Trentaquattro anni di guerra fredda tra Iran e USA dopo la crisi dell'ambascita

Operazione Argo 34 anni dopo

Un fragile status quo utile a tutti

di Bz
3 / 10 / 2013

La breve conversazione telefonica tra il presidente degli Stati Uniti Barack Obama e il presidente iraniano Hassan Rohani ha chiuso, ufficiosamente, la crisi diplomatica tra gli Stati Uniti e l’Iran, che da ultimo, si era focalizzata specialmente sul programma di arricchimento nucleare di Teheran. Una crisi scoppiata fragorosamente 34 anni fa con l’occupazione dell’ambasciata americana, a seguito della rivoluzione khomeinista del 1978, che aveva l’aveva indicata quale luogo di organizzazione e operazione della CIA e della controrivoluzione – recentemente è stato realizzato, attorno all’episodio e alla roccambolesca fuga del personale che vi operava, un interessante film, Argo, dal nome in codice della missione di recupero.

Il contatto diplomatico ripristinato è stato molto enfatizzato, soprattutto dai media americani in buona parte collegati alle lobbies israeliane e militari statunitensi per le ricadute sul settore che il venir meno dello spauracchio dell’aggressione nucleare o militare – fa lo stesso -  iraniana all’alleato strategico americano  - Israele - nel crocevia tra Medio Oriente, Africa ed Euromediterraneo. La telefonata è stata anche segnalata come il riconoscimento e l’appoggio a Rohani per aver aperto il nuovo corso di politica interna, oltre che quella internazionale, un successo indiretto degli USA che serve ad Obama per tacitare i malumori per lo stallo della sua politica estera nel reimpasto del comando geopolitico mondiale.

Come abbiamo già scritto su globalproject.info, siamo, infatti, in una fase in cui allo strapotere dell’Impero succede un multipolarismo del comando per l’emergere prepotente di forze continentali capaci di influenzare, stoppare ed orientare scelte che un lustro fa erano di appannaggio esclusivo degli USA e dei suoi stretti accoliti.

La soluzione internazionale prefigurata per la guerra civile in Siria ne è un riflesso: tutti – ma proprio tutti – sono preoccupati della destabilizzante invasività filo alqaedista, tanto da preferire uno status quo, piuttosto che imbarcarsi in un avventura che nessuno è in grado di capire dove possa finire, col rischio concreto di destabilizzare il quadrante medio orientale, al quale tutti attingono per alimentare le politiche economiche nazionali ed internazionali, non ultimo il flusso dei capitali finanziari da giocare nel divenire della crisi economica che inchioda l’Europa ma che allunga la sua ombra negli altri continenti, negli stessi BRICS.

Per Obama riagganciare l’Iran significa un aumento del margine di controllo, in funzione di garante, sulla Siria stessa, posto che la sopravvivenza del regime di Assad è stata resa possibile dall’appoggio diretto ed indiretto, per tramite delle milizie di Hezbollah e al tempo stesso una sottrazione del margine di pressione e ricatto di Israele nel confronto dell’impegno diretto in Medio Oriente degli USA stessi.

In questo contesto il ringhiare della Russia a protezione formale della Siria di Assad e il lavoro al ONU e sottobanco della Cina, aldilà dei contrapposti interessi egemonici e di influenza, hanno prodotto una convergenza su di una temporanea soluzione di transizione che permetta, nel frattempo, la perlustrazione di un possibile trattato che ridisegni la geografia politica in tutta l’area medio orientale, in cui un posto d’onore possa trovare la Turchia, qual ora disinneschi il problema Kurdistan, e lo stesso Egitto che, soffocata la spirale islamista, ripristini una legalità formale ed un supporto indiretto al ruolo di Israele nel focus mediorientale.

Questo è il cinismo della politica internazionale, a scapito di milioni di profughi, di centinaia di migliaia di morti civili e militari, di intere generazioni devastate dalle guerre civili e dalle vendette incrociate in tutto il bacino mediterraneo; purtroppo non c’è posto per umanitarismi, per anime caste e pie, per petizioni e quant’altro; gli interessi in gioco travalicano ogni ostacolo, ogni remora.