L’uccisione di George Floyd a Minneapolis porta a galla i fallimenti della riforma della polizia

10 / 6 / 2020

La traduzione – nella versione italiana di Anna Viero e Ilaria Faccin, di un articolo pubblicato sulla webzine The Intercept e firmato da Alice SperiAlleen Brown e Mara Hvistendahl in cui si mettono in luce i fallimenti politici e istituzionali di riformare la polizia. Riforma che, allo stato attuale, non è più una soluzione auspicabile e praticabile: per questo si punta allo smantellamento dell’intero sistema di ordine pubblico.

Sono due i sentimenti che emergono mentre le proteste per l’uccisione da parte della polizia di George Floyd imperversano per la terza sera di fila nella città di Minneapolis, e manifestazioni di solidarietà scoppiano in altre città del paese: il primo è quello che gli Stati Uniti hanno già vissuto una cosa simile, fin troppe volte, l’altro è che la posta in gioco sta iniziando a cambiare.

Nelle cosiddette città gemelle (Minneapolis e Saint Paul), dove l’uccisione per mano dell’ufficiale Derek Chauvin di Floyd rappresenta solo l’ultima di una serie di omicidi perpetrati dalle forze dell’ordine negli ultimi cinque anni, a scendere in strada nel bel mezzo della pandemia di coronavirus sono persone stanche ed esasperate. Anni di cattiva condotta e atti di violenza da parte della polizia locale avevano già portato a molte proteste e a un’ampia discussione intorno a una riforma. Ma la morte di Floyd rappresenta un urgente promemoria del fatto che lì, come in tutti gli Stati Uniti, la riforma della polizia ha fallito, e che è arrivato il momento di puntare a qualcos’altro.

«Si parla tanto di training, ma questo training lo stanno effettivamente frequentando, e soprattutto sistematizzando?» ha affermato Moriah Stephens, insegnante di pedagogia speciale in piedi accanto a un cavalcavia autostradale di St. Louis Park, il sobborgo dove abitava Floyd, mentre saluta un auto che passando strombazza in segno di supporto. «Potrei dirtelo cinquanta volte che “my life matters – la mia vita conta” e che vorrei che tu ti pronunciassi in favore di questo concetto, e tu potresti anche ascoltarmi ripeterlo cinquanta volte, ma poi lo farai davvero?»

«Sono stanca di essere arrabbiata, e sono stanca di essere stanca, e sono stanca di veder spuntare fuori nuovi hashtag.» ha aggiunto, facendo riferimento alla recente ondata di nuove uccisioni per mano delle forze armate a di altri incidenti di matrice razzista che hanno interessato l’intero paese. «Sono fortunata di essere viva. Posso stare qui, posso urlare. C’è una parte di me che pensa che dovrei approfittare di quello che ho: ho la vita e devo sfruttarla, ma sono stanca anche di questo.»

Stepehens, unitasi alle proteste per l’uccisione da parte di un poliziotto di Philando Castile nel 2016 in un sobborgo di Minneapolis, racconta che il padre si sta attualmente sottoponendo a chemioterapia. Era riluttante a uscire nel mezzo di un’epidemia di Covid-19 che in Minnesota aveva già ucciso quasi 1000 persone, e come molti atri protestanti porta una mascherina e si tiene a distanza dagli altri. «Non dovrei stare in mezzo alla gente. Eppure eccomi qui.»

Nel quartiere di Floyd le scritte sui cartelli della gente ricordano le proteste in seguito alle ultime uccisioni per mano della polizia, ma allo stesso tempo portano alla luce nuove richieste. Si legge “I can’t breathe – Non respiro”, le ultime parole pronunciate da George Floyd mentre Chauvin, da ormai sette minuti, gli premeva il ginocchio sul collo, ma sono anche le ultime di Eric Garner, ucciso sei anni fa da un ufficiale di New York. Parole che innescano un movimento contro la violenza della polizia del quale la morte di Floyd rappresenta solo l’ultimo tassello. Dopo la morte di Garner, come anche dopo quella di Michael Brown avvenuta lo stesso anno a Ferguson, Missouri, e quella di moltissime altre donne e uomini di colore uccise e uccisi da allora dalle forze dell’ordine, i protestanti chiedevano che gli ufficiali venissero ritenuti responsabili. Ma durante le proteste di giovedì sono emerse nuove richieste, come “Fund Community Not Police – Finanziate la comunità, non la polizia”, richieste che si inseriscono nel contesto di un movimento più recente e in crescita, che non lotta tanto per una riforma della polizia e una presa di responsabilità, ma piuttosto per un’abolizione, togliendo fondi ai dipartimenti della polizia. 

