Racconti di donne dalla Palestina

Palestina - 6 aprile - Racconti dalla Carovana

6 / 4 / 2009

Arija è una ragazza palestinese del campo profughi di Dehishee; frequenta l’università ed è molto attiva nel centro culturale Ibdaa.

Seduti in cerchio nel teatro di Ibdaa, insieme a lei e ad altre donne provenienti da diversi campi profughi dei Territori, parliamo delle donne palestinesi, dei loro sogni e dei loro progetti, della loro forza determinante che è stata fondamentale per evitare la disgregazione di una società violentata da una guerra che continua da oltre 60 anni.

Le donne non sono solo le figure attorno cui ruota tutto il meccanismo di funzionamento di una società fondamentalmente basata sulla famiglia estesa, in quanto si occupano di crescere i bambini, della casa, di tutto ciò che riguarda la quotidianità e la gestione familiare, ma anche perché, dalla Nakba (1948) in poi, si trovano ad assolvere compiti che precedentemente erano prettamente maschili.

Le donne diventano custodi della memoria e della cultura palestinese: si cerca di conoscere e comprendere il passato rivolgendosi alle proprie madri e alle proprie nonne, in assenza degli uomini depressi per le violenze subite durante la guerra e impegnati tutto il tempo a cercare lavoro.

Dagli anni ottanta le donne iniziano a combattere attivamente contro gli israeliani: la prima intifada, che vede anche la partecipazione femminile, dimostra alla popolazione, e soprattutto alle donne stesse, che, come gli uomini, possono lottare per difeNdere il proprio popolo. Sono forti e tenaci di fronte alle aggressioni, difendono i loro mariti e figli e molte di loro vengono arrestate.

Quando gli israeliani si rendono conto del loro ruolo forte, cominciano a offenderle e colpirle direttamente attaccandone l'onore, ovvero l'elemento più prezioso e inviolabile che le donne da sempre possiedono.

Aggressioni fisiche, sopraffazioni e umiliazioni di ogni tipo, specialmente durante la seconda intifada, sono all'ordine del giorno. L'immagine più drammatica è quella delle decine e decine di donne costrette a partorire davanti ai check point israeliani perché i soldati ne impedivano il passaggio.

Le donne presenti continuano a raccontare, spiegandoci i progetti in cui sono impegnate: Habir è un'insegnante dell'unico asilo di Dehishee; Saussene porta avanti un progetto di cucito in diversi campi profughi poverissimi, Hinas è assistente sociale a Hebron e fornisce a donne ex detenute, vedove e bambini supporto psicologico; Samaa parla 4 lingue e lavora da vent'anni nel centro "Casa di Lazzaro", che accoglie donne e bambine orfane a Betania.

Attraverso le storie che queste donne raccontano, percepiamo la determinazione forte a voler continuare a combattere per i propri diritti e per quelli del loro popolo.

Samaa ci saluta con una frase che scatena l'applauso di tutti i partecipanti all'incontro: "le donne sono le ossa del mondo".

La giornata continua con una visita al Mehwar Center di Beith Sahur, l’unico centro anti-violenza in Palestina, costruito nel 2007 con finanziamenti di diverse ONG per proteggere le donne vittime di violenza nei Territori palestinesi e per sensibilizzare la comunità e le famiglie riguardo a questo tema.

foto 13: il centro anti-violenza Mehwar

Nella casa-rifugio vivono 35 donne, bambine e bambini fino a 12 anni, che hanno subito violenza domestica, abusi sessuali da parte di parenti, stupri. Le ospiti sono inserite in un progetto che prevede sia assistenza sociale e legale, sia empowerment individuale e di gruppo attraverso la possibilità di seguire corsi di diverso tipo, dal karate allo yoga, e di terminare gli studi, che spesso sono state costrette a interrompere.

Una delle priorità del centro è quella di sensibilizzare le comunità di provenienza, e in generale la società palestinese, riguardo alla questione della violenza domestica e sessuale: violenza che nella maggior parte dei casi viene tollerata e anzi tenuta nascosta da parte delle famiglie, in quanto le donne ne sono ritenute responsabili, e che subisce un aumento in particolare in connessione all’aumento della disoccupazione e alle restrizioni di mobilità imposte ai palestinesi. In Palestina è ancora in vigore una legge giordana che risale al 1956, una legge molto debole che per esempio commina la pena di 3 mesi di detenzione in caso di omicidi d’onore di mogli, sorelle o figlie. Proprio connesso alla necessità di informazione e sensibilizzazione della popolazione, il centro è un luogo conosciuto non solo nel vicino villaggio, ma in tutti i Territori, e prevede anche progetti di informazioni e sensibilizzazione delle famiglie.

(foto 14: interno del centro)

Vedi anche:

Carovana 2009 in Palestina di Sport sotto l'assedio. La cronaca multimediale dalla carovana

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