Messico - Da La Realidad alla escuelita zapatista

11 / 8 / 2013

All’arrivo in Messico la prima notizia che attira l’attenzione è il dibattito sulla legalizzazione della marijuana in particolare nel distretto della capitale, un dibattito che dura ormai da qualche tempo e non sembra destinato a risolversi. Siamo nel paese in cui la cosiddetta “guerra al narcos” ha fatto negli ultimi sei anni migliaia di morti secondo le statistiche ufficiali e ben di più, un morto all’ora, secondo i dati raccolti dalle organizzazioni che cercano di rompere il silenzio su questo vero e proprio massacro. Dietro la guerra al narcos, combattuta da apparati assolutamente trasversali ad ogni livello istituzionale, fatta in nome degli scontri tra gli interessi economici e di potere del paese e non solo, si nasconde una militarizzazione generale ed in molti casi una repressione generalizzata, giustificata dall’insicurezza complessiva nel paese.

Il Messico è oggi uno degli esempi più devastanti di come la politica proibizionista, con l’ipocrisia del circuito illegale delle droghe, muova  la circolazione di capitali finanziari che creano le proprie regole.

Il nuovo governo Pena Nieto del vecchio Pri è tornato al potere, ma non è certo cambiata né la situazione economica in crisi né il numero dei morti che si susseguono nel paese.

Siamo in Chiapas per partecipare alla prima edizione della “escuelita zapatista”, l’iniziativa lanciata dall’EZLN, ma prima ci dirigiamo a La Realidad dove dal 8 al 10 agosto è festa, così come in tutti i Caracol zapatisti.

E’ il decimo anniversario delle Giunte del Buongovoverno, che hanno iniziato ad operare nel 2003 dando una cornice visibile e stabile al percorso di “autonomia sin permiso”, su cui si basa l’autogoverno zapatista dopo il rifiuto dello stato messicano a riconoscere i diritti indigeni. Dieci anni in cui le cinque Giunte hanno rafforzato nelle rispettive zone, una gestione del vivere sociale disegnata a partire dal presupposto di migliorare la qualità della vita sociale complessiva delle comunità indigene, sotto lo slogan del “mandar obediciendo”, ovvero del comandare obbedendo.

Arriviamo a La Realidad che già sono iniziati i festeggiamenti. Al centro del Caracol, l’area in cui ci sono le strutture collettive della zona, un grande striscione ricorda il subcomandante Pedro, morto nei combattimenti del 1 gennaio del 1994, altri striscioni sono dedicati alla “Escuela zapatista” che inizierà a partire dall’11 agosto, coinvolgendo tutte le comunità. Si susseguono gli interventi dal palco che descrivono minuziosamente le attività svolte dalla Giunta, dai Municipi Autonomi, dai vari settori di intervento, dall’educazione alla sanità, dagli incontri e questioni che sono state affrontate in forma collettiva. Oltre agli interventi c’è posto per la socialità. Tra partite di basket e musica fino all’alba, le giornate dei festeggiamenti offrono l’opportunità a chi viene da comunità anche distanti di stare insieme. Nel Caracol funzionano punti di ristoro, è aperto l’erbolario in cui ci viene mostrato un volume appena editato che raccoglie per condividere tutte le nozioni legate ai trattamenti medici naturali, è appena stata messa in funzione la nuova casa della Giunta del Buongoverno, ci sono tiende comunitarie ben fornite.

Non è tutto facile e semplice anche in queste latitudini: ci sono le tensioni con chi non è zapatista e che viene costantemente ricompensato dai piani d’aiuto del governo, c’è il continuo tentativo più o meno aperto di riprendersi i terreni recuperati al latifondo a partire dall’insurrezione zapatista, c’è la tensione di vivere e contribuire ad una esperienza organizzata e dunque militante fatta di responsabilità e tempo dedicato alle funzioni collettive, ci sono anche le provocazioni continue.

Anni di resistenza non certo facili ma che hanno portato sicuramente ad un miglioramento generale delle condizioni di vita, come nota chi magari non veniva da queste parti da tempo.

Se parli con i più vecchi c’è un certo orgoglio nell’affermare che “aqui estamos y seguimos”, unito alla consapevolezza che c’è ancora molto da fare, ma che non c’è confronto con la situazione che si viveva prima di quel lontano 1994. Nei più giovani, ragazze e ragazzi c’è la determinazione di aver scelto un percorso collettivo.

Dopo un’immancabile acquazzone, che segue il discorso di chiusura dei festeggiamenti, accompagnato dall’immancabile inno messicano seguito dall’inno zapatista, in piena notte riprende la musica fino all’alba quando gli zapatisti montano sui camion che ripartono per raggiungere le varie comunità ed apprestarsi a ricevere chi parteciperà alla escuelita zapatista.

L’iniziativa lanciata alcuni mesi fa dall’Ezln porterà diverse centinaia di persone a vivere direttamente ospitate in famiglie indigene dell’organizazione. Sarà una strana scuola in cui, dalle premesse raccontate dal subcomandante Marcos, gli zapatisti socializzeranno la loro esperienza di libertà, questa volta facendolo direttamente, mostrando forse l’aspetto meno conosciuto dello zapatismo e cioè il protagonismo di tante e tanti indigeni di questo pezzettino di mondo del sud est messicano.

Ripartiamo dalla Realidad per raggiungere San Cristobal dove a partire da oggi sarà possibile presso il Cideci iniziare la registrazione alla Scuola e scoprire dove si verrà ospitati.

Riprendendo la strada, quasi tutta asfaltata che si inoltra nella Selva, ripassiamo per Guadalupe Tepeyac, ormai un villaggio ben strutturato e totalmente ricostruito dopo gli anni dell’occupazione militare, San Josè, dove la clinica “De los sin rostros” ospita oggi apparecchiature sanitarie complete, passiamo oltre la postazione della radio che trasmette per tutta la valle … tante storie e tanti luoghi che se guardassimo il pianeta terra da un satellite non sarebbero altro che piccoli puntini, dietro a cui ci sono altrettante storie collettive. Forse, come peraltro si dice in alcuni degli ultimi comunicati, lo zapatismo va visto quanto mai, proprio oggi così, non come un modello riproducibile o da imitare, ma semplicemente come una esperienza che appartiene a questo pezzo di mondo e che qui prova a costruire un altro presente per le popolazioni indigene che vi abitano.

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