Libia, Palestina e Siria: conflitti e migrazioni

Un focus su tre questioni simbolo nel panorama internazionale

19 / 4 / 2014

Al Forum Sociale hanno partecipato anche alcuni rappresentanti di associazioni libiche che hanno raccontato il contesto socio politico del loro paese. Oggi in Libia non c'è un governo centrale, tutte le parti che formano il governo hanno la propria forza armata, questo significa che non c'è nessun interesse a proteggere i confini e a controllare e regolamentare l'immigrazione. 

La Libia è un Paese aperto, senza frontiere, non c'è nessuna protezione dei confini, quindi moltissime persone, provenienti dall'Africa e dell'Asia, e che vogliono raggiungere l'Europa, entrano in Libia.  Non c'è esercito, nè Stato centrale, nè governo e pertanto la Libia ha bisogno di aiuto nella definizione di sè in quanto Stato. Ogni giorno che passa la situazione del Paese e dei suoi abitanti peggiora. A causa della mancanza di governo e protezione la gente sta affrontando continuamente nuovi problemi: vi è una massiccia presenza di milizie di al-Qaida e di altre forze che concorrono a minare la sicurezza del popolo libico. Vi è una totale assenza di mezzi che possano garantire la sicurezza dei cittadini e a questi non resta che cercare di proteggersi da soli. Anche i giovani hanno raccontato la loro esperienza: Akram al-Jadeed è uno studente di medicina in Libia, a Bengasi. Partecipa al Forum Sociale del Maghreb, inviato dall'Unesco, per denunciare la situazione in cui versa il suo Paese in seguito alla rivoluzione e alla caduta del regime di Gheddafi. Akram racconta di aver inizialmente appoggiato e partecipato alla rivoluzione, ma di esserne poi rimasto deluso, in quanto questa è stata fatta propria dalle milizie islamiche, dai diversi rami di al-Qaida che oggi sono presenti e fortemente attivi sul territorio. Mujaheddin di ogni Paese, principalmente Afghanistan, si trovano oggi in Libia, dove si assemblano e si organizzano approfittando del caos in cui versa il Paese e attraverso rapimenti e atti terroristici perseguono i propri interessi. A causa della mancanza di istituzioni centrali, di uno Stato e di un esercito, i confini libici non sono protetti e la Libia è diventata terreno di passaggio per coloro che cercano di raggiungere l'Europa; l'immigrazione non è però assolutamente regolamentata e i migranti sono vittime dei peggiori soprusi in questi territori. Akram racconta inoltre di come la mancanza di mezzi che garantiscano la sicurezza dei cittadini abbia costretto la gente a cercare di proteggersi attraverso la costituzione di clan, che hanno tuttavia ulteriormente frammentato la popolazione. La situazione, ai suoi occhi, peggiora ogni giorno, ma Akram si augura che la Libia possa al più presto diventare un Paese libero, con transizioni regolari e istituzioni che garantiscano i diritti dei propri cittadini. Spera inoltre che tutti coloro che sono stati costretti a lasciare il Paese, possano farci ritorno, e coloro che sono arrivati, ci possano vivere in pace.Anche la Palestina vive una dura situazione di conflitto: Youssef Habbash, portavoce dell'Health Workers Committee racconta brevemente il processo costituente delle nuove realtà della sinistra palestinese, all'interno della quale sta nascendo una  nuova rete composta da più di 400 giovani attivisti che a gerusalemme lottano contro l'occupazione israeliana. Youssef ricorda anche che recentemente è stato inaugurato un asilo a Gaza intitolato a Vittorio Arrigoni. Infine afferma con forza la necessità di trovare una soluzione politica alla situazione dei rifugiati palestinesi e siriani.

Salah Salah del Social Communication Center (Ajial) ha iniziato la sua intervista parlando del regime siriano, il quale è caratterizzato dalla corruzione e dalla mancanza di democrazia, situazione che si avvicina molto alla realtà tunisina e a quella egiziana.

La situazione siriana precipita quando le forze estremiste, supportate da altre nazioni quali i paesi europei e gli storici regimi arabi (Arabia Saudita, Qatar...), cominciarono a contrastare in maniera forte gli oppositori. Questo particolare contesto ha portato all' impossibilità di  affermare ideali di democrazia, di uguaglianza e di equità. Salah sottolineando la sua contrarietà al regime siriano, afferma di non condividere nemmeno le strategie politiche degli oppositori in quanto sostiene possano essere peggiori di quelle attualmente adottate.

Salah Salah parlando poi della condizione dei palestinesi spiega che questi hanno inizialmente dichiarato la loro neutralità nei confronti della Siria. Dopo 8/9 mesi la situazione è mutata, vedendo la Palestina  combattere il regime attraverso gli stessi campi profughi, portando così questi campi nel mezzo della guerra causando ulteriori rifugiati. Adesso più di 150.000 palestinesi hanno lasciato i campi: alcuni per andare in guerra, altri per cercare protezione in Libano, in Giordania, in Turchia e verso paesi europei. Questi palestnesi stanno vivendo in una situazione veramente drammatica. Salah porta  l'esempio pratico del Libano dove i palestinesi non si vedono riconosciuto alcun  diritto: gli viene infatti negato il diritto al lavoro e il diritto ad acquistare una casa. Riguardo ai campi profughi  esistono situazioni abbastanza drammatiche, molti di questi infatti non sono abbastanza grandi per ospitare tutti i rifugiati. Tutto questo porta molti palestinesi a vivere in una condizione di completa illegalità, costretti infatti a dover fuggire di villaggio in villaggio.

"Sulle rotte dell'Euromediterraneo" in Tunisia, Turchia e Libano organizzate da:
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Salah Salah - la situazione siriana

Youssef Habbache - Palestina

Akram Al Jadeed - Una testimonianza dalla Libia