Sabotaggi presidenziali e dibattiti dem

Aggiornamento sulle primarie americane

31 / 3 / 2016

La retorica di rifare di nuovo dell’ “America” un paese “grande” e il programma violentemente anti-migratorio e islamofobo - costantemente ripreso nei discorsi del candidato repubblicano -  stanno facendo guadagnare a Donald Trump un seguito ben radicato - con buona pace di chi parla di una (inesistente) America post-razziale.

D’altra parte, con il progredire della campagna elettorale statunitense, il programma e la retorica di Trump sono stati oggetto di attacchi sempre più decisi ed efficaci spinti soprattutto da attivisti, cittadini e associazioni, che in diverse parti del Paese e in maniera coordinata - e non - si sono mescolati tra la folla di sostenitori del candidato repubblicano e hanno ripetutamente tentato di ostacolarne i comizi. Queste proteste hanno avuto il loro apice di efficacia con il sabotaggio del rally dell’11 marzo a Chicago, presso la University of Illinois, un’università con una popolazione studentesca molto eterogenea, situata nella sezione ovest della città, che non ha accolto per niente bene l’idea di un rally di Trump nei propri spazi.

Gli scontri fisici tra sostenitori e oppositori di Trump sono stati consistentemente incoraggiati dal candidato stesso, che sta giustificando le violenze dei “suoi” come espressioni di passione politica e garantendo difese legali a proprie spese ai sostenitori che dovessero finire sotto processo.

Il Rally di Chicago

L’11 marzo, i sostenitori di Trump riempiono il padiglione universitario, dove convergono anche differenti collettivi di studenti della UIC che da giorni si stanno coordinando per protestare contro la disponibilità data dall’istituzione ad ospitare il candidato repubblicano. 

Da altre parti della città e dello stato, gruppi di attivisti e cittadini si sono contemporaneamente organizzati in picchetti e cortei per continuare la protesta contro l’uccisione di Laquan McDonald per mano dell’agente Jason Van Dyke, e contro lo scandalo legato al centro di detenzione illegale Homan Square e delle violenze poliziesche e militari coperte dall’amministrazione della città, nelle figure del sindaco (democratico) Rham Emanuel e della state attorney Anita Alvarez. La protesta in strada organizzata da questi gruppi è anche occasione per manifestare contro l’arrivo di Trump in città. Prima che il candidato arrivi nel padiglione della UIC i numerosi manifestanti presenti nell’arena iniziano le proteste, la tensione con i sostenitori sale, il portavoce di Trump annuncia che l’evento è annullato per ragioni di sicurezza e la polizia - dentro e fuori l’edificio - attacca i manifestanti e ne arresta alcuni, permettendo ai sostenitori di sfogare le proprie ire sui fermati. Per la prima volta dall’inizio delle primarie presidenziali un tentativo di sabotaggio del comizio di Trump si conclude nella cancellazione del rally. I manifestanti all’esterno dell’UIC occupano le strade e si spostano per la città in corteo. 

Diffusione del dissenso

Pochi giorni dopo, il 19 marzo in Arizona un nutrito gruppo di manifestanti picchetta e blocca una delle strade per arrivare a Phoenix, dove Trump è atteso per un comizio elettorale accanto al sindaco-sceriffo Joe Arpaio, conosciuto per le sue politiche anti-migratorie ed il forte razzismo anti-ispanico. Arpaio ha accompagnato Trump lungo tutto il percorso elettorale in Arizona. 

I manifestanti riescono a bloccare una delle arterie stradali che conducono a Phoenix, obbligando un numero elevato di sostenitori a rimanere bloccato nel traffico. Il blocco viene disperso dalla polizia che effettuerà 3 arresti, inviando una manifestante, in regolare possesso dei documenti americani, nella sezione di custodia dell’ICE (Immigration and Custom Enforcement). Lo stesso giorno, a New York viene organizzata una marcia di protesta contro le politiche dell’odio fomentate da Trump, che porta numerosi manifestanti sotto la Trump Tower nella V° strada, dove avverranno scontri con la polizia. Al momento, differenti gruppi stanno organizzando a New York un presidio di sabotaggio in occasione il prossimo comizio del candidato in città, che si terrà il 14 aprile.

