Ad una settimana dal massacro in Amazzonia

Perù - BAGUA

I popoli indigeni lottano per noi

14 / 6 / 2009

Comincio segnalando una differenza tra “modernidad” e cosmovisione indigena.Il mondo civilizzato vede il passato come qualcosa di superato, “Primitivo” ha un implicazione peggiorativa.  Il moderno, l’ultimo, è il migliore.

Nel mio idioma, il quechua, “Ñaupaq” significa “avanti” e a volte “passato”. “Qhepa” significa “posteriore”, per luogo  tempo.

Ora vediamo che il “progresso” sta portando alla estinzione della specie umana attraverso il riscaldamno globale e molte altre forme di attacco alla natura.

Cosa sono i “los pueblos amazónicos”?

indigeni perùLa popolazione amazzonica peruana comprende l’11% della popolazione.  Abita le più estese delle tre regioni naturali del Perú, il nord, centro e sud-oriente. Parla decine di lingue ed è composta da decine di nazionalità.

Gli abitanti della selva sudamericana sono  gli indigeni  meno contaminati dalla “civilización”, la cui fase attuale è il capitalismo neoliberale.

Non sono stati conquistati dall’incanto, e tanto meno gli invasori spagnoli li hanno dominati. L’indigeno serrano ribelle Juan Santos Atawallpa, dopo che era stato accerchiato dalle truppe spagnole, ripiegò  nella selva, nel  seno di queste popolazioni, di cui aveva imparato la lingua e le forze coloniali non riuscirono a vincerle.

Nell’epoca dello sfruttameno del caucho arrivò nella selva il capitalismo e ridusse alla schiavitù e massacrò le popolazioni native. Per questa ragione molte di loro sono ancora oggi in isolamento volontario e non desiderano nessun contatto con la “civilización”.

I fratelli amazzonici non condividono i pregiudizi di origine religiosa del “mundo civilizado” di coprirsi il corpo con i vestiti anche se fa un caldo intenso. La forte offensiva dei missionari religiosi e le leggi che difendono questi pregiudzi hanno fatto sì che alcuni di loro si coprano parte del corpo, specialmente quando vanno in città.

Si sentono integranti della “Madre Naturaleza” e la rispettano profondamente. Quando debbono coltivare non fanno solamente la semina di un prodotto. Cercano un luogo nel bosco, vi mettono varie piante con cicli vitali differenti in modo da imitare la natura.

Un “palto” o un “aguacate” e vicino una zucca, con nelle vicinanze un plátano, mais, yuca (mandioca). Dopo aver fatto il raccolto lasciano ch la natura si riappropi del luogo e creano un altro spazio per la coltivazione da un’altra parte.

Vanno a caccia o a raccogliere, quando vedono qualcosa degno di essere cacciato lo fanno, passando per le coltivazioni se vedono qualcosa da sistemare lo fanno, e quando tornano a casa non si può dire se hanno passeggiato o lavorato.

Bevono l’acqua dei fiumi e dei pozzi naturali, se capita mangiano i pesci.

Anche gli indigeni “serranos”, più contaminati dalla “civilización” li qualificano come oziosi, non vogliono “progresar”, solo vogliono vivere ben.

Abitano in case collettive. Non ci sono “partidos” ni votazioni, la loro organizzazione sociale e politica è la comunità. No comanda il capo, comanda il soggetto collettivo, la comunità.

Hanno vissuto così da millenni pima dell’invasione europea, prima della costituzione dello stato peruano, he non li ha mai consultati per elaborare le leggi con le quali ora li attacca pretendendo di sterminarli.

Le imprese multinazionali

Questa vita come parte della natura ora si vede aggredita dalla voracità delle imprese multinazionali: imprese d estrazione di petrolio, gas e minerali. Predatori dei boschi.

A queste imprese, come recita la religione del neoliberismo, non importa l’aggressione alla natura nè l’estinzione della specie umana, l’unico loro interesse è ottenere la maggior quantità di denaro nel minor tempo.

Avvelenano l’acqua dei fiumi, sradicano gli alberi per trasformarli in legname: amazzano la selva amazzonica, madre dei nativi amazzonici. E questo è letteralmente amazzarli.

