La spinta della coordinazione del lavoratori dietro le recenti concessioni di Wal-Mart

4 / 3 / 2015

La telefonata che mercoledì 26 febbraio Barack Obama ha avuto con l’amministratore delegato di Wal-Mart Doug McMillon evidenzia un periodo di mutazione nelle politiche salariali del colosso della distribuzione americano, famoso per i prezzi di vendita molto bassi, e famigerato per le paghe da fame riservate ai propri dipendenti, nonché per il ricorso al denaro pubblico per tamponare le mancanze dei salari irrisori attraverso buoni pasto e assistenza sanitaria riservata alle fasce deboli della popolazione. 

Wal-Mart da sempre è conosciuto anche per le proprie politiche fortemente anti-sindacali, e per una efficace e pervasiva separazione tra lavoratori a tempo pieno e lavoratori part-time, con i primi fidelizzati all’azienda attraverso i tradizionali benefit corporativi (assicurazione sanitaria, aumento progressivo dei salari, mobilità interna) e i secondi mantenuti invece in condizioni lavorative de-professionalizzanti, con paghe molto basse e nessun controllo sul proprio monte ore (la flessibilità del part-time è da sempre presentata da Wal-Mart come un insieme di programmi che beneficerebbero la mobilità di studenti-lavoratori o categorie simili, quando invece hanno sempre assorbito fasce medio-basse della popolazione, prive di tutele e generalmente impegnate a navigare più lavori per arrivare a fine mese).

In un articolo del 20 febbraio, Repubblica si è occupata degli aumenti accordati da Wal-Mart ai propri dipendenti, aumenti di 24 punti percentuali sul salario minimo federale, che ad oggi è di 7,25 $. 

Così, i salari più alti tra i dipendenti Wal-Mart si attesterebbero tra 12 e 13 $ orari, mentre i part-time arriverebbero a 10 $ l’ora. L’articolo spiega come questo cambiamento “epocale” sia dovuto ad una congiuntura di impegno governativo (e nello specifico di attenzione da parte dell’amministrazione Obama alla questione della retribuzione dei dipendenti di colossi come Wal-Mart che detterebbero così un trend anche ad altre multinazionali della distribuzione, e di appoggio alle richieste di aumento del salario mimino a livello federale e cittadino), e di contrazione di manodopera disponibile che farebbe pendere il potere contrattuale un po’ di più verso i dipendenti. 

 La storia è però un po’ più articolata. 

E’ dal 2012 che un movimento organizzato senza precedenti nella storia della multinazionale è emerso tra i lavoratori di Wal-Mart, coordinati da United Food and Commercial Workers con il progetto Making Change at Walmart, e supportati dall’organizzazione gemella e non sindacale OURwalmart. Affrontando le difficoltà legate all’ostilità dell’azienda per la sindacalizzazione dei propri lavoratori, che spazia dalla minaccia di licenziamenti alla totale mancanza di copertura salariale per cui ogni ora di sciopero diventa un’ora lavorativa non retribuita, dal 2012 i lavoratori hanno cominciato a trasformare il Black Friday in una giornata di sciopero, e a coordinarsi a partire da quel momento per i tre anni a seguire. 

Le reazioni iniziali di Wal-Mart verso gli scioperi organizzati durante la fine del 2012 e attraverso tutto il 2013 era stata tale da suscitare (anche come parte delle azioni di protesta) il ricorso da parte dei lavoratori alla National Labor Relations Board, agenzia che ha il ruolo di far applicare le leggi federali sul lavoro a tutela di lavoratori e sindacati. Questo ricorso si era concluso a inizio 2014 con l’impossibilità di raggiungere un accordo tra Wal-Mart e la Federal Labor Board, che aveva di conseguenza presentato denuncia contro il colosso. Tra le accuse sollevate a Wal-Mart, figuravano numerosi casi di dissuasione, intimidazione e punizioni illegali ed arbitrarie ai danni di lavoratori e lavoratrici in sciopero.

 Attraverso le azioni che dal 2012 hanno puntato sulla visibilità data dal Black Friday, giornata che apre la stagione di acquisti natalizi con 24 ore di prodotti a prezzi più che dimezzati, i numeri di adesione allo sciopero (che non hanno consentito in questi tre anni di ottenere un consistente disturbo delle attività di vendita, se non nel 2014 anche grazie all’intersezione con il movimento BlackLivesMatter) hanno efficacemente attirato l’attenzione di altri lavoratori salariati, l’attenzione pubblica e quella aziendale su un’agenda che ha toccato due punti principali: l’aumento salariale orario da un lato, e dall’altro una maggiore autonomia da parte dei lavoratori  part-time nel definire i propri orari e avere mobilità garantita attraverso i dipartimenti di vendita, in maniera tale da accumulare più professionalizzazione ma soprattutto stabilire il proprio monte ore, eventualmente aumentandolo. 

Nel 2014, Wal-Mart ha finalmente sostituito alla prassi tradizionale di incontro lavoratore-supervisore per la discussione della disponibilità oraria, un programma che sfruttando la rete intranet dell’azienda consente al singolo lavoratore di consultare i blocchi orari disponibili nei diversi dipartimenti, e di crearsi più autonomamente la propria tabella settimanale. Già allora, diversi rappresentanti aziendali si erano premurati di affermare pubblicamente come tale scelta non fosse sprigionata dalle pressioni dei lavoratori, ma piuttosto da una politica aziendale lungimirante e preoccupata per (più che da) i propri dipendenti. Quello che è importante notare è invece come la spinta dei lavoratori e delle lavoratrici e dei loro alleati politici abbia di fatto portato ad una mutazione unica verso una sorta di appropriazione tecnologica a vantaggio dei lavoratori, all’interno di un’azienda che detta la linea organizzativa e salariale tra le multinazionali della distribuzione nel paese e all’estero.

 Per quanto riguarda le richieste sull’aumento del salario, che per ora è stato accordato come si è visto tra i 10 e i 13 $ orari, le lotte di lavoratrici e lavoratori di Wal-Mart si sono nutrite ed hanno nutrito delle azioni parallele dei salariati dell’industria alimentare e della ristorazione, che attraverso tutto il 2013 e il 2014 hanno spinto e in alcuni casi ottenuto l’aumento del minimo salariale legale a 15 $ (è il caso della città di Seattle, che al momento ha la minimum legal wage più alta tra le città e località che negli ultimi anni hanno alzato il minimio salariale tra i 12 e i 15 $). In effetti, la richiesta su cui i dipendenti di Wal-Mart hanno puntato è stata proprio il raggiungimento dei 15 $ minimi orari, e per farlo hanno seguito alcune delle strategie del movimento sindacale dei fast-food, dalle pratiche di disobbedienza civile agli scioperi che hanno avuto luogo nei principali centri mediatici del paese, come New York e Washington. A questo si sono aggiunte le pratiche più personalizzate dei picchetti all’esterno delle abitazioni degli amministratori dell’azienda e delle sue filiali.

L’amministrazione Obama ha dunque per ora fatto da cassa di risonanza a quelli che sono stati progressivi episodi di organizzazione dal basso, che hanno dimostrato una presenza abbastanza diffusa attraverso il paese negli ultimi tre anni, ed hanno di recente intersecato le recenti proteste legate agli abusi polizieschi e al contenimento razziale.