Notre-Dame-des-Landes - L'AEROPORTO È MORTO, VIVA LA ZAD!

22 / 1 / 2018

Gli occupanti della zone à defendre hanno vinto la lotta contro il progetto di un secondo aeroporto regionale riconosciuto inutile. Dopo cinquant'anni il governo francese decide di rinunciare alla costruzione di una grande opera che avrebbe devastato la riserva verde di Nantes

Il 18 gennaio 2018 è il primo giorno senza aeroporto, la sera stessa è stata convocata un'assemblea per decidere come proseguire la lotta. I 1650 ettari di boschi e riserve naturali acquifere, gli animali, i campi, i sentieri, non verranno coperti dal cemento e non andranno persi come temevano gli occupanti, agricoltori e attivisti che hanno partecipato alla storica mobilitazione per difendere i terreni e le attività che vi si svolgono da generazioni.

Sul posto la presenza discreta della gendarmeria nazionale nei villaggi confinanti la Zad, l'assenza di elicotteri e check-point è un chiaro segno di tregua da parte delle forze dell'ordine che temevano un afflusso militante di massa a Notre-Dame-des-Landes. L'annuncio dell'abbandono del progetto ha provocato un'esplosione di gioia, la situazione è talmente nuova che le reazioni passano dal riso al pianto. Fumo rosa al posto del fumo grigio dei lacrimogeni, il sogno diventa realtà

Le decine di auto e le centinaia di ospiti arrivati nella notte non servono più a proteggere case, capanne e fortificazioni ma ad annunciare i festeggiamenti. I canti e la danze sono continuati fino allo sfinimento, all'alba, ora della mungitura nelle stalle. La vita nella Zad continua e dopo la grande festa della vittoria nel quartier generale del movimento contro l'aeroporto, La Vache Rit, si prepara un altro cantiere e l'appuntamento di sabato 10 febbraio

Si volta pagina, tutte le componenti del movimento, l'associazione intercomunale citoyenne (Acipa), l'associazione per la difesa dei contadini proprietari dei terreni confiscati (Adeca), il collettivo Copains (agricoltori solidali della regione), gli ambientalisti in lotta e tutti gli occupanti hanno diffuso un comunicato in cui si ricorda che la vittoria storica si deve ad un movimento tanto determinato quanto diversificato nelle sue pratiche e nei suoi interventi.

Sul futuro della Zad vengono poste tre condizioni: «la necessità di riconoscere al più presto la totalità dei diritti per agricoltori e occupanti espropriati» e «il rifiuto di qualsiasi tipo di espulsione degli abitanti appena trasferitisi», nonché «la gestione a lungo termine dei terreni della ZAD da parte delle differenti componenti del movimento». Si aggiunge anche la richiesta di una «moratoria sulla ridistribuzione istituzionale dei terreni».

Il progetto prioritario per la Zad è quello di «permettere di restare a tutti quelli che lo desiderano». Il comunicato risponde al primo ministro che gioca sulla divisione e vorrebbe incrinare la solidarietà tra i diversi attori del movimento: «Lo Stato cederà progressivamente i terreni di NDDL e da subito le forze dell'ordine saranno mobilizzate affinché ciò avvenga nel rispetto della legge e gli occupanti abbandonino progressivamente le terre che non sono di loro proprietà», sottolineando che si intende «eliminare una situazione illegale che prospera nella zona da dieci anni». La scadenza data dallo Stato è prevista per venerdì 30 marzo, fine del periodo di "tregua invernale" per le espulsioni e gli sgomberi abitativi in Francia. 

Sulla questione della proprietà dei 1650 ettari, per l'assemblea è importante che «sia le persone che intendono installarsi con dei progetti tradizionali, sia quelle che pensano di proporre nuove forme di gestione collettiva delle terre abbiano la possibilità di farlo per sviluppare nuovi modi di fare le cose e nuovi modi di abitare la zona», questo è il progetto della ZAD. D'altra parte si «ritiene prematuro parlare di acquisizione o di affitto dei terreni e di paragonare l'esperienza di NDDL a quella del Larzac», lotta storica negli anni Settanta contro l'installazione di una zona militare sui terreni agricoli e da pascolo. 

Se il negoziato per conformarsi a regole comuni sembra possibile, una totale normalizzazione lo è molto meno. Non bisogna dimenticare che la lotta ha rinforzato la solidarietà collettiva e questa solidarietà continuerà a determinare ogni scelta perché l'avventura della Zad continua.