«Alla luce dell’omicidio di George Floyd da parte dell’ufficiale MPD Derek Chauvin e dell’inasprirsi della violenza del dipartimento di polizia di Minneapolis nei confronti della comunità nera in lutto, la nostra città ha un assoluto bisogno di una guida politica lungimirante» ha scritto il gruppo Reclaim the Block in una dichiarazione per richiedere al consiglio comunale di tagliare i fondi al dipartimento di polizia. «Adesso è tempo di investire in un futuro sicuro e libero per la nostra città. Non possiamo permetterci di continuare a finanziare gli attacchi dei poliziotti alla gente di colore.»

Ci sono stati dei segnali che dimostrano che alcuni politici locali la pensano allo stesso modo. Incalzata dagli studenti la University of Minnesota ha annunciato questa settimana che avrebbe ridimensionato il suo contratto con il dipartimento di polizia di Minneapolis: si tratta della prima istituzione pubblica ad essersi allontana dalla polizia dopo l’uccisione di George Floyd. Venerdì pomeriggio i membri del consiglio delle scuole pubbliche di Minneapolis hanno deciso di bloccare il contratto della scuola con il dipartimento di polizia della città. Mentre i protestanti chiedevano direttamente una riduzione del ruolo della polizia.

«Il sistema non è marcio. Sta facendo esattamente ciò per cui è stato ideato, e la gente dovrebbe rendersene conto» afferma Imani Jackson, cresciuto a St. Louis Park. «Dobbiamo crearne uno di completamente nuovo.»

La riforma non è la risposta

Nelle ore immediatamente successive alla morte di Floyd è diventato chiaro come le discussioni a livello nazionale intorno alla violenza della polizia, messe in moto dalle uccisioni di Brown e Garner nel 2014, avessero finalmente iniziato a cambiare. Chauvin, come anche i tre ufficiali che sono rimasti fermi senza intervenire mentre Floyd veniva ucciso, sono stati immediatamente licenziati. Il commissario di polizia di Minneapolis Medaria Arradondo, che prese il comando del dipartimento tre anni fa occupandosi delle reazioni in seguito a un’altra uccisione della polizia, ha chiesto un intervento dell’FBI. Il sindaco Jacob Frey ha richiesto che gli ufficiali venissero accusati. Venerdì Chauvin è stato arrestato e accusato di omicidio di terzo grado e di manslaughter (omicidio colposo, secondo il codice penale statunitense): accuse che indicano però che l’ufficiale non aveva nessuna intenzione di uccidere un uomo e che hanno quindi lasciato alcuni protestanti delusi.

«La gente non ci sta più.» ha affermato Sam Martinez, un organizzatore della Twin Cities Coalition for Justice 4 Jamar, organizzazione nata dopo l’uccisione di Jamar Clark da parte della polizia di Minneapolis nel 2015. «E il sistema lo sa.»

Anche un certo numero di forze dell’ordine e di sceriffi in tutto il paese hanno prontamente denunciato le azioni dell’ufficiale di Minneapolis: una critica pubblica anche solo impensabile un paio di anni fa.

A New York City, dove l’uccisione di Floyd riporta alla luce quella di Eric Garner, e dove la scorsa notte almeno 72 persone sono state arrestate durante una manifestazione di solidarietà, il commissario di polizia Dermot Shea e il sindaco Bill de Blasio hanno condannato la morte dell’uomo afroamericano tramite Twitter. “Quello che è successo in Minnesota è molto preoccupante. É sbagliato.” Ha scritto Shea. “É inaccettabile DAPPERTUTTO.”. “Sono sconvolto” ha twittato invece de Blasio. “George Floyd è stato ucciso in piena luce del giorno e il suo assassino è un agente di polizia.”

I commenti di de Blasio e Shea sono in netto contrasto con la loro difesa di Daniel Pantaleo, il poliziotto che uccise Garner. Pantaleo è stato licenziato l’estate scorsa, cinque anni dopo l’uccisione di Garner.

«Gli sono serviti cinque anni per fare qualcosa nel caso di Eric Garner e adesso vuole una risposta immediata in Minneapolis» ha affermato Alex Vitale, che gestisce un progetto di polizia e giustizia sociale – Policing and Social Justice Project – al Brooklyn College, facendo eco alle tante critiche dirette alla dichiarazione di de Blasio.

