Tre sindaci destituiti, 416 persone in detenzione provvisoria, l’ennesima accusa di propaganda terroristica. Un film già visto in Turchia, l’ennesimo "golpe contro la volontà del popolo”, la replica di quanto avvenuto tra il 2015 e il 2016 quando furono commissariati più di 90 comuni amministrati dall’Hdp, durante la campagna politica e militare contro il sud-est del Paese a maggioranza curda.
Ad oggi Wan (Van), Amed (Diyarbakir) e Merdin (Mardin) sono sotto il controllo di commissari straordinari, mentre i sindaci eletti con il Partito Democratico dei Popoli, Hdp, (rispettivamente con una percentuale del 54%, 63% e 57%) sono stati sospesi con l’accusa di avere legami con il Pkk, secondo alcune prove che risalgono a prima delle elezioni del 31 marzo 2019.
Our Municipal Co-chairs, who were elected with 63% of the vote in Diyarbakır, 56% of the vote in Mardin and 53% of the vote in Van, have been removed from duty with an Interior Ministry order based on lies. Statement by our central executive board: https://t.co/gBbLhnFUQ3
— HDP English (@HDPenglish) August 19, 2019
Le accuse inoltre includono la ridenominazione di alcune strade e parchi locali e l’offerta di posti di lavoro ai parenti di alcuni militanti. Scuse pretestuose, quando la realtà dei fatti vede ancora una volta un attacco alla democrazia, che in Turchia è ormai diventata prassi.
L’accusa di “propaganda terroristica” o “finanziamento del terrorismo” non è che il solito ritornello per provare a tacciare il Bakur, quel baluardo di resistenza che ancora cerca di fronteggiare il nazional-autoritarismo a firma Erdogan. Inoltre, l’operazione di lunedì ha visto squadre di ufficiali condurre raid “di controllo” in 29 province della Turchia e in generale si teme che l’operazione di lunedì possa intensificare le tensioni nelle regioni sud-orientali del paese, appunto a maggioranza curda.
Si tratta dell’ennesima decapitazione, di fatto, dell’opposizione che difende la causa curda, i diritti delle minoranze e quelli dei gay, che da tempo è nel mirino di Erdogan e che, pur trovandosi stretta all’angolo, è sempre riuscita a risorgere dalle ceneri. Non si sono fatte attendere le reazioni di piazza della cittadinanza, che sono state represse (qui una galleria fotografica di Sertaç Kayar per Rueters) con la forza dalla polizia.
Tutto ciò si inserisce nel contesto delle elezioni amministrative del 31 marzo 2019: una tornata elettorale sfavorevole al Presidente Erdogan e al suo AKP (Partito per la Giustizia e lo Sviluppo). Il “sultano” non perdeva un’elezione sin dal 2002; da quando è stato eletto primo ministro per la prima volta, infatti, in testa al suo partito ha vinto tutte le elezioni che si sono tenute nel paese, sia a livello locale che a livello nazionale. E così, dopo le amministrative, Ankara è perduta. E con vari colpi di scena, (dopo un referendum) anche Istanbul, città più popolosa e maggiore centro economico del Paese, è scivolata dal controllo di Erdogan.
Nel Bakur, Kurdistan turco, lo svolgimento delle elezioni è stato particolarmente controllato e manipolato dalle forze del governo di Erdogan e dai vari apparati militari: intimidazioni e violenza all’ordine del giorno, nonostante ciò l’affluenza alle urne da parte di cittadini curdi è stata altissima e non si è lasciata intimorire dalla repressione quotidiana. Come era facilmente prevedibile è stato l’HDP a ottenere la maggioranza dei consensi anche se ormai con l’operazione di lunedì in mano all’Hdp rimangono adesso solo cinque province del Paese, fra cui Hakkari e Kars.
I licenziamenti dei sindaci hanno suscitato critiche diffuse, anche da parte di Ekrem Imamoglu, il neo eletto sindaco di Istanbul, che ha dichiarato su Twitter: «Ignorare la volontà popolare è inaccettabile».
It is impossible to associate the removal of Diyarbakır, Van and Mardin Mayors with democratic practices. The three mayors who are replaced by state-appointed trustees were elected by popular vote in the March 31 local elections. Ignoring the will of the people is unacceptable.
— Ekrem İmamoğlu (International) (@imamoglu_int) August 19, 2019
Il vicepresidente del Partito popolare repubblicano secolare (CHP), Ozgur Ozel, ha twittato: «Ancora una volta l'AKP ha scelto il fascismo anziché la democrazia».
Son yol ayrımındaki AKP iktidarı yine demokrasiyi değil faşizmi seçti.
— Özgür Özel (@eczozgurozel) August 19, 2019
Büyük çoğunlukla halkın tercih ettiği belediye başkanlarını görevden almak iktidarın kendi varlığını tartışmaya açmasıdır.
Seçimle gelen artık seçimle gitmiyorsa iktidarı elinde tutan darbecidir faşisttir! https://t.co/4kdaop6ZLO
Non resta che continuare a sostenere chi - seppur in mezzo a mille difficoltà - continua ad opporsi a una strategia politica che, nell’intrecciare nazionalismo, autoritarismo e fondamentalismo religioso, sta aprendo drammaticamente varchi in tutto il globo.