Repubblica Ceca - Come la polizia tortura lə senzatetto

A Plzeň, alcunə attivistə hanno lanciato una campagna per denunciare la brutalità poliziesca, rendendo pubbliche le testimonianze dirette dellə senzatetto, e della polizia stessa.

18 / 4 / 2023

“Per esempio so che qualcuno è felice quando può torturarli, i senzatetto, versando su di loro acqua quando fuori si gela o facendo porcate simili”. Ce lo racconta un agente della polizia municipale citato nella tesi di triennale di un suo collega. La tesi è del 2022 e porta il titolo “Etnografia del controllo sociale coercitivo sulle persone senza fissa dimora”. Il suo autore presenta la discriminazione dellə senzatetto come un fenomeno tipico dell’età capitalistica, in cui la responsabilità per la loro condizione non è più vista come collettiva e legata a problemi strutturali. Non solo, la loro individualità è anche una minaccia ai privilegiati, che la polizia è tenuta a difendere, negando il comune diritto a vivere lo spazio pubblico.

Proprio “Aiutare e difendere” è il motto delle forze dell’ordine in Rep. Ceca ed il collettivo di attivistə di Plzeň che si occupa di questa campagna ha deciso di caricaturarlo prendendo il nome di “Violenza e ordine” (in ceco “Násilí a pořádek”, abbreviato NAP). Lə attivistə hanno organizzato un’esposizione di testimonianze, dallo stesso titolo, che è stata attraversata da molte persone nell’ambito del festival del cinema internazionale sui diritti umani “One World”. Plzeň è infatti la quarta città più popolata della Cechia, con quasi duecentomila abitanti, e da lei prende il nome la famosa birra Pilsner.

Dopo la caduta del regime comunista, che le aveva eliminate dalle strade, le persone senza fissa dimora sono tornate a popolare lo spazio pubblico, ed è iniziata a Plzeň la loro criminalizzazione nel tentativo di allontanarle dal centro e fare della città un importante nucleo dell’industria e del turismo. Dopo anni di discriminazioni e violenze, questo segreto di Pulcinella sta finalmente venendo a galla con quello che si spera sia un decisivo sblocco della situazione.

Come scrivono lə attivistə NAP, “è responsabilità diretta del sindaco e dei rispettivi dipartimenti che nel corpo di polizia municipale non ci sia chi considera normale svegliare la gente con lo spray al pepe, spezzare loro le braccia con il manganello o costringerlə a darsi sberle a vicenda”.

Le interviste con lə poliziottə sono un’ulteriore conferma alle testimonianze (chiaramente anonime) che il collettivo NAP ha raccolto contattando le organizzazioni no-profit che lavorano con lə senzatetto, come sono “L’associazione di strada di Plzeň” (Spolek Ulice Plzeň), “Qui e ora” (TADY A TEĎ), il “Centro di aiuto cristiano cittadino” (Středisko křesťanské pomoci Plzeň) e il gruppo locale di Food Not Bombs.

Parte della campagna è anche una raccolta firme che esorta l’amministrazione comunale a prendere provvedimenti al riguardo. La coercizione fisica e psicologica, cioè appunto la tortura, punitiva e sadica, dellə senzatetto è una pratica quasi quotidiana tra lə poliziottə di Plzeň. Schiaffi e botte con il manganello telescopico sono davvero all’ordine del giorno. Per i colleghi che non applicano queste pratiche è difficile parlare, figurarsi poi per le vittime delle violenze, che vengono tuttavia invitate a risolvere il problema con dei semplici, regolari reclami. Se fossero loro a prendere iniziativa rischierebbero una ancora più forte ondata di violenze, che è anche uno dei motivi per cui l’attiva rete di assistentə sociali di Plzeň ha sempre trattato il tema con delicatezza.

Lo stesso collettivo NAP ha deciso di non pubblicare alcune testimonianze poiché sarebbero troppo chiari i riferimenti alle singole vittime e si perderebbe la sicurezza/protezione dell’anonimato. Al contempo ribadisce l’importanza di non tacere e di lottare per i diritti dellə propriə assistitə, anche politicamente, e non solo accompagnandolə agli uffici prestabiliti.

Abusa delle proprie cariche la polizia municipale, ma anche a volte quella statale. Nel loro manifesto lə attivistə si rivolgono infatti a tuttə lə politichə che alzano il polverone d’odio verso le persone senzatetto, così come al giornale locale che di questa discriminazione ha fatto il suo modello commerciale e alle amministrazioni del passato, responsabili quanto quella attuale.

Il sindaco della città, che per le sue funzioni è anche l’ufficiale dirigente della polizia locale, sostiene che “il primo passo [verso lə senzatetto] dovrebbe essere la repressione”, per riportare l’ordine pubblico. Come violazione di questo ordine è considerato già solo il ritrovarsi nelle zone del centro, il che dà un’idea della prassi quotidiana.

