Maghreb, rabbia giovane

8 / 1 / 2011

Che succede alle giovani generazioni in Tunisia e Algeria? Tre settimane dopo il tentato suicidio di un giovane venditore ambulante nella regione di Sidi Bouzid, le manifestazioni continuano. All’origine del malessere, la mancanza di lavoro e di prospettive

La rabbia e la protesta dei giovani tunisini ha trovato eco anche a Parigi: il 6 gennaio, 250 manifestanti si sono ritrovati ad esprimere la loro solidarietà agli amici rimasti in Tunisia. Un po' anche in reazione al silenzio imbarazzante di Parigi (la Tunisia è stata colonia francese), preoccupata di conservare un legame speciale con il presidente Bel Ali.


All'origine dei disordini, il tentativo di immolarsi, appiccandosi fuoco, di un giovane venditore ambulante, Mohamed Bouazizi, il 17 dicembre scorso a Sidi Bouzid. Diplomato, Mohamed non aveva trovato un lavoro corrispondente al suo titolo di studio. Il che è vero per tanti, troppi giovani tunisini.


Il 24 dicembre a Menzel Bouziane, durante una delle manifestazioni, veniva ucciso dalle forze dell'ordine un giovane di 18 anni, Mohamed Ammari. Numerosi anche i feriti. I giovani manifestanti tunisini attaccano le sedi comunali, i commissariati di polizia, senza risparmiare le rappresentanze del partito al potere, il Raggruppamento costituzionale democratico (Rcd).


Queste manifestazioni giovanili dicono che esiste in Tunisia un problema serio: quello delle zone rurali abbandonate a sé stesse, sottosviluppate. La Tunisia ha molto investito, negli ultimi decenni, nell'industria tessile e nel turismo. Ma l'agricoltura?


Dall'indipendenza (1956) ad oggi, il paese ha visto raddoppiare la propria popolazione. Il malessere sociale è diffuso: i giovani non vedono futuro davanti a loro. Sono stati 80mila i giovani laureati usciti dalle università tunisine lo scorso anno. Ufficialmente la disoccupazione giovanile è al 20%. Ma c'è da scommettere che sia molto più alta.


Non manca poi l'aspetto politico di queste manifestazioni. Non è normale che Ben Ali, al potere dal 1987, governi il paese censurando pesantemente ogni opposizione e si faccia rieleggere ogni 5 anni con percentuali che sfiorano il 100%! Da questo potere i giovani si sentono esclusi, così come si sentono emarginati dalla vita sociale.


La Tunisia, che le istituzioni internazionali considerano positivamente, è dunque scossa da un'ondata di contestazione sociale che viene dal paese profondo. I giovani contestano un potere che nei loro confronti dice di voler usare la carota, ma finisce inevitabilmente per mostrare il bastone contro coloro, gli studenti, che accusa di offuscare l'immagine del paese.


Anche in Algeria, in particolare nella capitale Algeri, stiamo assistendo a scontri tra giovani e polizia. La causa : l'aumento brusco e senza spiegazioni del prezzo dei prodotti alimentari di base, come olio e zucchero.


Anche qui, come in Tunisia, si è assistito ad un'esplosione della popolazione giovane: dall'indipendenza (1962) ad oggi gli algerini sono cresciuti di tre volte. Mancano le case, col risultato che giovani sono costretti a rimanere a vivere con i genitori. Non si creano posti di lavoro. I giovani sanno che l'Algeria incassa cifre enormi dai prodotti petroliferi (lo scorso anno fino a 150 miliardi di dollari!), ma questa manna non viene condivisa, non va a vantaggio della maggioranza della popolazione, e rimane nelle mani di un'oligarchia che si è impadronita del potere politico ed economico.


Rabbia e frustrazione prima o dopo dovevano scoppiare, come già si è visto in passato. Queste manifestazioni di rabbia e frustrazione da parte dei giovani sorprendono soltanto coloro che vogliono tenere gli occhi chiusi di fronte alla realtà di un Maghreb che sta esplodendo. (E.B.)

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