Perfino il National Fraternal Order of Police, il più grande sindacato di polizia del paese e in passato un fedele sostenitore degli ufficiali coinvolti nella morte di persone disarmate, ha rilasciato una dichiarazione che critica le azioni degli ufficiali di Minneapolis. «Basandoci sul video dell’incidente girato da una passante, osserviamo un uomo sofferente che invoca aiuto». Queste parole sono state presto seguite da molte sezioni locali del sindacato. «Non c’è alcun dubbio che questo incidente abbia diminuito la fiducia e il rispetto delle nostre comunità nei confronti delle donne e degli uomini delle forze dell’ordine.»

Ma alcuni critici hanno avvertito che le condanne pubbliche, comprese quelle delle forze dell’ordine, erano più un espediente politico che altro. «Penso sia conveniente da un punto di vista politico per tutti loro.» ha affermato Kandace Montgomery, direttore del Black Vision Collective, un gruppo di giustizia razziale del Minnesota associato a Reclaim the Block e Movement for Black Lives. «Finché non propongono davvero delle soluzioni e delle politiche reali che affrontino la violenza intrinseca dei dipartimenti di polizia, sono solo chiacchiere.»

«É tutto bello e buono, ma non significa niente per me, finché non iniziano sul serio a cambiare concretamente il loro modo di agire all’interno dei dipartimenti di polizia.» gli ha fatto eco Neill Franklin, un capo della polizia in pensione e direttore generale del Law Enforcement Action Partnership. Franklin fa riferimento alla lunga lista di lamentele di abusi e di forza eccessiva presentate contro gli ufficiali responsabili della morte di Floyd, e del fatto che i rapporti di cattiva condotta della polizia siano tenuti nascosti al pubblico, a livello nazionale, essenzialmente a causa dei contratti sindacali che proteggono i poliziotti a prescindere dalla loro condotta.

«Ci sono commissari di polizia che stanno dando voce al loro disgusto nei confronti di quanto è successo a Minneapolis. Beh, allora perché non fate qualcosa per rendere pubblici quei registri personali?» ha affermato Franklin. «Se in quanto commissario di polizia sei preoccupato per quello che sta accadendo, non solo a Floyd, ma a tutti gli altri, caso dopo caso, allora trasforma i contratti sindacali. Bisogna cambiare quelle leggi per poter così agire tempestivamente.»

Ma nel richiedere una maggiore trasparenza – compreso un database nazionale che tracci tutti gli ufficiali licenziati per cattiva condotta, in modo tale che non si spostino semplicemente da un dipartimento all’altro – Franklin ammette che gli sforzi per riformare la polizia siano stati finora assolutamente inefficaci.

«La riforma non è la chiave, ci stiamo provando da decenni e come si può vedere, semplicemente non stiamo andando da nessuna parte» ha detto. «Abbiamo bisogno di un nuovo modello di polizia negli Stati Uniti. Bisogna smantellarla completamente e ricostruirla, non cambiare una regoletta qua e là.»

«Stiamo ancora lavorando con un modello di polizia che è nato dalla schiavitù e dalla supremazia bianca in questo paese» ha aggiunto. «Ecco perché la riforma non funzionerà ed ecco perché non abbiamo fatto alcun passo avanti nella questione della razza, come si è potuto osservare con la morte di Floyd.»

Infatti l’immediata condanna dei poliziotti di Minneapolis rappresenta benissimo la profonda crisi che le forze dell’ordine stanno vivendo da anni. Una crisi che è stata solo esacerbata dall’attuale crisi sanitaria ed economica, che ha lasciato le comunità vacillanti e con la sensazione di essere state tradite come mai prima d’ora dai loro governi, tra tutte le istituzioni. 

«La polizia si è resa conto che la sua legittimità di base veniva messa in discussione e che avrebbe fatto meglio a inventarsi qualcosa per uscirne fuori indenne» ha affermato Vitale, scrittore di un libro che ha sia anticipato che informato il crescente movimento nazionale per togliere fondi alla polizia. «Quindi se questo significa gettare un paio di singoli ufficiali sotto un bus, beh sono contenti di farlo.»