Lə attivistə rispondono, “l’amministrazione comunale dovrebbe assumere una posizione di solidarietà rispetto alle persone senza fissa dimora. L’approccio primario dovrebbe essere la prevenzione, non la repressione. Abitare ed usare in sicurezza lo spazio pubblico sono diritto di ogni persona indipendentemente dai meriti. Siamo pronti a discutere personalmente la nostra posizione con l’amministrazione e la polizia locali nel contesto di un dibattito pubblico”.

La situazione è ora in veloce sviluppo. L’ex-capo della polizia di Plzeň aveva tentato già a novembre di alleggerire le pattuglie, ma si è trovato in disaccordo con il sindaco - eletto a ottobre - e ha dato le dimissioni. L’attuale capo della polizia, solo dopo che il collettivo NAP ha portato luce sui fatti legati a poliziottə e senzatetto, ha deciso di muovere denuncia penale al suo sottoposto autore della tesi di triennale sopracitata. Il dipartimento di antropologia dell’università di Plzeň ha perciò pubblicato una lettera aperta accusando la polizia locale di “un tentativo senza precedenti di contestare la libertà di ricerca scientifica, garantita dall’articolo 15 della Carta dei diritti e delle libertà fondamentali”. La lettera e petizione si trova a questo indirizzo, potete tradurla con Google translate ed eventualmente firmarla anche voi.

Le testimonianze

Dellə poliziottə

“Una volta una senzatetto ci portò una torta alla centrale, i miei colleghi presero la torta, la tirarono in faccia ad un altro senzatetto e ripresero il tutto con una telecamera”.

“Credo che lo spray al pepe venga regolarmente usato per svegliare la gente, perché già un paio di colleghi lo raccontavano, che quando non va con le buone, va così”.

“A volte d’inverno svegliano i senzatetto pestandogli le gambe, perché ce le hanno congelate, e questo poi fa anche abbastanza male, devono avere comunque ancora sensibilità in quelle gambe”.

“C’è differenza se uno si mette i guanti di lattex o quelli tattici. Loro lo sanno molto bene che non appena il poliziotto si mette i tattici le cose si mettono male, molto male”.

“Prima funzionava che quando quello non ascoltava riceveva una sberla semplicemente, e di solito quel senzatetto sapeva che aveva sbagliato e la volta dopo stava attento oppure ne riceveva un’altra, o due, o tre”.

“Alcuni colleghi addirittura ne prendevano qualcuno a calci o lo picchiavano col manganello”.

Dellə senzatetto

“Mi hanno portato al fiume. Là non è più zona loro. Si gelava e mi hanno costretto a togliermi le scarpe. Mi hanno buttato le scarpe nel fiume. Poi sono tornato a piedi scalzi in centro dai miei amici, che mi hanno aiutato a trovare nuove scarpe”.

“Mi hanno rotto la carta d’identità. Mi hanno detto che dovevo mostrarla all’istante. Quando l’ho tirata fuori hanno detto che ero stata troppo lenta e l’hanno rotta in due”.

“Io non ho molte di queste esperienze. A parte un generale bullismo e umiliazioni, ma credo che nei miei confronti si siano sempre comportati parecchio decentemente. E nella maggior parte dei casi ce la andiamo a cercare. Anche se in realtà è tutto una conseguenza della situazione, perché noi semplicemente non avevamo dove andare, dove trovarci, chiacchierare e così via… quindi stavamo seduti sulle panchine, che non gli piaceva, ecco”.

“In tutti questi anni sulla strada ne ho avute davvero abbastanza. Ma scusa, non voglio parlarne. Mi sentirei male”.

“Là fuori si stavano passando un mio amico, erano quelli della polizia statale. Lo costringevano a fare flessioni e lo picchiavano. Poi gli hanno spezzato le braccia con il manganello. A loro non dava per niente fastidio che i suoi amici li stessero guardando”.

“Così, in tutta semplicità, ci sono entrati di corsa nello squat di notte e ci hanno buttato via i sacchi a pelo. Quella volta faceva -10 gradi, quindi non andava proprio tanto bene”.

“Una volta al parco mi hanno fatto soffiare nell’etilometro. Avevo uno 0,8. Volevano la carta d’identità, così gliel’ho data, e lui me l’ha rotta e buttata nel canale”.

“Da noi allo squat hanno rotto i vetri delle finestre e ci hanno pisciato sui materassi. Hanno distrutto le stoviglie, sparpagliato tutte le nostre cose. Noi c’eravamo quindi sappiamo che erano proprio loro”.

“Una volta dormivo in tenda e di notte all’improvviso mi ritrovo davanti un cane, in piedi. Me l’hanno fatto entrare in tenda”.

“Le tende masticate per me sono la normalità. Mi è successo così tante volte che ora piuttosto vivo nel bosco al margine di Plzeň, lì non mi disturba nessuno”.

