L'uranio francese del Niger

9 / 3 / 2012

Asse portante del nucleare francese è il Niger, un paese dove i tre quarti della popolazione non beneficia dell'educazione scolastica di base. Le condizioni dello sfruttamento del lavoro e del suolo nigeriano le conosciamo anche grazie al lavoro di denuncia di un'associazione tuareg Aghir in'Man, all'indagine svolta da Sherpa, ONG di giuristi specializzati nella difesa delle popolazioni che subiscono crimini ecologici-ambientali e alle analisi della Criirad, commissione di ricerca e d'informazione indipendente sulla radioattività: pompaggio smisurato delle risorse di acqua in una regione desertica, distribuzione di acqua potabile contaminata dall'uranio alle popolazioni che vivono e lavorano nelle miniere, milioni di tonnellate di residui radioattivi dell'estrazione abbandonati in natura, oppure utilizzati per costruire strade e immobili, milioni di persone esposte all'inquinamento causato dalle esalazioni cancerogene di radon... Ecco il modello promosso da Areva e dallo stato francese fuori dal territorio nazionale.  

Sarkozy, primo capo di stato a visitare il Giappone dopo Fukushima,  non aveva perduto l'occasione di rassicurare i compatrioti: "Per la Francia, il nucleare civile è alla base della sua indipendenza energetica." Il bisogno energetico valutato da EDF (azienda che fornisce l'elettricità in Francia, ndr.) corrisponde alla produzione programmata da Areva la quale dal 2004 investe massicciamente nell'estrazione mineraria, i 58 reattori francesi dipendono, oggi, totalmente dalle estrazioni di uranio all'estero.

All'inizio degli anni 60, la Francia ha iniziato a scandagliare i terreni delle colonie nell'intento di esternalizzare la produzione più inquinante. Dopo aver sfruttato il sottosuolo del Gabon per quasi quarant'anni, fino al 1999, Areva oggi estrae l'uranio "francese" in Niger, in Kazakhstan, in Canada, prossimamente in Namibia, nella Repubblica centroafricana e in Sud Africa, e in prospettiva guarda la Mongolia, la Giordania e la Repubblica democratica del Congo. Areva è diventato il secondo produttore mondiale di uranio ma la concorrenza è spietata, soprattutto nei paesi che per sottrarsi alla tutela francese distribuiscono permessi di esplorazione mineraria e petrolifera ad imprese australiane, britanniche,  canadesi, sudafricane, indiane e soprattutto cinesi che hanno bisogno di uranio per i loro 27 reattori in cantiere. In cambio, per esempio il Niger, chiede la costruzione di raffinerie e infrastrutture come il nuovo ponte di Niamey.

Il rapimento eseguito da Acmi (Al-Qaida del Maghreb islamico), nel settembre 2010, dei sette impiegati in subappalto di Areva in Niger, diretta conseguenza dell'intervento della Francia in Afghanistan, rivela la fragilità della protezione politica nel Sahel per la difesa degli interessi francesi.  Ma l'indipendenza energetica della Francia finora non ha avuto prezzo.

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