Il 2013 si apre con una rivolta in un paese africano ricco di risorse (uranio, oro, diamanti, petrolio) ma che da quando è diventato indipendente dalla Francia ha conosciuto solo governi instabili e una povertà diffusa. Vista così, la storia della ribellione della coalizione Seleka nella Repubblica Centrafricana non sembra presentare elementi di novità degni di attenzione.
In realtà, come spiega in quest'intervista l'analista per la Repubblica Centrafricana dell'International Crisis Group Thibaud Lesueur, la crisi in corso a Bangui rappresenta un test per tutta l'Africa, in un momento in cui la Francia e l'Occidente hanno deciso di tenersi in disparte. Dai negoziati che si stanno tenendo in Gabon (secondo fonti giornalistiche, si sarebbe raggiunto un accordo per un cessate-il-fuoco temporaneo) e da una soluzione pacifica del confronto dipendono, oltre che la stabilità della Repubblica Centrafricana, la credibilità di varie organizzazioni regionali e quella del Sudafrica come potenza continentale.
LIMES Chi sono e cosa vogliono i ribelli?
LESUEUR
La coalizione Seleka è composta da vari movimenti armati provenienti in
prevalenza dal Nordest della Repubblica Centrafricana. Ci sono fazioni
dissidenti della Convenzione dei patrioti per la giustizia e per la pace
(Cpjp) e dell'Unione delle forze democratiche per l'unità (Ufdr), ma
anche gruppi come il Fronte democratico popolare del Centrafrica (Fdpc),
la Convenzione patriottica per la salvezza di Kodro (CPSK) e la neonata
Alleanza per la rinascita e la rifondazione.
Durante la loro marcia
verso la capitale Bangui, le ambizioni dei ribelli sono cresciute.
All'inizio volevano un negoziato con il governo principalmente per
organizzare il processo di disarmo, smobilitazione e reintegro (Ddr)
degli ex combattenti di questi gruppi armati e pretendevano che fosse
fatta chiarezza sulla morte di Charles Massi: questi era stato più volte
ministro sotto i presidenti Patassé e Bozizé, per poi divenire capo del
Cpjp. Massi è morto nel gennaio 2010 in circostanze misteriose.
Essendosi
resi conto di essere più forti dell'esercito nazionale (Faca), mal
equipaggiato e a corto di truppe, i ribelli hanno cambiato strategia.
Ora esigono che Bozizé lasci la presidenza e, secondo uno dei loro
portavoce, vogliono organizzare una transizione politica fino alle
elezioni del 2016.
LIMES Religione, etnia, economia, politica. Quale di questi elementi può aiutare a spiegare la ribellione?
LESUEUR
Il Nordest della Rep. Centrafricana è una zona remota, storicamente
emarginata ed ignorata dal governo centrale. Qui il sottosviluppo ha
portato a un'insicurezza permanente, strutturale, specialmente in aree
come Vakaga e Haute Kotto, dove le frontiere con Ciad e Sudan sono
porose. Alcuni gruppi ribelli come il Cpjp e l'Ufdr sono molto radicati
in questa parte del paese e il governo ha dovuto cercare il compromesso
con loro, firmando numerosi accordi di pace - l'ultimo è del 2011, con
il Cpjp. Oggi questi gruppi rimproverano al regime di Bozizé di non aver
onorato gli accordi di pace di Birao del 2007 e quello di Libreville
del 2008.
Il fattore religioso non può però essere ignorato: la
maggior parte dei ribelli come detto viene dal Nordest, una regione a
maggioranza islamica in un paese prevalentemente cristiano dove le
tensioni legate alla religione sono diffuse. Ma non credo che sia questo
il collante della rivolta, malgrado il governo lo stia indicando come
tale.
LIMES Perchè i ribelli hanno preso l'iniziativa proprio ora?
LESUEUR I
ribelli hanno deciso di lanciare la loro offensiva nel Nordest della
Repubblica Centrafricana a dicembre perchè il contesto era favorevole:
l'annuncio del ritiro graduale della missione Micopax previsto per il
2013 e la partenza, nell'ottobre del 2012, degli elementi della Guardia
presidenziale di Bozizé provenienti dal Ciad avevano creato un vuoto di
sicurezza a Bangui e aperto una finestra di opportunità per i ribelli.
L'Fdpc di Abdulaye Miskine, con l'aiuto di combattenti di altri gruppi
armati, compiva da mesi scorribande nell'area di Kabo e Batangafo, nel
nord del paese, imponendo a volte delle dure sconfitte all'esercito
nazionale.