“La polizia ci ha costretto a fare flessioni. Poi abbiamo dovuto camminare in fila e tenerci per le spalle. Camminavamo come ce lo ordinavano loro. Poi volevano che ci schiaffeggiassimo a vicenda o che facessimo finta di essere disabili. Ridevano un sacco, terribilmente, mentre lo facevamo. Mi è rimasto il trauma, ho molta paura dei poliziotti. Non dovrebbero farci questo”.

“A me un poliziotto ha dato uno schiaffo. Pesavo 40 chili allora, quindi sono caduta e ho sbattuto la testa. È vero che ero sbronza, ma comunque. L’hanno fatto perché non volevo andarmene dalla panchina dove stavamo seduti quella volta”.

“A me è successo anni fa che mi hanno portato fuori città, lì mi hanno pestato e mi hanno lasciato giacere a terra. Non mi ricordo molto di quella notte però”.

“Io di solito mi faccio piccol* e smetto di parlare, quando si mettono quei loro guanti. Poi è già chiaro che le cose si mettono male”.

“Alla stazione di polizia sono caduto a terra. Hanno cominciato a pestarmi le mani, le dita, perché io non facessi più cazzate, dicevano. Poi per un mese le ho avute così gonfie che non riuscivo a fare nulla, neanche vestirmi o allacciarmi le scarpe”.

“Mi tiravano calci perché mi alzassi e mi colpivano alle costole”.

“Quando siamo arrivati allo squat abbiamo trovato i sacchi a pelo e i vestiti puliti tutti ricoperti dell’olio che avevamo lì per cucinare. Non ci hanno preso niente, hanno solo cosparso tutto di olio. Per questo siamo convinti, che non sia stato qualcuno della strada, ma quelli della municipale, che ce l’avevano con noi”.

“È arrivata la polizia, cercava quello che stava tagliando i cavi da qualche parte. Il poliziotto ha tirato fuori le tenaglie e ci ha minacciato di tagliarci via le dita se non avessimo parlato. Quello con i cavi poi l’hanno picchiato di brutto, l’ho visto coi miei stessi occhi”.

“Quante volte, anche preventivamente, quando non avevo fatto nulla, mi hanno portato alla stazione di polizia, perché ero una faccia conosciuta. Mi ci hanno portato quando ho soffiato uno 0,5. Ci portano e ci lasciano lì a lungo anche quando vogliono interrogarci. Ci lasciano lì e poi tornano più tardi a prenderci e ci sottopongono ad interrogatorio”.

“Anche se sono adulto da un pezzo, nessuno della polizia locale mi ha mai dato del Lei, il tu e le prese in giro sono per loro un’ovvietà”.

“Ci mandano via in continuazione dalle panchine, anche se ci stiamo solo seduti, non facciamo niente a nessuno, non beviamo”.

“I conflitti a parole sono ordinari e la polizia poi li finisce con l’aggressione fisica”.

“Ero disteso alla stazione di polizia, urlavo, ma avevo entrambi i polsi ammanettati, non potevo muovermi, il poliziotto è arrivato e mi ha spruzzato lo spray al pepe negli occhi”.

“Ci scacciano da certi posti, perché la gente come noi lì non ci deve stare. Quando non vogliamo andarcene cominciano a minacciarci che ci prendono a calci tutto lo squat, che è anche successo un tot di volte”.

“Mi ricordo come hanno preso a calci il posto dove viveva un mio amico. Lui dormiva sotto al ponte, è arrivata la polizia municipale e ha cominciato a prenderglielo a calci. La cosa peggiore è che succedeva di notte e quell’amico lì dormiva. Quando tutto pieno di sangue si è trascinato fuori, ha chiesto loro aiuto. Gli hanno solo riso in faccia e se ne sono andati”.

“È tutto una follia, quello che ci accade e il fatto che non abbiamo neanche come difenderci. L’unica possibilità è denunciarlo in qualche modo fuori da queste cerchie, ma credo che comunque nessuno ci prenderebbe sul serio. È un circolo vizioso. Non dovrebbe succederci. La polizia locale non dovrebbe prendere la giustizia nelle sue mani. Perché questa non è giustizia, è una qualche perversa deviazione. Vorrei solo far notare e sottolineare che siamo tutti persone. Ognuno di noi è solo una persona e non esiste nessun superuomo, quindi trattiamoci decentemente e con rispetto”.

* Silvia “Neré” Pezzato, autorə dell’articolo, ha vissuto a lungo in Rep. Ceca, dove ha studiato il e in ceco. Ha tradotto le testimonianze riportate dal collettivo NAP sul sito http://nasiliaporadek.tilda.ws/. È statə inoltre sottopostə a trattamenti incivili, degradanti ed umilianti da parte di agenti di polizia cechə, anche facentə parte del corpo di polizia municipale di Plzeň, in occasione del primo klimakemp ceco, nel 2017. Insieme al collettivo per il cambiamento climatico “Limity jsme my” (I limiti siamo noi) ha fatto causa al Ministero degli Interni ceco, vincendola in via definitiva nel 2021, alla Corte Suprema di Praga.