Palestina - Proteste verso una terza Intifada

25 / 2 / 2013

Già nei giorni scorsi in molti hanno iniziato a parlare di Terza Intifada per le proteste che sono iniziate nelle ultime settimane intorno alla protesta contro l'occupazione ed in particolare sulla pesante situazione dei prigionieri nelle carceri israeliane.

La tensione sta crescendo nelle ultime ore dopo la morte di Araft Jaradat. Detenuto di 35 anni morto due giorni fa: gli israeliani dicono che si è trattato di arresto cardiaco, ma non risulta nell'autopsia ed invece i palestinesi denunciano violenze subite in carcere.

Proponiamo due articoli tratti da Nena News su quello che sta succedendo.

Cresce la protesta per la morte di Arafat Jaradat

Gerusalemme, 25 febbraio 2013, Nena News - E' alta la tensione in Cisgiordania, in particolare nella zona di Hebron dove oggi si terranno i funerali di Arafat Jaradat, il palestinese di 35 anni morto due giorni fa nella prigione Megiddo in circostanze non ancora chiarite. L'autopsia effettuata ieri, secondo il rapporto fatto dai medici israeliani, non ha rivelato segni di violenza sul corpo di Jaradat ma neppure della malattia cardiaca che ne avrebbe provocato la morte.

Per i palestinesi invece il detenuto era stato picchiato e torturato da chi lo ha interrogato dopo il suo arresto. Qadura Fares, dell'associzone dei prigionieri, ha detto che il medico legale palestinese che ha assistito all'autopsia ha riferito di aver riscontrato ferite e contusioni che non lascerebbero dubbi sulle sevizie e percosse inferte a Jaradat. Anche il padre del detenuto che ha visto il corpo ha detto che il figlio è stato picchiato.

L'accaduto ha subito infiammato la Cisgiordania dove già da alcune settimane si ripetono manifestazioni e raduni in appoggio a Samer Issawi e altri tre prigionieri palestinesi che attuano lo sciopero della fame ad oltranza. A Hebron e alla periferia di Betlemme e Ramallah sono divampati scontri violenti tra gruppi di giovani e soldati israeliani che hanno provocato diversi feriti. Oltre 4mila detenuti palestinesi hanno rifiutato il cibo in segno di protesta per la morte di Jaradat.

La stampa dello Stato ebraico già parla di Terza Intifada palestinese ed è intervenuto il premier Netanyahu che chiesto, di fatto intimato, al presidente palestinese Mahmud Abbas di arginare le proteste e di ricordarsi "che è compito dell'Autorità nazionale palestinese mantenere l'ordine" (nei Territori occupati). E per allentare la tensione il primo ministro ha autorizzato il trasferimento al governo di Salam Fayyad di 100 milioni di dollari palestinesi che aveva congelato dopo l'accoglimento della Palestina alle Nazioni Unite.

"Concessioni" che forse accontenteranno la leadership dell'Anp ma non la popolazione palestinese sotto occupazione militare che sta dando sfogo ad una frustrazione che cova da lungo tempo. Nena News

Lampi di Intifada

di Michele GiorgioGerusalemme, 23 febbraio 2013, Nena News - Lampi di terza Intifada. A Gerusalemme, Ramallah, Hebron, Nabi Saleh e altre località. Cresce nelle dimensioni e nei contenuti la protesta popolare palestinese contro l'occupazione, innescata dagli scioperi della fame osservati dai prigionieri politici nelle carceri israeliane. Manifestazioni e raduni che raccontano la rabbia e la frustrazione che covano sotto quella calma apparente che da tempo regna in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Allo stesso tempo sono anche il segnale più limpido del crescente protagonismo dei comitati popolari palestinesi.

Dai villaggi agricoli, lungo il Muro israeliano in Cisgiordania, la lotta non violenta si sta trasferendo a ridosso dei centri urbani e dei campi profughi. Le iniziative si moltiplicano, a cominciare dalla creazione di «avamposti palestinesi» nelle aree che Israele ha destinato all'espansione delle colonie. Sono enormi le potenzialità di questo movimento. Lo hanno capito i comandi militari israeliani, che ieri hanno schierato ingenti forze per contrastare i manifestanti. In mezzo, tra le parti contrapposte, c'è la goffa polizia dell'Autorità nazionale del presidente Abu Mazen che tenta di fare interposizione e di riportare la calma.

Ieri sulla spianata delle moschee di Gerusalemme, al termine della preghiera islamica del venerdì, dozzine di giovani palestinesi hanno scandito slogan a sostegno dei detenuti politici. Ad un certo punto qualche giovane ha lanciato sassi contro la polizia che è intervenuta arrestando diversi manifestanti. A Hebron circa mille palestinesi e gruppetti di attivisti internazionali si sono riuniti in Bab Zawye, all'ingresso della zona H2 - controllata da Israele e dove 600 coloni vivono in mezzo a 25mila palestinesi - per chiedere la riapertura di Shuhada Street, la strada commerciale più importante della casbah, chiusa dalle autorità di occupazione nel 2000. Gli attivisti hanno marciato verso l'ingresso di Shuhada Street, dove però sono stati bloccati dall'esercito israeliano che ha lanciato candelotti di gas lacrimogeno e granate assordanti. Un giovane è stato portato in ospedale perché colpito ad una gamba da un proiettile. Una ventina di palestinesi sono rimasti feriti o intossicati dal gas lacrimogeno.

Ad Anata, tra Ramallah e Gerusalemme, un palestinese avrebbe forzato un posto di blocco della polizia, ferendo un agente, ed è poi riuscito a fuggire. Ci sono scontri a Nabi Saleh e vicino alla prigione di Ofer (Ramallah) dove centinaia di giovani hanno manifestato per il terzo giorno consecutivo a sostegno dei detenuti in sciopero della fame, in particolare di Samer Issawi, liberato con lo scambio di prigionieri della fine del 2011 in cambio del soldato Ghilad Shalit e condannato a 8 mesi di carcere per essersi recato in Cisgiordania violando le restrizioni ai suoi movimenti.

Considerando il periodo già trascorso in prigione, Issawi, che fa lo sciopero della fame da oltre 200 giorni, dovrebbe uscire il 6 marzo. Rischia però di dover scontare condanne ricevute in precedenza e di rimanere in carcere per molti anni ancora. Il detenuto perciò continua la sua protesta. L'altra notte Jafar Ezzedine e Ayman Sharawna, due dei quattro prigionieri in sciopero della fame, sono stati ricoverati in ospedale.

Intanto la Federazione di calcio palestinese ha detto che è «troppo presto» per organizzare una partita contro Israele come aveva proposto Sandro Rosell, presidente del Barcellona FC. «Questa idea provocherebbe un terremoto nella regione se venisse attuata, è troppo presto e la palla è nel campo israeliano», ha detto il presidente della Federazione, Jibril Rajoub. Nena News