Nessuno salverà la capitale dello stato islamico

13 / 11 / 2015

Dopo Kobane, Tal-Abyad, Hassakeh, e notizia degli ultimi giorni, Sinjar le forze curde dello Ypg/Ypj e della recente coalizione Syrian Democratic Force hanno nel mirino la capitale “de-facto” dello Stato Islamico, Raqqa. L'incessante avanzata sul campo è supportata dai raid della Coalizione anti-IS a guida Usa che grazie alle capacità dei curdi sul campo non deve far intervenire i propri militari sul campo, se non sotto forma di squadre di corpi speciali. Sono mesi che la coalizione Usa-Ypg sta preparando quest'operazione e sembra sempre più che l'obiettivo finale si sempre più vicino.

Non è un segreto che Washington voglia che Raqqa, la città proclamata "capitale" dallo Stato islamico in Siria, cada il più presto possibile, infatti il presidente Barack Obama ha già annunciato che implementerà le forze speciali all'interno delle regioni siriane controllate dai curdi. Gli Stati Uniti hanno recentemente consegnato circa 50 tonnellate di munizioni ai gruppi ribelli in Siria, tra i quali lo YPG che ne ha raccolto la maggior parte. Nel mentre, alcuni aerei da guerra alleati, occasionalmente anche russi, colpiscono la città dal cielo.

"Presto annunceremo l'ora zero dell'inizio della battaglia per la liberazione dall'oppressione e dalla persecuzione", ha affermato il leader di un gruppo ribelle sostenuto dagli Stati Uniti.

Ma la coalizione probabilmente si imbatterà in due grossi problemi se non anticiperanno un piano riguardo a quello che accadrà il giorno dopo la caduta della città. Prendere una città – soprattutto quando è stata governata per un certo periodo di tempo da un gruppo terroristico – significa affacciarsi a qualsiasi tipo di possibilità, tra le quali il caos generale, una crisi umanitaria e un brutale regolamento di conti da parte di chi la libererà. Prima però si aspettano una battaglia lunga, sanguinosa e pericolosa. Potrebbe essere richiesto un dispiegamento di forze di terra significativo per liberare questa città di 200.000 persone ed espellere i combattenti dello Stato islamico, che sono pesantemente armati e ben equipaggiati. Se si considera la devastazione provocata nella città di Kobane al confine turco/siriano, è stato necessario combattere casa per casa al fine di evitare che l’IS ne prendesse il controllo. A Tikrit, Ramadi e altre città irachene, i militanti sono stati disposti a utilizzare dei tranelli, come mine e trappole esplosive, pur di ostacolare gli sforzi delle forze di liberazione.

Quindi chi libererà Raqqa?

La risposta non è ancora chiara dato che non sembrano in molti a mostrare interesse nel condurre questa missione: non pare che i curdi abbiano intenzione di occupare una città in gran parte araba e gli USA non invieranno forze armate in quantità così significativa da concludere il lavoro. La Turchia non è decisa a combattere con il suo esercito oltre il confine, soprattutto considerando l’ostilità di Ankara da parte di molti ribelli curdi e, come ultimo, i vari gruppi che compongono l’Esercito Siriano Libero sono troppo deboli per affrontare direttamente lo stato islamico. Inoltre, la coalizione che combatte contro l’IS non è certamente desiderosa di veder marciare nuovamente in città il presidente siriano Bashar al-Assad e i suoi sostenitori iraniani.

Quindi, in realtà, non sembra esserci alcuna forza decisa a compiere questa missione. Ma cosa accadrebbe se l’Isis venisse effettivamente espulso dalla città, magari da gruppi combattenti sostenuti da forze aeree alleate e piccoli reparti speciali statunitensi con la presenza della CIA in loco? A quel punto, forse Washington potrebbe replicare il successo del 2001 in cui riuscì a respingere i talebani fuori da Kabul, ma allo stesso modo la città si ritroverebbe devastata a metà e una volta conclusi i combattimenti, qualsiasi forza di liberazione si confronterebbe subito con dei grossi problemi inerenti alle infrastrutture e ai rifugiati. Ciò porterebbe di conseguenza al secondo grosso enigma, ossia lo sforzo di creare un governo effettivo.

Chi governerebbe Raqqa il giorno dopo la liberazione? Che cosa accadrebbe a tutti gli sfollati in fuga da o per la città? Non è sicuro che questi gruppi politici possano fornire la forza necessaria per tenere a bada lo stato islamico e mantenere l’ordine in città. Per quanto riguarda i gruppi esterni, dai curdi a turchi, potrebbe esserci facilmente un cambio di rotta, dalla liberazione all’occupazione, che replicherebbe a Raqqa le sorti di Baghdad nel 2005. Esiste perfino già la preoccupazione che le forze curde si vendichino delle atrocità commesse dall’Is a Kobane e altrove.

Lo stato islamico potrebbe anche diffondersi in clandestinità e riemergere successivamente attraverso degli attentati che scatenerebbero il caos; in tal occasione si vedrebbero erigere ovunque muri anti esplosione e la vita quotidiana verrebbe difficilmente garantita.Se il Pentagono, la Casa Bianca e l’intelligence, non stanno prendendo in considerazione questi problemi potenziali, giungeranno sistematicamente a un fallimento. Piuttosto che concentrarsi sui bombardamenti o sul conteggio delle vittime, l’amministrazione Usa dovrebbe pensare a come fornire sicurezza, posti di lavoro e servizi igienico-sanitari per i cittadini di Raqqa, senza le quali Washington rischierebbe di ricreare un contesto adatto per il caos. Ancora più allarmante, i cittadini di Raqqa potrebbero iniziare a riconoscere lo stato islamico come una migliore guida civile, com’è già avvenuto in altre regioni della Siria; è palese che questo si rivelerebbe un grosso problema per i prossimi decenni.

Senza una grande forza stabilizzante e un sistema di governo efficace in grado di ripristinare una parvenza di vita normale, la coalizione probabilmente non riuscirà a raggiungere il suo obiettivo di liberare Raqqa o qualsiasi altro territorio occupato a lungo dallo stato islamico.

traduzione di Carlo Geromel

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