La reticenza degli avvocati nell’accusare i poliziotti responsabili dell’uccisione di Floyd rappresenta solo un altro segnale di come le cose non siano cambiate molto. «Ci sono altre prove che non sono a favore di un’accusa penale» ha affermato l’avvocato Mike Freeman, che ha paragonato la morte di Floyd a quella di Freddie Gray, morto in custodia della polizia di Baltimora nel 2015, un raro caso in cui gli ufficiali coinvolti sono stati accusati di omicidio 12 giorni dopo l’incidente. Alla fine quella prosecuzione si è rivelata fallimentare. «É stata una corsa alla condanna, una corsa alla giustizia» ha detto Freeman riguardo al caso di Gray, nonostante il fatto che a differenza della morte di Gray, quella di Floyd è stata chiaramente ripresa da una videocamera.

«Quando è un cittadino medio a essere arrestato e accusato per qualcosa, l’arresto avviene non appena si hanno delle probabili cause per un arresto» ha fatto notare Franklin, il poliziotto in pensione.

In Ferguson, il rifiuto del magistrato di accusare l’ufficiale Darren Wilson nel 2014 aveva portato a settimane di proteste, mentre la giuria passava al setaccio tutte le prove del caso prima di decidere di non lanciare nessuna accusa. A Minneapolis sono serviti tre giorni di proteste prima che Chauvin venisse arrestato e accusato. Alcuni protestanti hanno dato fuoco a svariati edifici, compreso il terzo distretto, dove lavorava Chauvin. Come ha fatto per le proteste scoppiate a Ferguson, in Missouri, la polizia ha risposto alle proteste per la morte di Floyd con gas lacrimogeni e proiettili di gomma, arrivando addirittura a spruzzare gas lacrimogeni da un veicolo in marcia contro una folla apparentemente pacifica. Svariati protestanti, tra cui alcuni giornalisti, sono stati arrestati. Il governatore del Minnestora, Tim Walz, ha mobilitato la National Guard, e dopo l’arresto di Chauvin, Frey ha messo un coprifuoco alle 20 per tutto il weekend. Il presidente Donald Trump, come aveva fatto Barack Obama dopo l’uccisione di Freddie Gray a Baltimora, si è riferito ai protestanti che razziavano i negozi chiamandoli “criminali”, ma a differenza di Obama ha anche chiesto che venissero ammazzati.

Infatti la morte di Michael Brown a Ferguson aveva dato il via a un periodo di riforma della polizia che ha visto i governi locali e federali investire fortemente nei training della polizia, inclusi i pregiudizi razziali, e in tecnologie quali telecamere da corpo, che gli ufficiali avevano promesso avrebbero aumentato l’affidabilità. La morte di Floyd è stata l’ennesima testimonianza del fallimento di quelle riforme.

«Tutto questo sta accadendo dopo cinque anni che ci sentiamo dire: “Non preoccupatevi, stiamo facendo il training”» ha detto Vitale. «Il corso di distensione, il corso anti-pregiudizi, il corso di mindfulness… Perché allora le cose non stanno migliorando?»

Mentre i fallimenti della riforma della polizia si fanno sempre più evidenti, alcuni dipartimenti e alcuni sindacati stanno cominciando ad accogliere richieste di responsabilità individuale per “poliziotti cattivi”, i quali però, continuano ad insistere non essere rappresentativi dell’istituzione nel suo insieme. Ma mentre i protestanti continuano a domandare che singoli poliziotti vengano arrestati e processati, ci si sta rendendo sempre più conto che la cattiva condotta della polizia continuerà, se l’istituzione della polizia continua a esistere allo stadio attuale, non importa quante riforme metteranno in atto i politici.

«Sono disperati. Si stanno rendendo conto che hanno un grave problema di credibilità e che ci sono campagne attive per togliere loro i soldi» Ha affermato Vitale. «L’intero concetto di mettere in carcere i poliziotti assassini per risolvere il problema della polizia è del tutto idealista e scorretto. Anche quando vengono condannati, per quanto raro possa essere, non c’è nessuna evidenza che questo porti a dei cambiamenti nei metodi di agire della polizia.»

Secondo lui e altri, ridurre le dimensioni dei distretti di polizia limitando le loro risorse sarebbe molto più efficace nel ridurre la violenza della polizia rispetto a qualsiasi altro costoso tentativo di migliorare l’istituzione. «Movimenti del tipo “togliamo i fondi e investiamoli da qualche altra parte” fanno molta più paura ai commissari di polizia, ed è per questo che secondo me si stanno facendo in quattro per uscire a testa alta da questa situazione» ha detto Vitale. «Le persone nei movimenti stanno cambiando strategia: non richiedono più telecamere da corpo e una formazione maggiore, ma sono sempre di più dell’idea del “Fanculo tutto, togliamoli i soldi.”»

