Durban, Sudafrica. Nella notte fra venerdì e
sabato scorsi l’insediamento informale di Pemary Ridge, affiliato al
movimento di shack dwellers Abahlali baseMjondolo [«quelli che vivono
nelle baracche» in lingua zulu], è stato al centro di una brutale
operazione di polizia. Intorno alle otto di venerdì sera, un’auto
privata con a bordo alcuni agenti di polizia è giunta all’insediamento.
Gli agenti hanno cominciato a perquisire vari shack, alla ricerca di
rivenditori abusivi di alcolici. Le perquisizioni, tuttavia, si sono
ben presto trasformate in feroce violenza nei confronti dei residenti
di Pemary Ridge, che è andata avanti per più di tre ore. Con l’aiuto di
un’altra decina di colleghi giunti a dare manforte, la polizia ha fatto
irruzione in varie baracche, trascinando gli abitanti in strada e
picchiandoli con manganelli e bastoni. Un uomo, che tornava a casa dopo
il lavoro ignaro di quello che stava accadendo, è stato aggredito senza
alcun motivo. «Questo servirà a darvi una lezione!» hanno gridato gli
agenti, aggiungendo che vedere un uomo che torna a casa ferito «sarà
una lezione per tutta la comunità». Decine di persone, donne comprese,
sono state aggredite brutalmente anche all’interno dei loro «shack»
[l’insediamento informale]. Molti residenti sono fuggiti nella
boscaglia vicina per nascondersi, mentre varie donne hanno creato delle
barricate con pneumatici e altri oggetti di fortuna. Gli abitanti di
Pemary Ridge hanno raccontato che la polizia ha anche aperto il fuoco,
sparando in modo casuale decine di colpi in tutto l’insediamento.
L’operazione si è conclusa con vari feriti, di cui uno in gravi
condizioni, e tredici persone arrestate. Una volta di fronte al
magistrato, la mattina di lunedì, il fermo non è stato convalidato e
tutti gli arrestati sono stati rilasciati.
La sezione del movimento Abahlali baseMjondolo a Pemary Ridge ha
diffuso un comunicato nel quale spiega che questa è la terza brutale
operazione di polizia che avviene nell’insediamento informale Pemary
Ridge dalla fine di settembre, dopo gli attacchi a Kennedy Road. Come
Carta ha già raccontato, la notte del 26 settembre una folla di circa
quaranta persone aveva assaltato il vicino insediamento di Kennedy
Road, gridando slogan contro i leader di Abahlali e distruggendo le
loro case. Da quel giorno, vari membri del movimento, fra cui i suoi
leader principali, vivono in clandestinità con le loro famiglie.
Nonostante la ragione ufficiale dell’operazione di venerdì a Pemary
Ridge sia apparentemente la ricerca di alcool e droga, il movimento
afferma che «è chiaro che le azioni della polizia a Pemary fanno parte
del più generale attacco ai danni di Abahlali baseMjondolo».
La polizia che ha condotto l’azione è quella del distretto di Sydenham,
conosciuta dagli shack dwellers per la sua brutalità e la sua
inefficienza. La notte degli attacchi a Kennedy Road, la polizia è
giunta all’insediamento dopo diverse ore dalla prima chiamata e si è
limitata a stazionare all’ingresso della baraccopoli, senza intervenire
per fermare gli attacchi ai danni dei residenti. Per questa ragione,
Abahlali ha accusato la polizia di connivenza con gli aggressori e con
i mandanti degli attacchi.
L’ultimo episodio di violenza a Pemary Ridge avviene mentre in tutto il
Paese si assiste ad una escalation di brutalità da parte della polizia,
legittimata dalle autorità politiche. All’inizio di ottobre il
presidente Zuma aveva dichiarato che, per affrontare con durezza il
problema della criminalità, la polizia deve «sparare per uccidere».
Nelle ultime settimane la «shoot-to-kill policy» ha causato varie
vittime [fra cui un bimbo di tre anni a Cape Town, freddato da un
agente perché «teneva in mano qualcosa di sospetto»], costringendo Zuma
a precisare precipitosamente che «la polizia non ha comunque licenza di
uccidere».
Operazioni di polizia come quella di venerdì sera non sono purtroppo
una novità nelle baraccopoli sudafricane, come il movimento Abahlali
non si stanca di ripetere. ll grande movimento sociale Abahlali è
dunque da settimane al centro di una violenta repressione [la più grave
in settembre, quando sono state uccise tre persone e decine sono state
ferite nell’insediamento di Kennedy Road] da parte di milizie armate e
polizia e di certo, l’autogoverno del movimento non piace all’African
national congress [il partito al governo] soprattutto dopo la sentenza
della Corte costituzionale che ha dato ragione al movimento circa
l’obbligo di procedere a eventuali sgomberi soltanto dietro un
provvedimento di un tribunale. La giustificazione degli attacchi della
polizia è sempre quella di riprestare la «legalità»: impedire
connessioni irregolari all’elettricità, sgomberare degli shack,
impedire la rivendita di alcolici, ma troppo spesso si trasformano in
brutali operazioni di repressione a danno dei cittadini più poveri del
Paese. I riflettori puntati al Sudafrica che si prepara ai mondiali del
2010, però, faticano a fare luce in questi angoli oscuri della politica
sudafricana.