Raul Zibechi e le resistenze dell’America latina

Un dialogo con i comitati e le organizzazioni del Vivèro, il nuovo “luogo di quartiere” al Pigneto di Roma (sabato 30 novembre, a partire dalle 17,30)

30 / 11 / 2019

Sabato 30 novembre, a partire dalle 17.30, ci sarà una skypecall tra lo scrittore uruguaiano Raul Zibechi e i comitati e le organizzazioni del Vivèro, il nuovo “luogo di quartiere” al Pigneto di Roma

Raul Zibechi

Un anno di proteste sociali e repressioni: il 2019 dimostra tutta la complessità dell’America latina, che passa da essere il Patio Trasero degli Stati Uniti a terreno di conflitto fra le megapotenze economiche mondiali - Usa e Cina - ma anche il laboratorio politico dove nuove forme di movimentismo sociale si oppongono con marce e manifestazioni dall’eccezionale partecipazione popolare, alle dittature del capitale e alla mancanza di servizi e sanità per i ceti popolari.

Ce lo racconta uno degli osservatori più attenti alla magmatica situazione sociopolitica latinoamericana, lo scrittore e politologo Raul Zibechi, che sarà ospite nell’incontro “Le vene resistenti dell’America latina” attraverso un collegamento skype domani dalle 17.30 al nuovo spazio sociale del Pigneto, il Vivero - Luogo di Quartiere.

Nato per favorire il dialogo e l’incontro fra visioni e pratiche politiche di quartiere e di campagna - con gli agricoltori di Terra Terra, i gruppi di acquisto solidale di vino bio Enoize, il collettivo di quartiere Il crocicchio e l’associazione Yaku, che lavora con le comunità in resistenza in America latina - il Vivero - in Via Raimondi 32 - parte con una delle sue prime iniziative con una riflessione ampia sulla possibile crisi strutturale del neoliberismo e le tensioni geopolitiche che proprio nell’America del Sud sembrano trovare l’espressione più contundente. E l’ospite più azzeccato, anche se da lontano, non poteva che essere Raul, amico e compagno delle realtà che organizzano.

“Ci sono varie crisi che si assommano - ci spiega Zibechi, che abbiamo intervistato in vista dell’incontro di sabato 30 novembre - sicuramente quella del neoliberismo, del sistema estrattivista, delle nuove destre legate all’evangelismo, particolarmente violente e con una capacità di mobilitazione mai vista, un po’ come quella che avete in Italia con Salvini; una recrudescenza della criminalità legata al narcotraffico, ed infine, la crisi dei governi progressisti - le socialdemocrazie - che non hanno saputo rispondere alle istanze popolari. Sono tutti aspetti fondamentali, importanti ed intrecciati. Ma riuscire a delineare in questo momento un quadro chiaro di quello che sta succedendo in America latina, è prematuro. E’ sicuramente qualcosa di estremamente complesso, ma che è anche appena cominciato”.

Zibechi ha scritto molto sui cambiamenti dei movimenti popolari e delle forme di azione collettiva in America latina. Lo fa in particolare nel suo libro "Mondo altro in movimento. Movimenti sociali in America latina”, tradotto da Yaku e pubblicato da Nova Delphi nel 2018 e presentato al festival OltrEconomia di Trento l’anno scorso, di cui lo scrittore sarà probabilmente ospite anche nell’edizione del 2020 (28 maggio - 2 giugno): “Accanto alla galassia di movimenti sociali si muovono mondi altri, che dialogano, si intrecciano e mettono in atto nuove forme dell’agire e portando avanti istanze e discorsi contro-egemonici che contestano la centralità stessa delle istituzioni statali. E’ chiaro che in questo momento ci troviamo di fronte a nuove forme di protesta, a movimenti profondamente diversi da quelli di un tempo, che hanno una nuova capacità di auto organizzazione e di mobilitazione impressionante. In questo panorama, spicca sicuramente l’impronta indigesta - si veda in Ecuador, ma anche le proteste in Bolivia e in Colombia, come la presenza mapuche in quelle cilene - così come grande protagonismo hanno i movimenti femminsti. Ma credo che sia un’onda popolare più trasversale, uno scontento popolare che fa marciare contadini e classe media impoverita braccio a braccio. L’elemento sicuramente che spicca è la presenza giovanile”.

Le ricette neoliberiste del FMI in Ecuador ed Haiti, la corruzione in Brasile e Perù, privatizzazioni e diseguaglianze sociali in Cile, impunità e violenza in Colombia, l’avvento della destra reazionaria ed evangelica in Bolivia: tanti sono gli aspetti che hanno fatto scattare la più grande protesta collettiva e popolare di un continente, quello latinoamericano, che vanta l’amaro primato del più alto livello di disuguaglianza sociale nel mondo. Chiediamo a Zibechi se e come questa onda di ribellione e possibile rivoluzione - così come fu per i levantamentos indigeni dell’inizio del millennio e le battaglie per la difesa dei beni comuni nell’area andina - arriverà in Europa, mescolandosi alle vertenze locali del vecchio continente: “ In questo moneto nessuno sguardo è abbastanza ampio per contenere quello che succede nei vari Paesi latinoamericani. All’interno della Sinistra litighiamo per dare una definizione che abbia successo, ma non ne siamo ancora capaci. Quello che però possiamo evidenziare sono alcune caratteristiche comuni con, ad esempio i Gilet Gialli in francia o le proteste catalane, che vanno al di là della mera autonomia. Di sicuro, ovunque c’è una risposta repressiva fuori misura, che è un’altro aspetto che caratterizza l’avanzata di un certo tipo di destra in ogni parte del mondo: violenta, razzista, patriarcale e femminicida”.

E mentre in Colombia il Paro Nacional proclamato lo scorso 21 Novembre per protestare contro la matanza degli indigeni e dei difensori sociali - arrivato ad oltre 700 morti in tre anni - e contro il paquetazo di privatizzazioni di Duque, arriva al suo settimo giorno, in Bolivia la strana alleanza fra il partito del Movimento al Socialismo e l’ultradestra della presidenta ad interim Janine Anes fa fuori l’ex presidente Evo Morales portando alle stelle la tensione fra settori indigeni e latifondisti dell’Oriente boliviano: “Sembra un clima da Guerra fredda, quella che si sta creando in molte parti del continente, con la stessa logica che non manca di dietrologismi che puntano il dito verso cuba e Venezuela come agitatori delle rivolte. Sono panorami surreali. Quello che è verto è che siamo di fronte ad una crisi globale della società - conclude Zibechi - dove il lascito dei governi progressisti, verso cui notoriamente sono sempre stato molto critico, si concretizza in forme di organizzazione soprattutto territoriali, che però muovono migliaia di persone”.