La rivoluzione in Sudan non è finita

21 / 8 / 2019

Di Mohammed Abdelraoof e Mohammed Elnaiem. La versione originale in inglese è stata pubblicata da Roar Mag. Traduzione di Lorenzo Feltrin.

Le Forze per la libertà e il cambiamento (Flc) – un’ampia alleanza di gruppi ribelli e della società civile che sta guidando la rivoluzione in Sudan – e il Consiglio militare transizionale (Cmt) ora al potere hanno raggiunto un accordo politico. Per mesi, le trattative tra le due forze erano rimaste in stallo. In qualità di rappresentanti del popolo mobilitato nelle strade, le Flc hanno il mandato di garantire una transizione democratica. Dall’altra parte, il Cmt – sostenuto da Emirati Arabi, Arabia Saudita ed Egitto – intende bloccare tale transizione. Con la firma dell’accordo, i due gruppi condivideranno il potere. La storia giudicherà se i leader della rivoluzione hanno fatto la scelta giusta, ma noi sospettiamo che si tratti di una resa.

Per che cosa sta lottando la grande maggioranza dei rivoluzionari? Un governo civile, libertà, pace e giustizia sociale. Che cosa gli dà forza? I martiri caduti nella lotta, assassinati durante una dittatura lunga trent’anni, e la speranza di ottenere giustizia per il prezzo che hanno pagato. Non crediamo che questo accordo raggiungerà gli obiettivi per i quali abbiamo lottato e nemmeno che farà giustizia alle molte vittime del regime.

La cultura dell’impunità continua

Il periodo di transizione – che durerà tre anni – è stato pianificato in due documenti, una roadmap politica e una dichiarazione costituzionale. Le parti si sono accordate su tre organi istituzionali per la gestione del paese: il Consiglio sovrano, un consiglio dei ministri e un consiglio legislativo (il parlamento). Il Consiglio sovrano è secondo noi il più importante dei tre. Si tratta dell’organo supremo, incaricato delle nomine giudiziarie, della rappresentanza del paese e della selezione dei governatori regionali e dei sindaci. Sarà composto di undici membri: cinque civili nominati dalle Flc, cinque militari nominati dal Tmc e un membro “neutrale” – un ufficiale militare in pensione. Questa non è l’unica concessione fatta dalle Flc. Un militare presiederà il Consiglio sovrano per 21 mesi – la maggior parte del periodo di transizione – mentre i civili lo guideranno solo per 18 mesi.

Questo accordo squilibrato dovrebbe dare il via a un processo di pace nelle periferie del paese dove sono attivi i gruppi armati, dare voce ai giovani e alle donne (anche se non è stato specificato come) e smantellare il “profondo stato”. È molto difficile essere ottimisti sulle possibilità che l’accordo realizzi davvero tali obiettivi.

Quando le Flc sono andate al tavolo delle trattative, hanno promesso ai loro sostenitori che avrebbero reclamato un’inchiesta sulla strage del 3 giugno, nella quale centinaia di persone furono massacrate, stuprate, gettate nel Nilo. Tale efferatezza ha avuto eco globale, ma alla fine l’inchiesta ha completamente assolto il Cmt. Non è stata di certo una sorpresa, trattandosi di una “autoinchiesta”. Le Flc hanno detto di esserne shockate, noi non pensavo che potesse andare diversamente.

Le Flc hanno dichiarato ripetutamente che, durante il periodo di transizione, gli esecutori di orrori inenarrabili – le Rapid Support Forces (Rsf), la milizia criminale capeggiata da Hemedti, vice-presidente del Cmt – sarebbero stati giudicati per i crimini commessi dall’inizio del genocidio del Darfur. Tuttavia, la dichiarazione costituzionale che hanno firmato eleva le Rsf allo status di organo ufficiale abilitato a rappresentare le Forze armate sudanesi. Questo stato di cose, abbinato al precedente dell’auto-inchiesta del Cmt, indica che probabilmente la cultura dell’impunità si riprodurrà senza grandi ostacoli. Il Cmt non si metterà il cappio al collo da solo, sarebbe ingenuo pensare il contrario.

