L’India e la produzione di vaccini: nazionalismo in dosi?

8 / 12 / 2020

La città di Ambala, nello Stato Federale di Haryana, è piccola e rurale se rapportata alle più grandi città indiane come Nuova Delhi o Mumbai. Nonostante alla fine di novembre questo sia il luogo del primo studio clinico Phase-III del vaccino di produzione indiana COVAXIN, è stato lo stesso ministro della salute dell’Haryana, Anil Vij, ad offrirsi volontariamente come candidato. «Questo è un segnale importante per il pubblico», afferma Sukhpreet Singh, che in qualità di primario e organizzatore dell’evento è inoltre responsabile della strategia Covid ad Ambala. «Stiamo dando prova che tutti possono partecipare agli studi, specialmente al giorno d’oggi. I contagi nel nostro Stato stanno aumentando vertiginosamente ed è quindi fondamentale dimostrare che un vaccino sta arrivando». Sukhpreet Singh sa di cosa parla: alcune settimane fa è stato egli stesso colpito dal Covid, del quale ancora subisce le conseguenze, ma questo non gli impedisce di lavorare.

A prescindere da quale sarà il primo laboratorio ad isolare un vaccino efficace, la maggior parte delle dosi verrà comunque prodotta in India. Ad oggi è infatti possibile affermare che larga parte della popolazione mondiale abbia già ricevuto una vaccinazione proveniente da uno dei tanti stabilimenti indiani. Médecins Sans Frontières definisce il paese la "farmacia del mondo": proprio qui viene prodotto il 70% di tutti i vaccini distribuiti a livello globale. Nel caso dei farmaci generici, cioè tutti quei farmaci che possono essere prodotti in mancanza di brevetto, la proporzione si attesta addirittura al 90%. Attualmente, i candidati-vaccino COVID più promettenti sono COVAXIN, COVIDSHIELD - titoli forti conferiti da un Paese che vuole imporsi come autorevole protagonista nel campo della lotta alle pandemie. Il Serum Institute of India (SII) è il principale produttore mondiale, contando 1,5 miliardi di dosi di vaccinazioni annuali. Dall'11 novembre sono in corso anche gli studi clinici Phase-III per il vaccino COVIDSHIELD. Il SII ha firmato un accordo con la società britannica AstraZeneca che sta sviluppando, insieme ai ricercatori dell'Università di Oxford, il COVAXIN di BharatBiotech – derivante invece dalla ricerca domestica indiana. Il governo ha fortemente sostenuto questa ricerca instaurando una partnership pubblico-privata tra l’Indian Council of Medical Research (ICMR), un’istituzione statale, e l’azienda privata produttrice. La posizione di vantaggio dell'India nella produzione di medicinali ha consentito al Paese di concludere diversi contratti con laboratori internazionali al fine di acquisire direttamente i candidati-vaccino COVID di maggiore successo. Non a caso, il vaccino russo SputnikV è stato testato clinicamente in India all'inizio di novembre. 

Questo non significa che tutti in India potranno accedervi facilmente. Secondo la rivista scientifica Nature, il costo del vaccino COVIDSHIELD si attesterà sulle 225 rupie, l’equivalente di circa 2,50€, mentre il prezzo del COVAXIN partirà da 1000 rupie (circa 11,40€). Finora, nessun vaccino distribuito nel Paese ha mai raggiunto tali cifre, rendendolo di fatto inaccessibile alla maggior parte della popolazione locale. Dal 20 novembre è in atto un piano nazionale di vaccinazione, presentato dal primo ministro Narendra Modi, il quale metterà a disposizione di personale medico e pazienti le prime dosi e solo successivamente di tutti gli altri soggetti privati. Ciononostante, anche le promesse elettorali dovranno essere mantenute. Nello Stato-chiave del Bihar, le elezioni si sono svolte nelle ultime settimane. Il partito attualmente al governo BJP (Bharatiya Janata Party) ha promesso vaccinazioni gratuite per ogni voto espresso in suo favore. Simili promesse sono state fatte in vista delle prossime elezioni nelle regioni del Bengala occidentale e del Kashmir. 