Nel frattempo, il ministro dell'Interno, Gérard Collomb, ha manifestato la sua determinazione a liberare le strade di accesso alla Zad dalle barricate installate al tempo della fallita operazione César per evacuare violentemente la Zad nell'autunno del 2012. Collomb ha dichiarato ai media che intende intervenire se i blocchi e gli ostacoli non vengono rimossi entro la fine della settimana. La Prefettura della regione ha ufficialmente chiesto che si possa circolare liberamente nella zona occupata, promettendo che porrà un limite a trenta chilometri orari ma che imporrà la presenza delle forze dell'ordine se gli occupanti non si fanno carico di garantire la viabilità. 

Ma la strada che attraversa la Zad rappresenta l'anima del movimento; ai suoi bordi qualche capanna, barricate e auto bruciate abbandonate segnalano e simbolizzano anni di lotta. Una torre dall'aspetto un po' barocco serve da osservatorio. I pannelli lungo il percorso avvisano: «Qui si vive» e «guida al passo oppure non guidare». Non è possibile percorrerla con mezzi pesanti ed ha un che di intimidatorio per chi vorrebbe avventurarsi senza rispetto per la Zad. Restituire la normalità a questa strada, cancellata dalle carte stradali ufficiali, è il primo punto della lista nella discussione. L'opposizione storica accetterebbe a condizione che prima sia annullata definitivamente la dichiarazione di utilità pubblica del progetto di aeroporto che giunge a scadenza venerdì 9 febbraio, vigilia del grande appuntamento per "radicare il futuro" della Zad.

Anche se "mediazione" resta la parola d'ordine da parte dello Stato, la presenza poliziesca sulla strada simbolo verrebbe percepita come provocatori. È chiaro che per mettere fine ad anni di conflitto non basta un gesto ufficiale se questo non è seguito dalla volontà di riconoscere l'autonomia di decisione della Zad. Perché si realizzi una mediazione sarebbe auspicabile che il ministro della Transizione ecologica, Nicolas Hulot, conoscesse almeno il movimento e gli occupanti storici che si oppongono al progetto di aeroporto, ma il ministro, ex-animatore televisivo, nonostante l'impegno ecologista incarna più il greenwashing che la figura operativa necessaria sul campo. Infatti, a proposito dell'avvenire felice della zona protetta, Hulot immagina una Zad trasformata in laboratorio della biodiversità e della ricerca agronomica, ma i militanti gli hanno ricordato che da anni difendono i «sei punti per l'avvenire della Zad» in cui il movimento rivendica l'attribuzione dei terreni salvati dalla cementificazione agli abitanti della zona, compresi gli occupanti che non praticano alcuna attività agricola. Da parte sua, José Bové, ex-leader del movimento d'occupazione dell'altipiano del Larzac, in cui abita, attuale deputato europeo ecologista ed ex-sindacalista della Confédération paysanne, promuove una nuova costituzione simile a quella della Società civile delle terre del Larzac (Sctl), firmata con lo Stato nel 1985 dopo l'abbandono definitivo del progetto di estensione della zona militare da parte dell' allora presidente François Mitterand, che stipula un affitto della durata di 60 anni permettendo agli occupanti di restare. Tra il Larzac e NDDL ci sono dei legami ben radicati nell'opposizione allo sfruttamento industriale dei terreni e nell' apertura alle alternative che si sono sviluppate durante le occupazioni.

La battaglia della Zad è quella di una popolazione che cerca di rendere coerente il modo di vivere con il pensiero politico che riguarda il lavoro e l'economia, l'alimentazione e l'occupazione degli spazi, le relazioni sociali, limitando i consumi e aumentando l'autoproduzione in un contesto in cui le regole dell'orizzontalità e della cooperazione vengono messe alla prova ogni giorno da piccoli e diversi gruppi di persone. Partecipare alle attività fa parte di un progetto politico, agricolo e artigianale allo stesso tempo. Ciò che rende forte la lotta della Zad è la proposta inclusiva delle diverse pratiche, non esiste un modello progettuale unico, l'esperienza ha reso visibile una grande versatilità nell'uso e nella gestione delle terre, ha dimostrato che è realizzabile.

La costruzione collettiva delle abitazioni è un cantiere sempre aperto che contribuisce alle lotte politiche per la legalizzazione dell'habitat ecosostenibile, e che allo stesso tempo denuncia la visione predatoria rispetto all'ambiente sulla base del fatto che la conquista di uno spazio di autonomia si realizza senza danneggiare il mondo vegetale e animale.  