C’è un’abbondante legislazione peruana che li protegge, tra cui il “convenio 169 de la Organización Internacional de Trabajo (OIT)” che è la legge a livello costituzionale, approvata dal Congresso. Questo “convenio” afferma che qualsiasi disposizione sui territori indigeni deve vedere la consultazione delle comunità. Ci sono inoltre diverse leggi di protezione dell’ambiente.

Però la legislazione peruana è solo un piccolo ostacolo per le grandi imprese che attraverso i profitti riescono porre al proprio servizio tutto lo Stato Peruano: Presidente della Repubblica, maggioranza parlamentare, Potere giudiziario, Forze Armate, Polizia, etc. Anche i mezzi di comunicazione sono nelle loro mano.

Al servizio di queste imprese che sono i suoi padroni, Alan García ha elaborato la teoria del “perro del hortelano”. Afferma che i piccoli contadini o le comunità indigene, visto che non hanno grandi capitali da investire, debbono lasciare il cammino libero alle grandi companie predatrici della natura come le imprese minerarie nella sierra e le imprese estrattrici di idrocarburi nella selva.

In tutto il territorio nazionale bisogna lasciare mano libera alle grandi compagnie agroindustriali  che uccidono il suolo con la monocoltura e gli agrochimici e che lavorano prodotti da esportazione e non per il mercato interno. Secondo il Presidente è questa la politica di cui ha bisogno il Perù per progredire.

Per implementare questa politica ha ottenuto dal Potere Legilativo l’autorizzazione per legiferare, per adeguarsi al “Tratado de Libre Comercio (TLC)” con gli Usa.

Questo insieme legislativo è stata una valanga di decreti legge contro l’organizzazione comunitaria degli indigeni della sierra e della selva che supera il saccheggio imperialista e apre le porte al saccheggio della natura con l’avvelenamento dei fiumi, la sterlizzazione del suolo attraverso la monocoltura agroindustriale con l’uso di agrochimici e la devastazione della selva con l’estrazione di idrocarburi  e legname.

Per mancanza di spazio non mi soffermo sull’analisi dei singoli decreti, chi vuole può trovarli in altre fonti.

Reazione indígena

proteste perùNaturalmente gli inigni della sierra e della selva hanno reagito contro questo attacco e hanno realizzato molte lotte importanti e valorose.

E’ indubbio che gli indigeni meno “contaminados”, quelli che meglio conservano i principi dell’amore della natura, de colettivismo, del “mandar obedeciendo”, del “buen vivir”, sono gli amazzonici che sono alla testa delle lotte.

La maggior organizzazione degli indigeni  amazzonici è la  Asociación Interétnica de la Selva Peruana (AIDESEP) che ha le sue basi nel nord, centro e sud amazzonia.

Vogliono l’annullamento dei decreti legge che colpiscono la loro vita.

Il loro metodo di lotta consiste nell’interrompere le strade di trasporto terrestre, fluviale (molto usato dalle imprese multinazionali), nell’occupare le installazioni, i campi di partenza aerei.

Quando arriva la repressione si ritirano, denunciando che il governo vuole la repressione e non il dialogo.

In agosto dell’anno scorso hanno ottenuto un trionfo raggiungendo che il congresso derogasse i decreti legge antiamazzonici. Quest’anno hanno iniziato la loro lotta il 9 aprile. Il Governo attraverso una serie di manovre ha evitato di aprire il dialogo. Ed inoltre ha evitato che il parlamento discutesse l’incostituzionalità di un decreto legge che la stessa commissione parlamentare aveva valutato come incostituzionale.

5 giugno

Il  5 giugno, giornata mondiale per l’’ambiente, è stato letto da Alan García per sfogare la sua rabbia anti-ecologista contro i difensori dell’Amazzonia,

Ha usato il corpo poliziesco specializzato nella repressione dei movimenti sociali, la Dirección de Operaciones Especiales (DIROES).

Sono stati attaccati i fratelli awajun e wampis che bloccavano la strada vicino al villaggio di Bagua. Alle 5 della mattina è cominciato il massacro dagli elicotteri e da terra.

I poliziotti non hanno permesso i soccorsi ai feriti, a chi era arrestato e neanche ai familiari di raccogliere i cadaveri.

