Ritorno al futuro per la Tunisia?

Eletto il nuovo Presidente della Repubblica: l’ottantottenne Béji Caïd Essebsi

23 / 12 / 2014

Béji Caïd Essebsi, ottantottenne leader del partito laico Nidaa Tounes è il vincitore delle elezioni presidenziali in Tunisia. Questo è ufficiale ormai. A quasi quattro anni dalla caduta di Ben Ali, l’Istanza Superiore Indipendente per le Elezioni (ISIE) ha annunciato ieri pomeriggio i dati ufficiali del secondo turno svoltosi domenica. Il 60,1% degli aventi diritto si è recato alle urne preferendo, grazie al 55,68% dei voti (1,7 milioni elettori) ,un uomo legato alla vecchia politica come Essebsi al Presidente temporaneo uscente Moncef Marzouki. Quest'ultimo, medico e dissidente sotto Ben Ali, si è presentato alle elezioni a capo del Congresso per la Repubblica, sostenuto in questo ballottaggio anche dal partito islamico Ennahda.

La scelta di una figura come quella di Béji Caïd Essebsi sembrerebbe quasi anacronistica per la Tunisia che ha fatto la rivoluzione: consigliere, direttore della Sicurezza Nazionale, ministro dell'Interno e degli Esteri sotto Bourguiba, e nei primi anni del regime di Ben Ali anche Presidente del Parlamento. La domanda che dovrebbe sorgere spontanea è come una popolazione giovane come quella tunisina, che ha fatto sognare il mondo non più di quattro anni fa dimostrando che una rottura con il passato potesse essere possibile, abbia potuto scegliere una figura così legata alla vecchia politica. Il punto è proprio questo: a parte alcuni convinti sostenitori, i tunisini non sembrano affatto soddisfatti del nuovo Presidente. Se si mette un attimo da parte la stampa nazionale, e soprattutto internazionale, concentrata quasi esclusivamente sul fatto che la Tunisia abbia oggi un presidente “laico” [aggettivo che viene spesso confuso con il termine “democratico”], e si ascoltano i sentimenti dei tunisini, la questione cambia.

“Non ho votato per colui che ha perpetuato la tortura e ha servito la vecchia dittatura [crf. Essebsi], e non ho nemmeno votato per colui che si è dipinto come militante dei diritti umani dimenticandosi dei martiri della rivoluzione e ha utilizzato pallottole contro il popolo, imprigionando delle persone per la loro opinione [cfr. Marzouki]”.

Queste parole, scritte dalla blogger Lina Ben Mehnni sulla sua pagina facebook, sono emblematiche ed esprimono bene il sentimento di molti giovani protagonisti della rivoluzione. Giovani che non si riconoscono nel nuovo presidente, ma che in questi ultimi tre annihanno visto disilluse le proprie aspettative. Sono stati anni in cui la troïka al governo (composta da Ennhada, Congresso per la Repubblica ed Ettaktol) ha dimostrato tutte le sue contraddizioni e l'incapacità di portare a termine il processo di transizione democratica. Omicidi politici, arresti e restrizioni alla libertà di espressione si sono alternati ad effettivi passi avanti, come l’approvazione della nuova Costituzione, anch’essa non priva di contraddizioni e questioni lasciate in sospeso. Inoltre in questi ultimi quattro anni la Tunisia non sembra aver visto cambiamenti in campo economico, con un sempre più altro tasso di disoccupazione cresciuto addirittura di due punti percentuali rispetto al 2010, arrivando oggi al 15%.

Già dai risultati delle legislative dell’ottobre scorso si poteva intuire la piega che stava prendendo il paese. Il partito islamico di Gannouchi, prima forza del paese nel 2011, aveva perso drasticamente posizioni, conquistando solo il 28% delle preferenze, contro il 38% del partito Nidaa Tounes.

La notte stessa delle votazioni per il parlamento tunisino, il 26 ottobre scorso, mentre uscivano i primi risultati, ricordo ancora le parole scambiate in chat con un ragazzo di Sidi Bouzid, cittadina cuore e orgoglio della rivoluzione tunisina. “Vorrei piangere!”, ha risposto alla mia domanda su come fosse andata quell’importante giornata per il suo paese. “Se tornasse Ben Ali in persona, sono sicuro che i tunisini lo voterebbero!”.

Per lui, come per molti altri giovani laureati disoccupati, la vittoria di un Essebsi, anche solo per l’età è di per sé una sconfitta. Una sconfitta nella possibilità di cambiamento, di dare spazio a nuove voci e liberarsi delle vecchie logiche che hanno governato il paese.

Difatti, la terza scelta per il secondo turno di queste presidenziali, cioè le schede bianche e le astensioni, sono da considerare come un atto politico e coraggioso, da non etichettare nel qualunquismo, sarebbe irrispettoso per i tanti che hanno manifestato e combattuto per le piazze del paese quattro anni fa affinché la Tunisia potesse vedere le prime elezioni democratiche dopo decenni.

Guardando ai risultati, si potrebbe obiettare che comunque la maggior parte dei tunisini abbia fatto una scelta, consegnando la vittoria ad Essebsi. Tuttavia la preferenza data ad un quasi novantenne legato all’ancien régime sembrerebbe più legata alla paura e alla preoccupazione per una situazione di stallo economico che per una scelta consapevole e convinta.

“Oggi ho votato Essebsi, nemico della libertà, contro i nemici della vita. La mia sensazione è una sensazione di profondo disgusto”, ha scritto domenica scorsa sul suo profilo social Meriem Zeghidi, una militante femminista tunisina, sempre in prima linea durante la rivoluzione.

Tuttavia quello che risulta evidente da questa tornata elettorale è che, sia coloro che hanno votato tappandosi gli occhi, sia coloro che hanno fatto la scelta politica dell’astensionismo, nonostante la disillusione e la rabbia che li pervade, continueranno la loro lotta e manterranno viva l’idea della possibilità del cambiamento, nonostante tutto.

“La mobilitazione deve continuare, il processo rivoluzionario deve proseguire per i diritti socio-economici, contro lo stato di polizia, contro la repressione, la corruzione, per una piena ed effettiva uguaglianza tra i sessi, per l'istituzione di una reale giustizia transitoria. Le strade saranno ancora e sempre nostre. Vigilanza, mobilitazione e resistenza saranno le parole d'ordine per i prossimi 5 anni.” 

Immagine di copertina: vignetta di Nadia Khiari