Per strada è già legge!

Il Senato argentino ha respinto la legge per la depenalizzazione dell'aborto

9 / 8 / 2018

Dopo oltre 15 ore di discussione il Senato argentino ha respinto la legge per l'aborto legale, sicuro e gratuito con 38 voti contrari e 31 favorevoli e 2 astenuti. Da regolamento, il disegno di legge non potrà tornare ad essere discusso in Senato fino a Marzo 2019.

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Quasi tutti i 72 senatori hanno preso parola durante la discussione al Palazzo del Congresso, e - anche questa volta, come già era accaduto nella discussione alla Camera - non sono mancate dichiarazioni aberranti da parte dei senatori cosiddetti pro-vita. Tra questi Rodolfo Urtubey del Partido Justicialista che è arrivato a mettere in discussione anche uno dei casi in cui attualmente l'aborto è permesso, quando la donna è vittima di stupro, dichiarando che l'abuso intrafamiliare non può essere definito violenza sessuale.

Le strade e le piazze intorno al Palazzo del Congresso sono state presidiate sotto la pioggia dalla mattina di ieri fino al voto, avvenuto intorno alle 3 di notte, da una marea verde di oltre due milioni di donne e uomini, di ogni età e con una componente giovanile molto presente. 

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La campagna per il diritto all'aborto legale, sicuro e gratuito negli ultimi anni, grazie anche alla crescita di movimenti femministi come Ni Una Menos, è riuscita a divenire maggioritaria nel discorso pubblico, a farsi strada nel mondo della cultura e dell'arte, tra lavoratrici e lavoratori, nelle scuole e nelle università. Tra le rivendicazioni anche quella per un’educazione sessuale diffusa e per la contraccezione gratuita.

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La campagna è riuscita inoltre a scongiurare l'accusa di essere uno specchietto per le allodole strumentale al nascondere dal discorso pubblico problematiche economiche e sociali - "di classe" - dichiarando sin da subito la necessità di alleanze e l'impossibilità di tenere slegati i discorsi in merito alle manovre economiche, alla riforma del codice penale in chiave ancora più repressiva e quello del diritto all'interruzione di gravidanza. 

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Da una nota di Ni Una Menos: «La avanzada es triple: militar, financiera y religiosa. Es decir: criminalización, endeudamiento y culpabilización sobre nuestros cuerpos y territorios. Mientras el aborto legal insume meses de debate, la militarización y el endeudamiento se deciden por decreto. Y cuando nos preparamos para tomar la calle por nuestros derechos, el poder decide vallar completamente la plaza pública: es una provocación. Por eso volvemos a gritar: saquen sus rosarios de nuestros ovarios y saquen sus milicos de nuestros territorios.» 

«Non è una lotta tra SI e NO, ma tra legale e clandestino», solo qualche giorno prima della discussione si era avuta notizia dell'ennesima morte di una giovane di 22 anni , Liliana Herrera, a causa di un aborto illegale. "Femminicidi di Stato" che continuano ad accadere mentre la politica di palazzo, la Chiesa e i movimenti pro-life si preoccupano del diritto alla vita di chi in vita non è. Il mantenimento dell'illegalità dell'interruzione volontaria di gravidanza condanna all'insicurezza e alla possibilità di morire tutte coloro che non si possono permettere di andare all'estero o di pagare un professionista per abortire.

«Abbiamo tirato fuori dalla clandestinità i nostri corpi, i nostri aborti ed i nostri desideri e da qui non si torna indietro». Questo scriveva il collettivo Ni Una Menos alla vigilia del voto, e questo si è respirato nelle piazze e nelle strade in questi ultimi anni di lotta, nei collettivi e nelle comunità di mutuo aiuto create dal basso. E anche dopo il voto la piazza non cede allo sconforto ma ribadisce che "en la calle ya es ley!", grido che si unisce alla promessa "mañana seguimos!".

Il movimento femminista ha deciso di non tornare a casa, nella notte si sono svolte infatti manifestazioni nei pressi del Palazzo del Congresso e pochi minuti dopo il voto la polizia ha reagito con l'utilizzo di gas lacrimogeni, proiettili di gomma e - sembra - siano stati effettuati alcuni arresti[1]. Tantissime le manifestazioni di solidarietà e supporto in tutto il mondo, dal Cile al Messico, dalla Spagna al Rojava. Durante la manifestazione di Santiago de Chile, ci sono stati 11 fermi, due ferite, e un pesante dispiegamento di cannoni ad acqua e lacrimogeni.


[1] Fonte cooperativa di comunicazione Revista Cítrica