#Lesvoscalling - Rimettiamoci in cammino: dalle isole confino del Mar Egeo alla Balkan route

Una campagna solidale per la libertà di movimento

10 / 12 / 2019

Dopo il viaggio conoscitivo a Lesvos per documentare e raccontare la drammatica situazione sull’isola hotspot greca e conoscere le/gli attivisti e i volontari che si adoperano a sostegno delle persone migranti, è iniziata una campagna solidale lungo la rotta balcanica e le "isole confino" del mar Egeo. La campagna è promossa da associazioni, centri sociali, scuole d’italiano, che dal 3 all’8 gennaio saranno nuovamente sull’isola. Per informazioni e adesioni: [email protected] . A questo link il progetto "Kit igienico per donne nel campo di Moria a Lesbo" che vi invitiamo a sostenere con una donazione.

Circa 50.000 persone dall’inizio dell’anno sono riuscite a raggiungere Lesvos, Samos e le isole del Dodecaneso, un flusso migratorio, quello del Mar Egeo, che non si è mai del tutto arrestato e che, anche a causa della guerra di Erdogan in Rojava, si è reintensificato negli ultimi mesi. La quasi totalità dei e delle migranti si trova stipata nei cosiddetti “hotspot” e in centri di prima accoglienza in condizioni ignobili, di vera emergenza umanitaria, "comparabile a quello che si vede in zone di guerra o colpite da catastrofi naturali", ha dichiarato anche Cristos Christiu, presidente internazionale di Medici Senza Frontiere (Msf).

L’Unione Europea, si è prodigata di tenere i profughi alla larga dal vecchio continente affidandosi ad Erdogan, con il quale nel marzo 2016 è stato siglato un accordo infame da 6 miliardi di euro che comporta il subappalto della gestione di tutte le persone migranti provenienti da Oriente, il rafforzamento della militarizzazione dei confini con il Medio Oriente e la Grecia, il pattugliamento del tratto marittimo nel mar Egeo.
Sulla rotta balcanica le risorse e i fondi impegnati sono stati utilizzati in gran parte per ostacolare in tutti i modi possibili la mobilità delle persone e criminalizzare la solidarietà attiva. Ogni Paese ha adottato politiche repressive con l’obiettivo dichiarato di impedire il transito, l’insediamento temporaneo e l’ingresso negli Stati membri dell’UE, nonché di rendere complicata e illegale l’azione solidale indipendente.

Dietro l’innalzamento di barriere si nascondono due nuovi modelli di business: il primo, meno conosciuto, è di società lobbistiche che costruiscono i muri e forniscono la tecnologia e i servizi di sicurezza che li accompagnano; il secondo, più visibile, è costituito da buona parte dalle grandi agenzie che intervengono in seguito all’emergenza umanitaria, trasformandosi in modo più o meno consapevole in agenti di controllo, funzionali all’attuale "regime dei confini".

Le isole del mar Egeo, in primis Levsos e l’hotspot di Moria, sono diventate a tutti gli effetti delle "isole confino" dove i migranti subiscono una “restrizione geografica” che gli impedisce di muoversi verso la penisola. Il neo governo di destra greco sembra attendere cinicamente la grande catastrofe per l’evacuazione di massa degli hotspot.
I confini della Balkan route, in particolare lo snodo di passaggio tra la Croazia e la Bosnia, sono stati militarizzati, provocando un notevole aumento dei respingimenti e un intervento violento delle polizie di frontiera, che di fatto agiscono come brutale deterrente al libero movimento; iniziano inoltre a rivedersi, come in Ungheria e Bulgaria, gruppi di paramilitari a pattugliare il confine. Emblematico il caso della Bosnia: da inizio anno tra Bihać e Velika Kladuša sono arrivate circa 20.000 persone e le organizzazioni solidali sono costrette ad agire nella semi-clandestinità solo per distribuire cibo e vestiti.

In un quadro così difficile, in cui tutti gli strumenti normativi e coercitivi sono di fatto incentrati sul reprimere la libera mobilità dei migranti, e dove anche i diritti primari in materia di protezione internazionale sono negati o applicati con estrema arbitrarietà, pensiamo sia fondamentalmente mettersi nuovamente in cammino e riprendere a percorrere la rotta, dal paese ellenico fino all’area balcanica.

Nei prossimi giorni ripartiremo per la Bosnia e dal 3 all’8 gennaio saremo nuovamente nell’isola di Lesbo. Questi due viaggi collettivi saranno un altro passaggio per strutturare il nostro intervento in quelle zone. Continueremo a monitorare quanto avviene e a raccontarlo attraverso i nostri canali di comunicazione, consapevoli che la situazione potrebbe evolvere in modo repentino e solamente l’essere sul campo permette di cogliere fino in fondo queste trasformazioni; lo faremo guardando all’Europa come orizzonte e spazio possibile nel quale agire per tessere sinergie e momenti di ricomposizione, ricercando come sempre alternative radicali, solidarietà umana e creativa, lotte comuni per la libertà di movimento per tutti e tutte.

#lesvoscalling #overthefortress #opentheisland #stopeuturkeydeal

Per partecipare alla campagna scrivi a [email protected]

Promuovono e sostengono (in aggiornamento):
Progetto Meltingpot EuropaAssociazione Open Your Borders - Padova; Centro Sociale Bruno - Trento; Welcome Refugees - Vicenza; Talking Hands - Treviso; Casa dei beni comuni - Treviso; CSO Django - Treviso; Associazione Caminantes - Treviso; CS Bocciodromo - Vicenza; Non Una Di Meno - Vicenza; CSO Pedro - Padova; Scuola di italiano Liberalaparola - Padova; CSA Arcadia - Schio; Parole in Movimento - VeneziaCentro sociale Rivolta - Marghera; Scuola di italiano Libera La Parola - Trento; Bozen SolidaleSpazio Autogestito 77 Bolzano;

Sostieni il progetto: Un’azione solidale per le donne confinate sull’isola greca di Lesvos