Il successo storico è dato da una mobilitazione articolata che ha alternato e associato ricorsi giuridici, controperizie citoyenne, manifestazioni e presidi di massa, solidarietà tra agricoltori, sindacati (compreso quelli dell'aviazione), occupazioni, resistenza, inchieste e prefigurazioni per oltre quarant'anni. Ciò che avviene nella Zad va oltre il "caso" e la specificità di NDDL.

L'uso della forza con i blindati e le migliaia di agenti – e l'esercito - contro la Zad hanno perso, la costruzione del "nemico interno" da parte dei successivi governi ha perso. Una nuova architettura politica in permanente riadattamento che chiede una revisione completa della gerarchia delle cause e delle conseguenze, che tiene conto dell'integralità dell'esistente, si è imposta. Il movimento di NDDL ha accettato la sfida rispondendo alle domande essenziali che pone il tempo presente: dal censimento delle specie minacciate e il disequilibrio nel rapporto di forza tra cemento e mondo animale e vegetale allo studio dell'uso diversificato del terreno. La natura nella Zad non è uno spazio neutro che gli amministratori eletti possono decidere di modificare a loro piacere e interesse, ricostituendo la biodiversità a qualche chilometro di distanza per "compensare”; non è neanche elemento esterno da difendere ideologicamente, come dice bene lo slogan della Zad: «Non difendiamo la natura, siamo la natura che si difende».

MANI SULLA BRETAGNA

L'altra parte vincente è senz'altro il gruppo privato Vinci, la multinazionale degli appalti per le grandi opere, gigante francese della cementificazione nazionale e internazionale che grazie all'abbandono del progetto in cui oltre alla costruzione aveva anche la gestione dell'aeroporto, negozierà il bottino dell'indennizzo con la prospettiva di aumentare il capitale ed uscire forte dall' interminabile conflitto. 

L'articolo 81 del contratto di concessione firmato nel 2010 tra lo Stato francese e Vinci prevede che in caso di modificazione o recesso per "motivi di interesse generale" il concessionario sia indennizzato per il mancato guadagno previsto fino al 2065. Difficile stabilire l’ammontare della somma. Secondo il Rapporto governativo dei mediatori presentato il 13 dicembre scorso la somma resta indefinita, ma Vinci, abituati ed esperti in questo genere di concessioni, avrà blindato il contratto e questo peserà strategicamente nella vasta redistribuzione di appalti in corso e previsti. Interessi economici e giochi politici sono e saranno interconnessi, sono un terreno di predilezione per il mercato delle grandi opere in cui Vinci rappresenta l'eccellenza: più flessibilità sull'indennizzo per NDDL al fine di ottenere in cambio la grande fetta di torta delle quote pubbliche maggioritarie, come per la società Aéroports de Paris che gestisce Orly e Roissy, messe in vendita dallo Stato. Senza contare l'annuncio della modernizzazione dell'attuale aeroporto regionale di Nantes per la quale Vinci, gestore del tutto, riceverà un vero e proprio tesoro di guerra nel momento in cui i lavori iniziassero. Coincidenza?

Da qualche decina di anni, Vinci, tramite la sua filiale Ago, incassa benefici e investe a proprio conto somme a nove cifre di denaro pubblico nella regione: cantieri, trasporti e gestione dei servizi. I fondi versati dai Comuni e dallo Stato per la costruzione dell'aeroporto devono essere rimborsati, ma lo Stato stesso non risponde alle richieste delle collettività locali permettendo quindi al gruppo privato di far fruttificare una grossa rendita mentre gli investimenti pubblici vengono rigorosamente tagliati o eliminati. Lo stesso sistema viene applicato in dodici piatteforme aeroportuali francesi, tra le quali Lione. Con 36 aeroporti in 7 paesi Vinci ha guadagnato 1,2 miliardi in un anno, NDDL è quindi stato solo un trampolino per rilanciare gli affari con altri aeroporti regionali come Rennes. Ai benefici aeroportuali si aggiungono 1,5 miliardi dalla gestione delle autostrade.

Parallelamente all'incremento del debito pubblico da sanare, nella piena espansione del mercato privatizzato degli appalti pubblici, vediamo la gran parte della rete di trasporti francesi nelle mani di Vinci, un gruppo privato che controlla quasi totalmente i servizi territoriali. Questa è la grande questione politica che pongono la lotta e la sperimentazione sociale della Zad a Notre-Dame-des-Landes.