Lo Stato di New York

New York è sotto i riflettori anche per le primarie democratiche del 19 aprile, dove la Clinton e Sanders si contenderanno la maggioranza dei 291 delegati dell’intero Stato, e dove Sanders amerebbe re-incontrare la Clinton su una piattaforma di dibattito pubblico: una battaglia complicata per il candidato “socialista” perché lo stato in questione ha scelto per ben otto anni la Clinton come propria rappresentante al Senato, e per la candidata liberale poiché le posizioni di Sanders potrebbero agitare ulteriormente le acque in una città dove le pratiche politiche sopravvissute al movimento di Occupy sono molto presenti. Dopo i risultati del Super Tuesday del 1 marzo, dove in più della metà degli stati (tra cui il Texas, lo stato con il numero più elevato di delegati tra i 10 in cui si svolgevano le elezioni) la maggioranza dei delegati è andata alla Clinton, la partita rimane ancora aperta. La rimonta di Sanders in Michigan l’8 marzo e le recenti vittorie di sabato 26 marzo nelle Hawaii, in Alaska e soprattutto a Washington (Stato che gli potrebbe portare 70 delegati) consentono allo sfidante dell’ex first-lady di essere ancora in gioco nelle prossime date più grosse, ossia quelle dello stato di New York e della California. 

E’ proprio questa rimonta che ha spinto Sanders a proporre il dibattito di New York alla Clinton. Al momento, esclusi i super delegati, la candidata democratica conta su 1243 delegati e Sanders su 957 (ricordiamo che in questo conto non sono inclusi i super delegati, che possono decidere a chi dare il proprio voto in maniera indipendente dal voto della base elettorale - la Clinton conta sul supporto di un numero molto elevato di super delegati, 469, mentre Sanders su solo 29. Qualora la corsa elettorale si sbilanciasse a favore di Sanders, il candidato avrebbe più margine per convincere i super delegati a dargli il loro voto. Inoltre, la possibilità per Sanders di rimanere in corsa elettorale gli garantisce il supporto degli sponsor e assicura margine perché egli possa continuare la sua campagna).

La disputa di Flint

Prima delle votazioni in Michigan e in Florida - Stato che ha dato la propria preferenza alla Clinton - i candidati del partito Democratico si sono scontrati in due dibattiti pubblici il primo dei quali è avvenuto il 6 marzo a Flint (Michigan). I toni tra i due si stanno alzando, per convincere l’elettorato nero ed ispanico degli stati del mid-west e del sud a dare loro il proprio voto. Largamente supportata dall’elettorato nero nel sud, la Clinton trova più difficoltà a vincere gli stati etnicamente e razzialmente eterogenei nel mid-west. Flint è stata epicentro di una crisi sanitaria (1|2esplosa nel aprile 2014, quando è emerso che una altissima percentuale della popolazione della città era stata esposta all’uso e al consumo domestico di acque contaminate da metalli pesanti, penetrati nel sistema acquifero cittadino dal Flint River, inquinato dalle adiacenti fabbriche ed ex fabbriche di lavorazione dei metalli e produzione di autovetture. 

La crisi sanitaria, che ha colpito in maniera sproporzionata i residenti neri della città e che si è sommata alla crisi economica in cui Flint (come altre città della rust belt) versa dall’inizio della delocalizzazione dell’industria siderurgica e dalla conseguente crisi finanziaria, ha portato solo dopo molti mesi alla dichiarazione dello stato d’emergenza e alle dimissioni di quattro ufficiali governativi; mentre il governatore del Michigan, il repubblicano Rick Snyder, ancora rifiuta di lasciare l’incarico. I fondi destinati ai residenti colpiti per garantire l’assistenza medica e la costruzione di infrastrutture mediche e residenziali in grado di rispondere all’emergenza sono arrivati solo quando Obama, a gennaio 2016, ha deciso di decretare lo stato d’urgenza federale, dopo mesi di investigazioni e cause aperte da privati e associazioni al governo federale del Michigan. 