Tutto questo fa parte di una più ampia campagna che porta il nome poetico di Atmanirbhar Bharat, traducibile come “autonomia economica”, ma che rivela molto altro: contiene infatti la visione nazionalista di superiorità indù fortemente promossa dal primo ministro Narendra Modi. L’annuncio della campagna è stato accompagnato dalla lettura delle scritture vedi che piuttosto che da misure economiche concrete. Modi l’ha presentata a seguito degli scontri di confine con la Cina, prima rivale dell'India. I due Paesi lottano da tempo per la supremazia politica ed economica nella regione. La moderna tecnologia farmaceutica come parte di una campagna di marketing: un nazionalismo in dosi. 

Anche se l’India riuscisse ad ottenerlo, questo non sarebbe affatto un segnale di una distribuzione equa o addirittura un superamento della "segregazione vaccinale", come ha affermato l'economista Jayati Ghosh. Sarà molto più difficile per altri Paesi del Global South accedere alle già limitate quantità disponibili. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha quindi fondato un pool di vaccini congiunto, denominato COVAX, nel quale collaborano paesi membri all’OMS e donatori privati. Questo accordo è già considerato un successo, dal momento che i paesi più poveri potranno ricevere sovvenzioni. Ad ottobre, durante una call con la Sottosegretaria Generale dell’ONU, la Vice Ministra degli Esteri Emanuela Del Re ha promosso tale iniziativa, supportandola. Tuttavia, la distribuzione dei farmaci COVAX avverrà su base caritatevole: i Paesi riceventi dovranno infatti fornire prove di un effettivo e reale bisogno. Ciò significa che sarà per loro necessario dichiarare l’esatto quantitativo di personale infermieristico e di pazienti ad alto rischio.

La Vice Presidente del think-tank Global Health Strategies a Nuova Delhi, Anjali Nayyar, considera questi sviluppi come positivi. Lei conosce da decenni le sfide del mercato farmaceutico globale, essendo stata parte dell'International AIDS Vaccination Initiative (IAVI) - una delle prime reti ad opporsi attivamente all'applicazione dei brevetti e a promuovere il libero accesso a farmaci essenziali nei paesi in via di sviluppo. La crisi attuale diventerebbe quindi un'opportunità per cambiare la mentalità riguardo l'assistenza sanitaria: «Potremo trarre enormi vantaggi da una conoscenza globale, dalle esperienze e dalle soluzioni, se saremo pronti a rendere i risultati disponibili a tutti. Credo che il mondo debba riunirsi e aderire a principi equi per superare questa pandemia», afferma Nayyar. 

A livello dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), diversi Paesi in via di sviluppo, guidati da India e Sud Africa, hanno recentemente presentato una petizione in favore di un accesso libero e privo di brevetto ai vaccini COVID. Ma i brevetti sono solo uno dei molti ostacoli di un mercato dalle già scarse risorse. In altre parole, è nell'interesse dell'India produrre il maggior numero possibile di farmaci non brevettati. A quali condizioni vengono poi rivenduti ad altri Paesi è un'altra questione. Sembra persino che l'India stia cercando di espandere la sua supremazia nell'Asia meridionale sfruttando la posizione quasi monopolistica nel mercato farmaceutico. Il Bangladesh ha già firmato un accordo con il suo grande vicino, un segnale molto importante contro il concorrente cinese Sinovac, produttore del vaccino CoroVac. Altri simili contratti sono già in corso con Myanmar, Bhutan, ma anche Qatar, Svizzera, Austria e Corea del Sud. 

Ad Ambala, Sukhpreet Singh si sta preparando perché c'è ancora molto da fare: lo straordinario come routine è tutt'altro che finito. Poco prima della pubblicazione di questo articolo, un messaggio arriva da Sukhpreet: Anil Vij è stato contagiato dal Covid. Nella stampa indiana circolano già molte speculazioni su come ciò sia potuto accadere, se gli sia stato somministrato un placebo o se sia invece semplicemente ancora troppo presto perché la protezione abbia effetto, considerato che una seconda iniezione di vaccino deve essere effettuata dopo 28 giorni. In ogni caso, questa notizia di certo non aumenterà la fiducia dei Paesi in via di sviluppo nei confronti dei vaccini prodotti in India. Sukhpreet Singh avverte: le vaccinazioni potrebbero essere solo un primo passo nella lotta contro questa malattia. «La strategia più sicura è isolare il virus dal suo ospite, ovvero indossare la mascherina, usare regolarmente disinfettanti e mantenere le distanze. Il virus non se ne andrà così presto».

* Questo articolo è stato originariamente scritto in tedesco, si ringrazia per la co-traduzione dell'articolo, insieme a all'autrice Catharina Charlotte Haensel, Enrico Chinellato.