LIMES La Repubblica Centrafricana ha una lunga storia di instabilità politica e ribellioni. Cosa c'è di nuovo questa volta?
LESUEUR
La novità è che questa volta gli occidentali (cioè i francesi) sono
sostituiti dagli africani, come dimostra la decisione di Parigi di non
intervenire militarmente nella crisi. Malgrado la Francia abbia ancora
delle truppe sul terreno, di fatto è la Comunità economica degli Stati
dell'Africa centrale (Eccas) ad avere la responsabilità di governare
questa crisi: le potenze occidentali si stanno tenendo deliberatamente
ai margini.
Questo è un test per l'Eccas e potrebbe stabilire un
precedente. Oltretutto, circa 200 soldati sudafricani sono già nel paese
a sostegno del regime, in base a un accordo bilaterale in materia di
sicurezza tra Bangui e Pretoria. In questa occasione il Sudafrica sta
svolgendo il ruolo che in passato spettava alla potenza coloniale, ossia
alla Francia.
Un altro elemento di novità è che la battaglia per il
potere è tra i musulmani del nord e il governo centrale, non tra gruppi
etnici cristiani africani come in passato.
[Carta di Laura Canali]
LIMES Quali sono gli interessi esterni in ballo? Che obiettivi hanno gli Stati confinanti?
LESUEUR I
paesi vicini non vogliono che il regime della Rep. Centrafricana venga
rovesciato, per diverse ragioni. Primo, sarebbe un segnale negativo
perchè potrebbe incoraggiare gli altri gruppi ribelli dell'Africa
centrale a imitare la coalizione Seleka; si sono già diffuse delle voci
su contatti tra questa e il movimento M-23 nella Repubblica Democratica del Congo.
Secondo, sarebbe un colpo per la credibilità di organizzazioni
continentali e regionali come l'Unione Africana e l'Eccas, visto che la
loro capacità di gestione delle crisi verrebbe messa fortemente in
dubbio. Al di là dell'Africa centrale, il sostegno del Sudafrica al
presidente Bozizé è dovuto al citato accordo bilaterale in materia di
sicurezza del 2007, rinnovato pochi giorni fa, di cui non si conoscono i
dettagli. È da sottolineare che Pretoria ha inviato un suo contingente
pur non essendo un paese membro dell'Eccas.
LIMES L'intervento internazionale funzionerà? Basteranno la missione Micopax e le truppe del Ciad?
LESUEUR L'intervento
regionale, con il rafforzamento della missione Micopax, è benvenuto:
permetterà di limitare l'avanzata dei ribelli e potrebbe evitare che la
capitale Bangui sia di nuovo teatro di devastanti violenze come accaduto
nel 1996, 1997, 2001 e 2003. Nel breve periodo la forza
d'interposizione della Micopax con base a Damara, composta da almeno 600
soldati stranieri, dovrebbe essere in grado di fare il suo compito, ma
non potrà impedire che la violenza esploda in altre parti del paese. La
missione di peacekeeping dell'Eccas è senza dubbio servita a convincere i
ribelli a negoziare con il governo; in ogni caso, l'intervento militare
è solo uno strumento, non può essere la soluzione.
LIMES Cosa possiamo aspettarci?
LESUEUR I negoziati sono appena cominciati. Immagino diversi scenari:
1)
Lo status quo: se le parti in causa rimangono attaccate alle loro
posizioni, le trattative potrebbero interrompersi. Bozizé potrebbe
approfittare di questa situazione per preparare la controffensiva sui
ribelli. Oltretutto, i vari gruppi sono già divisi tra di loro e uno
stallo indebolirebbe ulteriormente questa fragile coalizione. In questo
scenario, riprenderebbero i combattimenti.
2) I negoziati vanno a
buon fine: si realizza una transizione politica con la formazione di un
governo di unità nazionale e Bozizé rimane presidente. L'opposizione
democratica sembra pronta ad accettare questa soluzione se il governo di
unità nazionale sarà equilibrato e rappresentativo di tutte le forze
politiche del paese. Ovviamente, anche i ribelli dovrebbero accettare di
farne parte. D'altra parte, solo un'analisi condivisa sulle riforme
economiche e politiche cui dare la priorità può rendere stabile la
Repubblica Centrafricana nel lungo periodo.
3) Bozizé lascia la
presidenza: questo scenario è molto improbabile dato il sostegno degli
Stati dell'Eccas e del Sudafrica all'attuale presidente.