La vergogna di Natale: permessi negati ai cristiani di Gaza

18 / 12 / 2019

All'interno della Striscia di Gaza vivono 1100 cristiani cattolici e ortodossi; circa il 5% della popolazione. Sabato 14 Dicembre sono stato nel quartiere storico di al Zeitoun, a Gaza, per incontrare dei rappresentanti di questa piccola comunità.

Il mio contatto si chiama Tawfeeq Amash ed è un cristiano ortodosso. Mi invita nella sua casa, dove ci attendono i cugini Ibrahim e Rames che mi fanno cenno di sedermi sul divano accanto all'albero di Natale ed il presepe, sormontati da una grande stampa raffigurante la pericope del buon pastore.

Mancano due settimane alla festività natalizia e, come ogni anno, i cristiani di Gaza inoltrano la richiesta alle autorità israeliane per recarsi in pellegrinaggio ed in visita alle famiglie in Cisgiordania, in particolare a Betlemme. Delle 951 richieste di visto quest'anno solo 100 sono state autorizzate, tutte concesse ad adulti al di sopra dei 45 anni. Ai più giovani il visto è stato negato “per ragioni di sicurezza”.

“Questa è l'ennesima dimostrazione che le misure restrittive sono mirate ad isolare la popolazione di Gaza dal resto della Palestina” dichiara Rames. Di certo non c'è motivo per pensare che questa piccola comunità sia legata in qualche modo ad Hamas, che ufficialmente è il motivo per il quale Israele blocca la Striscia da 13 anni. Chi riesce ad uscire attraverso il valico di Erez non è autorizzato a trasportare liquidi, alimenti e non può viaggiare con una valigia che abbia le ruote. Tutte cose, invece, permesse agli internazionali che quotidianamente oltrepassano lo stesso valico: l'ennesimo esempio di segregazione.

La vita della comunità cristiana a Gaza è dura; come tutti gli altri abitanti di questo piccolo lembo di terra, soffrono per l'elevato tasso di disoccupazione e per le conseguenze della guerra, del blocco e dell'occupazione e, dopo l'ascesa di Hamas, hanno maggiori difficoltà a trovare un'occupazione, soprattutto nella pubblica amministrazione, controllata dal partito fondamentalista.

I giovani, ancor più dei loro coetanei di fede islamica, tentano l'emigrazione alla ricerca di una vita più dignitosa, auto-infliggendosi un esilio forzato. Ibrahim stima che, mentre la popolazione di Gaza continua a crescere, nei prossimi cinque anni il numero della comunità cristiana si ridurrà notevolmente, arrivando a 800 unità: il valore più basso mai raggiunto finora.

Mentre visitiamo la chiesa ortodossa di S. Porfirio, una delle tre chiese presenti a Gaza e la più antica, datata 1600 (le altre due sono quella cattolica della Sacra Famiglia e quella anglicana di Sarah Telar, quest'ultima chiusa), arriva un messaggio che fa ben sperare: nei prossimi giorni potrebbero arrivare altri 400 permessi d'uscita. Insh'Allah!