L’Asociación Pro Derechos Humanos (APRODEH) ha affermato che chi cercava amici e familiari non li trovava. Inoltre le autorità non davano nessuna informazione. Il bilancio fatto dall’Associazione è di 113 arrestati e 189 feriti. Gli arrestati dopo sette giorni sono ancora detenuti, in parte nella caserma El Milagro senza nessuna carta e sottoposti a maltrattamenti.

I fratelli amazzonici si sono difesi con lancie e frecce, poi hanno usato le armi che hanno preso dagli aggressori. La rabbia  ha fatto sì che abbiano preso un installazione petrolifera in cui hanno catturato un gruppo di poliziotti, che poi hanno portato nella selva, per poi giustiziarne alcuni.

La popolazione “mestiza” urbana di Bagua indignata dal massacro ha assaltato la sede dell’APRA, il partito di governo e alcuni uffici pubblici, bruciandone le auto. La polizia ha assassinato diverse persone, anche alcuni bambini.

Il governo ha decretato la sospensione delle garanzie costiuzional. La polizia, protetta da questa decisione, è entrata nelle case per catturare i nativi che vi si erano nascosti. Molti si sono rifugiati nella Chiesa.

Non si sa il numero reale degli arrestati che non hanno la possibilità di avere contatti con gli avvocati.

Si parla di centinaia di “desaparecidos”.

 Solidarietà

Fortunatamente la solidarietà è commovente.

In Perú si è organizzato un fronte di solidarietà.

L’11 giugno ci sono state manifestazioni di protesta contro il massacro in varie città: a  Lima, che tradizionalmente volta le spalle al Perù profondo, c’erano  4,000 persone, che hanno fatto il corteo sotto la minaccia di 2,500 poliziotti; ci sono stati scontri vicino alle sedi del congresso della repubblica. In Arequipa i manifestanti sono stati più di 6 mila, nella zona di La Joya ci sono stati blocchi nella Panamericana. A Puno c’è stato un blocco delle attività ed è stata attaccata la sede del partito di governo. Ci sono state manifestazioni a Piura, Chiclayo, Tarapoto, Pucallpa, Cusco, Moquegua e molte altre città.

Al’estero ci sono state manifestazioni di protesta alle ambasciate di New York, Los Ángeles, Madrid, Barcellona, Pargi, Grecia, Montreal, Costa Rica, Belgio, etc ..

Anche l’incaricata degli affari indigeni dell’ONU ha protestato. Ha preso posizione anche la Corte Interamericana de Derechso Humanos.

Ci sono giornali stranieri che hanno denunciato il massacro, come La Jornada in Messico.

La collera sta aumentando dopo le dichiarazioni di Alan García alla stampa europea in cui ha affermato che i nativi non sono cittadini di prima categoria.

La selva continua ad essere mobilitata come in Yurimaguas, nella zona Machiguenga del Cusco ed in altre regioni.

I fratelli amazzonici e chi li appoggia vogliono la cancellazione dei decreti legge 1090, 1064 ed altri, che aprono le porte al saccheggio della selva.

Nonostante il fatto che la commissione del parlamento incaricata del tema abbia deciso la cancellazione di alcuni decreti perchè anticostituzionali, la camera ha optato per no discuterli e dichiararli “sospesi” come voleva il partito APRA. 7 congressisti che hanno protestato per questa irregolarià sono stati sospesi per 120 giorni. In questo modo l’ultradesta in Parlamento (APRA, Unidad Nacional e il fujimorismo) avrà in mano l’elezione della prossimo direttivo del parlamento.

Il governo ha creato una “mesa de diálogo” dalla quale è stata escluso l’organismo rappresentativo degli indigeni amazzonici, l’AIDESEP, il cui dirigente ha dovuto rifugiarsi nell’ambasciata del Nicaragua dato che il governo lo accusa dei crimini del 5 giugno ordinati invece da  Alan García.

La lotta amazzonica deve continuare, esigendo il rispetto della selva.

I nativi amazzonici sanno che quello che è in palio è la loro sopravvivenza.

Speriamo che la popolazione mondiale prenda coscienza che loro stanno lottando in difesa di tutta la specie umana e che la selva amazzonica è il polmone del mondo.tome conciencia de que ellos están luchando en defensa de toda la especie humana, ya que la selva amazónica es el pulmón del mundo.

13 giugno 2009

5 de junio: Día mundial del Medio Ambiente

5 de junio: Alan García masacra a los defensores del Medio Ambiente

Solidarità ai popoli indigeni