Ya Basta: Brasil Em Movimento

La scuola dei Sem Terra

Diario della sesta giornata di carovana.

1 / 9 / 2013

Jacarei - Per trovare un po’ di quel verde per cui il Brasile è famoso, bisogna scammellare verso est sul solito pullman “gran turismo” per almeno un paio di orette. Quando la foresta grigia dei grattacieli cede finalmente il posto ai colori e ai profumi di quella tropicale, scendiamo a Jacarei, un piccolo municipio dello Stato di San Paolo che non ha assolutamente niente di notevole se non la presenza di una scuola molto particolare: la scuola nazionale Florestan Fernandes dei Sem Terra.

Arriviamo sin qua con Claudio, che è il nostro referente paulista. Ha sposato una brasiliana e vive da quest’altra parte dell’oceano da tanto tempo. È un astrofisico e vive con una borsa di studio dell’università di San Paolo per la quale sta preparando dei modelli matematici di simulazione del comportamento del gas cosmico. In Brasile però non ci è arrivato per l’astronomia ma per insegnare ai bambini delle favelas a lavorare la terracotta. Lo aveva chiamato un prete suo amico legato alla teologia della liberazione. “Poi è cambiato il vescovo e quello nuovo, la prima cosa che ha fatto, è stata quella di buttarci fuori tutti e due” mi racconta. Così è tornato a lavorare come astrofisico. Dalla scienza al sociale, dal cosmo alla favela. Tutto ciò ti regala equilibrio? “No. Schizofrenia”.

Jacarei è una lunga strada di pietre che scorre tra “quasi” villette, con bei giardini adornati da grandi fiori colorati.

Trovare la scuola dei Sem Terra non è affatto difficile. Un ampio murales che inneggia alla riforma agraria ce la segnala. Veniamo accolti gentilmente da una ragazza che dopo i saluti iniziali ci mostra, non senza un po’ di orgoglio, le varie strutture della scuola realizzata non più di dieci fa grazie a contributi di poeti musicisti come il grande Chico Buarque. Ogni palazzina è costruita in cotto e legno, coperta di piante rampicanti tropicali. C’è la biblioteca con 50 mila volumi (“Tutti donati dai compagni. Noi non chiediamo ne riceviamo finanziamenti federali”), le foresterie capaci di accogliere 180 persone (“In tanti vengono da noi per studiare o per conoscerci meglio”), le scuole (“I giovani qui studiano agraria ma anche informatica o politica. Qui prepariamo i nostri dirigenti”), la serra (è un vero delitto che con la sola scrittura non possa comunicarvi i profumi e gli odori che ho sentito!), la mensa, la lavanderia e altri ancora.

La compagna dei Sem Terra snocciola numeri su numeri: quanta gente passi ogni anni per queste aule, quanti giovani dedichino uno o due anni della loro vita a lavorare a questa scuola che loro considerano un vero e proprio bene comune... Ma al di là dei numeri, che vogliono dire tutto e niente, quello che ho visto è un luogo incantevole dove la gente ti sorride, canta - c’è sempre qualcuno con la chitarra in mano - e lavora senza mai dimenticare di scherzare e ridere.

Oggi è una giornata speciale, mi racconta la ragazza. C’è una cerimonia in corso perché una di loro, dopo due anni di studio e lavoro nella scuola, torna a casa. Veniamo invitati alla festa. Non si capisce niente di quello che dicono, ma tutti sono commossi.

Nel campo c’è anche una rappresentanza cubana con tanto di ambasciatore al seguito. Stanno piantando un albero tra inni a Fidel e grida di “viva la revolucion cubana”. Tutto ‘sto sfoggio di socialismo reale non è proprio una cosa facile da digerire per noi, pur se bisogna comprendere che ogni cosa deve essere riportata al luogo e alle contingenze.

La presenza di Cuba, scopriamo, non è affatto casuale. Nell’aula magna della scuola è in corso un incontro di medici cubani. “Il Governo brasiliano - ci spiega Claudio - ha chiesto a Cuba di fornirgli dei medici per coprire i posti vacanti nel sistema sanitario del Paese. Qui in Brasile, come negli Stati Uniti la sanità è per lo più privata e gestita dalle assicurazioni. Tutti i medici migliori studiano nel pubblico perché la scuola privata, non dico che regali le lauree, ma quasi. Dopo gli studi però vanno a lavorare nelle cliniche private che li pagano tre volte tanto. Il tutto a grave discapito della sanità pubblica. Così il Governo ha chiesto a Cuba dei dottori da impiegare là dove i medici nostrani non vogliono lavorare, ma questo ha scatenato le durissime proteste dei medici. Il congresso in atto in questo momento nella scuola è un modo per dire che noi, i medici cubani, li vogliamo. Teniamo anche presente che nessun medico brasiliano accetterebbe di andare a lavorare nelle terre occupate dai Sem Terra. I cubani sì”.