Libertad sono stati arrestati con la gravissima accusa di terrorismo ma senza prove concrete.

Questo nuovo tentativo di disgregare la protesta sociale attraverso la repressione dimostra l’arroganza del governo di Lasso e può trasformarsi nel volàno per il paro nacional che nonostante una buona partecipazione ha visto molti settori rimanere in attesa. Ora, con l’arresto di uno degli uomini simbolo dell’estallido dell’ottobre 2019 e una delle voci dell’opposizione più determinate, diversi settori della società civile e dei movimenti ecuadoriani hanno dichiarato la propria solidarietà a Iza e annunciato l’entrata in sciopero. Per il governo del banchiere Lasso si preannunciano dunque altre giornate complicate: l’arresto di Iza non ha fermato la mobilitazione indigena e anzi l’ha resa più determinata a conseguire le giuste rivendicazioni: «pretenderanno arrestarci o ucciderci fisicamente – ha dichiarato Leonidas Iza appena liberato - ma mai fermeranno le nostre idee e la nostra dignità come popoli, mai uccideranno i nostri sogni». Il paro sigue, la lucha sigue!