 

Il discorso è cambiato

Il movimento contro la brutalità delle forze dell'ordine è decollato in Minnesota dopo che la polizia ha ucciso Jamar Clark nel 2015. Il ventiquattrenne nero è stato colpito alla testa da una coppia di poliziotti che ha affermato di aver agito per legittima difesa, una versione che alcuni testimoni hanno contestato. In seguito alla sua morte, i membri della comunità hanno chiuso l'Interstate 94 e hanno occupato il quarto Distretto a North Minneapolis per più di due settimane. Nonostante l'intensa organizzazione di gruppi come la Twin Cities Coalition for Justice 4 Jamar, un'indagine interna del dipartimento di polizia di Minneapolis ha dimostrato come i due poliziotti che uccisero Clark non avessero neppure violato la politica del dipartimento. 

Da allora, i movimenti locali hanno lottato per ottenere giustizia per le famiglie di tutte le vittime della violenza della polizia in Minnesota. Uno di loro è Philando Castile, un automobilista nero di 32 anni fermato dalla polizia di St. Anthony nel sobborgo di Falcon Heights nel 2016, la cui ragazza ha iniziato a trasmettere uno streaming dopo che un poliziotto gli aveva sparato mentre stava cercando il portafoglio. Nel 2017, Justine Ruszczyk, conosciuta anche come Justine Damond, una donna bianca di 40 anni, si stava avvicinando a un'auto della polizia di Minneapolis per denunciare una potenziale aggressione sessuale quando un poliziotto, allarmato, le sparò e la uccise. E nel 2018, le riprese della telecamera da corpo rivelarono l’inseguimento della polizia di Minneapolis di Thurman Blevins, un uomo nero di 31 anni visto in possesso di un’arma, e la sua successiva uccisione. Jeronimo Yanez, il poliziotto che uccise Castile, è stato assolto e i pubblici ministeri hanno rifiutato di presentare accuse contro gli agenti che hanno ucciso Blevins. Mohamed Noor, che uccise Ruszczyk, è stato condannato a 12 anni di prigione - una sentenza che alcuni reputano dovuta al solo fatto che Ruszczyk fosse bianca e Noor nero. Alla sua famiglia è stato assegnato un risarcimento record da 20 milioni di dollari.

 

Dal 2015 almeno una dozzina di disegni di legge per riformare la polizia non sono riusciti ad ottenere progressi significativi della legislatura statale. Gli sforzi più recenti sono iniziati lo scorso luglio, con la nomina di una task force che includeva sia la polizia che gli organizzatori dei movimenti contro la brutalità della polizia. Dopo una serie di audizioni pubbliche, il gruppo ha pubblicato a febbraio un elenco di 28 proposte di riforma, tra cui la creazione di un'unità specializzata presso il Bureau of Criminal Apprehension per indagare su casi letali di uso della forza. Con l'arrivo del Covid-19 le azioni di follow-up richieste dal legislatore statale si sono fermate. 

In seguito alla morte di Michael Brown a Ferguson e di una serie di altri omicidi di alto profilo da parte della polizia, nel 2014 Minneapolis è diventata una delle sei città alla guida della National Initiative for Building Community Trust and Justice, un programma multimilionario che l'amministrazione Obama ha creato in risposta alla richiesta nazionale di responsabilizzazione della polizia. L'iniziativa, ampiamente replicata nei dipartimenti di polizia di tutto il paese, ha promosso un approccio “di comunità” alla polizia in risposta alle critiche sulla cosiddetta politica delle “finestre rotte” e sulla pratica del “ferma e perquisisci” di New York.

«L'idea generale era che se la polizia avesse ricevuto una formazione sui pregiudizi impliciti, quindi maggiori finanziamenti per l'addestramento, e avesse usato la tecnologia per aumentare la responsabilizzazione, e se gli agenti di polizia fossero stati più rispettosi nell’interagire con la comunità, questo avrebbe promosso un’opinione più positiva nei confronti delle forze dell'ordine e una maggiore cooperazione con la polizia» ha  affermato Nancy Heitzeg, professoressa di sociologia presso la St. Catherine University di St. Paul, che ha studiato l'iniziativa.