Durante il dibattito a Flint la Clinton ha puntato sul discorso della sicurezza economica raggiunta dalla classe media americana negli anni Novanta, quando - secondo la candidata - la “comunità afroamericana” si sarebbe trovata alla pari rispetto alla cosiddetta nuova classe media “risollevata dalla povertà” per la prima volta nella storia del paese in numeri così elevati,  grazie alla creazione di 23 milioni di nuovi posti di lavoro nell’intera nazione. 

A Flint, città a maggioranza nera, il 42% della popolazione è oggi al di sotto della soglia di povertà, ed il tema del lavoro è dunque estremamente critico. Sanders ha replicato spostando il discorso sull’adesione della Clinton al trattato di libero scambio NAFTA, approvato nei primi anni Novanta e che ha messo i lavoratori americani in concorrenza con la manodopera sottopagata del Messico. I due candidati si sono quindi scontrati sul bailout garantito dalla Clinton alle aziende in crisi, bailout che secondo la Clinton sarebbe andato nella direzione di tutelare i posti di lavoro ormai minacciati dalla crisi finanziaria, mentre per Sanders sarebbe stato pensato unicamente per favorire e tutelare le lobby di investitori di Wall Street. Sanders si è poi scagliato contro la legge sul crimine che il governo di Bill Clinton aveva scritto ed approvato nel 1994 - legge che ha aggravato esponenzialmente le incarcerazioni criminalizzando e colpendo in particolare le fasce lavoratrici di neri ed ispanici. La Clinton durante il dibattito si è detta d’accordo con la condanna di questa legge (che lei stessa aveva contribuito a scrivere e propagandare) e ha recriminato a Sanders di aver dato il proprio voto alla stessa - osservazione cui Sanders ha replicato giustificando la blindatura all’interno di questa del finanziamento per i centri antiviolenza e il contrasto alla diffusione delle armi d’assalto.

Il ring democratico

I toni del dibattito in campo democratico sono dunque molto elevati. Il 9 marzo, prima delle elezioni in Florida, il confronto si è concentrato maggiormente sulla questione della gestione del confine e delle migrazioni (che tocca da vicino i residenti ispanici, sempre più numerosi nello stato dell’Arizona) e dell’assistenza sanitaria pubblica. L’amministrazione Obama, in generale apprezzata da entrambi i candidati democratici, è stata fortemente contestata per le politiche messe in atto per le deportazioni dei migranti messe in atto nel corso del 2015 - dopo che organizzazioni di migranti e cittadini hanno denunciato le violenze del dispositivo di ricerca e deportazione che si è duramente inasprito nel corso del 2015, ora la Clinton e Sanders si sono detti entrambi impegnati ad arrestare questo processo, e la Clinton ha contestato l’avversario per aver opposto, nel 2007, la votazione di un progetto di legge teso a “creare una via per ottenere la cittadinanza” per le persone con statuto irregolare nel paese, e che aveva trovato il supporto di una maggioranza di Repubblicani - a ciò Sanders ha replicato sottolineando l’inaccettabilità delle condizioni lavorative previste dal decreto legge in questione, ai fini di ottenere la documentazione richiesta per i permessi di soggiorno.  

In agenda per i democratici rimangono due incontri, uno per aprile ed uno per maggio. Quello di maggio è previsto in California, un enorme bacino elettorale di 546 delegati, e dove la base elettorale andrà al voto il 7 giugno. Per aprile invece Sanders attende che la disponibilità accordata alla Clinton in occasione delle primarie in New Hampshire (dove un grosso dibattito aveva avuto luogo), venga ora ricambiata con una tribuna in uno Stato - quello di New York - dove l’affluenza di votanti democratici è storicamente importante. Il 29 marzo, la Clinton ha risposto alla richiesta di Sanders negando la propria disponibilità a partecipare ad un dibattito pubblico nello stato di New York, se i toni del candidato rimarranno ostili tanto quanto secondo la Clinton si sono dimostrati essere fin’ora.