L’intervista di Antonio Cianciullo da La Repubblica del 15 marzo 2011
L´economista: “Raddoppiare la sicurezza non basta, può esserci
sempre un evento inaspettato. Serve una rete di energie rinnovabili”
Le conseguenze di un solo errore sono sotto gli occhi di tutti Si rischia un disastro senza confini
ROMA – «E´ uno tsunami energetico. L´onda d´urto prodotta dal disastro
giapponese ha reso evidente a tutti la follia della scelta nucleare.
Come si potrà proporre una nuova centrale atomica quando il paese che
dispone di una delle tecnologie più avanzate del mondo si trova con tre
impianti in crisi, reattori con una fusione del nocciolo in corso e un
potenziale scenario catastrofico davanti? Il nucleare ha chiuso». Jeremy
Rifkin, il presidente della Foundation on Economic Trends, misura le
prime reazioni allo shock di Fukushima.
Eppure anche in passato ci sono stati incidenti gravi.
«Lo so bene: negli Stati Uniti siamo stati a un passo dal disastro
nucleare. Era il 1979 e l´incidente di Three Mile Island ha lasciato un
segno che non si è più cancellato. Da allora gli ordinativi degli
impianti nucleari sono stati sospesi e nemmeno gli incentivi pubblici
decisi da Bush sono riusciti a rianimare l´industria nucleare. A
Cernobyl andò peggio, ma molti sottovalutarono quell´incidente
imputandolo ai difetti del regime sovietico».
E adesso?
«Adesso è diverso perché è entrato in crisi uno dei paesi leader del
nucleare avanzato. Ed è successo perché, invece di scegliere la strada
dell´energia pulita, si è scelta una via pericolosa pensando di
cavarsela con soluzioni ingegneristiche: moltiplicare i controlli,
aumentare le difese, raddoppiare le misure di sicurezza. Non è bastato
perché ci può sempre essere un evento imprevisto: un terremoto di
potenza inusuale, un attacco terroristico in forma inaspettata, un
incidente che nessuno aveva ipotizzato. E le conseguenze di un solo
errore sono ora sotto gli occhi di tutti. Con il nucleare si rischia un
disastro che non ha confini nel tempo e nello spazio».
C´è chi ritiene l´uso dell´atomo indispensabile per difendere il clima.
«Il parco nucleare mondiale è vecchio e in declino e dà solo il 5 per
cento dell´energia. Se volessimo togliere un po´ di combustibili fossili
dovremmo arrivare almeno al 20 per cento. Significa costruire una
centrale atomica ogni 10 giorni per 60 anni. Le sembra credibile?
L´industria nucleare era già in crisi, adesso è definitivamente fuori
gioco».
Il reattore di Fukushima è vecchio. Il governo italiano assicura che i
nuovi Epr, le centrali francesi che ha scelto, sono sicuri.
«Ma se sono stati criticati perfino da Roussely, l´ex presidente
dell´Edf che nel suo rapporto al presidente Sarkozy ha denunciato il
danno d´immagine per il sistema nucleare francese prodotto proprio da
questi impianti. E poi non risolvono il problema delle scorie. Gli Stati
Uniti hanno speso 16 anni e 8 miliardi di dollari per costruire un
cimitero radioattivo nelle Yucca Mountains. E hanno fallito».
Smantellare il nucleare mentre la domanda di energia cresce?
«Proprio perché c´è sempre più bisogno di energia non possiamo
permetterci il rischio di un blackout legato a un sistema basato su
poche centrali vulnerabili. Il futuro sta nella rete diffusa dei piccoli
impianti basati sulle rinnovabili. Un sistema completamente decentrato,
di democrazia energetica che trasformerà le case in fonti di energia.
E´ una prospettiva più sicura e affidabile. E ha anche un altro
vantaggio: costa meno del nucleare».