«Questa era la teoria» ha detto. «E cosa ci dice rispetto ai limiti della riforma il fatto che la città di Minneapolis e il suo dipartimento di polizia potrebbero far parte di un progetto nazionale pluriennale di svariati milioni di dollari per migliorare le relazioni tra la comunità e la polizia, e comunque, dopo tutto, eccoci qui?» 

Dopo anni di investimenti per il miglioramento delle attività di polizia senza risultati visibili, «il discorso è cambiato», ha aggiunto. «C'è molto di più di una consapevolezza pubblica e di una discussione sull'abolizione, su cosa significhi e che aspetto potrebbe avere...Penso che le persone siano state radicalizzate da quanto accaduto a Jamar Clark e Philando Castile. E poi hanno visto le contraddizioni relative al caso di Justine Damond».

Montgomery, direttore del Black Visions Collective, ha affermato che gli organizzatori sono stanchi di chiedere solamente un procedimento giudiziario. «Stiamo superando la discussione sul perseguire la polizia e i singoli poliziotti: questo non cambia le cose. Non impedisce un altro Philando Castile o George Floyd» ha detto Montgomery. «Per me e molti dei miei compagni, la riforma della polizia è irrilevante.»

Alcune richieste sono passate al controllo della comunità. L'organizzatore Sam Martinez ha dichiarato a The Intercept che la Coalition for Justice 4 Jamar vuole una commissione simile a un consiglio comunale o scolastico per la gestione della polizia: controllare il budget, approvare i contratti sindacali e decidere le misure disciplinari. Martinez afferma che la commissione dovrebbe essere sostanzialmente diversa dai precedenti consigli civili di revisione della polizia che le forze dell'ordine hanno per lo più ignorato.

Da parte sua, il sindaco Jacob Frey, che ha criticato la polizia durante la campagna elettorale successiva all'uccisione di Ruszczyk, lo scorso anno ha aumentato il budget della polizia di oltre 8 milioni di dollari, come parte dello sforzo per dislocare più agenti in strada. Ha definito il suo marchio di riforme della polizia come "orientate alla comunità", per le quali un numero maggiore di agenti costruirebbero relazioni più solide con i membri della comunità.

Nel frattempo, il sindacato di polizia locale ha mantenuto un forte potere decisionale sul destino dei tenui sforzi di riforma del sindaco. Quest'estate, Frey ha vietato agli agenti di polizia di partecipare a corsi di formazione in stile bellico che promuovono un mentalità secondo la quale le minacce letali alla polizia sono ovunque. Yanez, l'agente che ha ucciso Castile, aveva partecipato a uno di questi training. In risposta, il capo del sindacato di polizia di Minneapolis Bob Kroll, un grande sostenitore di Trump, ha dichiarato che il sindacato avrebbe offerto l'addestramento gratuito a qualsiasi agente lo desiderasse.

Montgomery sostiene che ridurre i fondi destinati alla polizia sia l'unica via significativa da seguire. «Per troppo tempo abbiamo investito ingenti somme di denaro in un'istituzione che continua a dimostrarsi fallimentare e inadeguata a soddisfare le esigenze di sicurezza della nostra comunità» ha affermato Montgomery. «Tagliare i finanziamenti significa assegnare le abbondanti risorse che possediamo a ciò che ha dimostrato di funzionare» - come l'edilizia popolare, la salute e l'istruzione.

Venerdì mattina, Reclaim the Block ha consegnato una petizione ai membri del consiglio comunale di Minneapolis chiedendo che accettino di non aumentare mai più i fondi alla polizia, di tagliare il budget attuale di 45 milioni di dollari per aiutare a colmare i deficit causati dall'epidemia di Covid-19, di investire in  strategie di salute e sicurezza guidate dalle stesse comunità e di mobilitarsi affinché il dipartimento di polizia smetta con la violenza verso i membri della comunità. I funzionari eletti hanno tempo fino alle 8 di sabato per rispondere. 

«La mia più grande speranza è che il nostro consiglio comunale, il nostro sindaco e la gente di tutto il paese approfittino di questa opportunità per cercare soluzioni che ci tengano effettivamente al sicuro e lontano dalla polizia» ha detto Montgomery. «La mia paura è che ci accontenteremo di qualcosa che sembra giustizia ma che non riuscirà a cambiare il nostro futuro e non ci garantirà che non dovremo rifare tutto di nuovo tra un paio di settimane, mesi o anni.»