Sono proprio i meccanismi istituzionali dell’accordo a proteggere il Cmt. La dichiarazione costituzionale mostra bene quali saranno i poteri del Consiglio sovrano. Potrà nominare o mettere il veto alla nomina dei giudici e avrà il diritto di concedere l’amnistia a chicchessia. Inoltre, le decisioni dovranno essere prese con una maggioranza di almeno due terzi. Questo significa semplicemente che le Flc avranno bisogno dell’appoggio di almeno un rappresentante dei militari per far passare qualsiasi decisione.

Da questi elementi possiamo concludere solo una cosa: le Flc hanno negoziato un accordo con poca fiducia in se stesse e nel movimento popolare che gli ha dato la legittimità.

Divergenze all’interno dell’opposizione

L’accordo porterà la pace? Tutti i movimenti armati nelle periferie lo hanno rifiutato ritenendo che non desse risposte adeguate ai problemi delle zone emarginate del paese. Gruppi armati come l’Esercito di liberazione del Sudan di Abdelwahid e il Movimento di liberazione del popolo sudanese-Nord di Al-Hilu hanno dichiarato di considerare ogni tipo di resa al Cmt come un tradimento della rivoluzione. La loro posizione è chiara: non accettano la legittimità del governo Cmt-Flc e quindi non hanno fiducia in un processo di pace emanato da questa coalizione.

C’è poi la reazione di formazioni come il Partito comunista, che fa parte delle Flc. Non solo il Partito comunista non ha firmato l’accordo, ma ha anche dichiarato che esso rappresenta l’inizio della fine della rivoluzione, una soluzione di comodo e una concessione al regime militare. Il Partito comunista e le Forze per il consenso nazionale che esso rappresenta si sono così trovati isolati all’interno delle Flc.

Per noi, il dato più importante è la reazione popolare nelle strade, da parte dei rivoluzionari sul terreno che costruiscono le barricate e affrontano le Rsf. Bisogna ammettere che anche qui c’è divisione. Molti credono che le concessioni fossero necessarie e hanno fiducia nel fatto che le Flc prenderanno misure adeguate per guidare il paese verso la democrazia. Altri avanzano un ottimismo più cauto, ritenendo che vale la pena di tentare questa via fino a che le Flc non si dimostrino insalvabili. Tuttavia, è significativo il fatto che una porzione considerevole del popolo sudanese consideri l’accordo come un inganno e un tradimento. Ritengono che negoziare con il Cmt sia un insulto ai principi più fondamentali della rivoluzione, incarnati – ironicamente – nella Dichiarazione per la libertà e il cambiamento da cui le stesse Flc hanno preso il nome.

Sono stati i comitati per la resistenza che hanno organizzato clandestinamente i quartieri e fatto la maggior parte del lavoro di base per la rivoluzione. I comitati per la resistenza di Burri, Khartoum Nord e Port Sudan hanno già dichiarato che questo accordo ha ignorato le loro istanze e che perciò gli faranno opposizione.

Spontaneità e organizzazione

Se le Flc – la presunta avanguardia delle lotte – hanno firmato un accordo per la spartizione del potere con il Cmt – un’istituzione universalmente esecrata dal popolo sudanese – a chi spetta condurre la battaglia nelle strade? È possibile che le Flc abbiano tradito la base, ma è più probabile che si tratti di sinceri rivoluzionari che credono davvero di fare le scelte più giuste e praticabili. Le Flc non vogliono perdere l’occasione. Sanno che il ritornello preferito del Cmt – “stabilità” – potrebbe finire per affossarle. Non vogliono dare al Cmt una scusa per impadronirsi unilateralmente del potere e devono tenere conto degli equilibri di potere geopolitici, avendo contro le principali potenze che hanno interessi in Sudan: l’Egitto, gli Emirati Arabi, l’Arabia Saudita e gli Stati Uniti. Non è difficile immaginare le pressioni che stanno subendo. Le rivoluzioni vanno e vengono, i popoli si stancano e le pance si svuotano. Se il popolo è affaticato, spesso dà la priorità alla stabilità a scapito della libertà e le Flc probabilmente hanno poca fiducia nel fatto che le cose potrebbero andare diversamente.

Ad ogni modo, il fatto che le Flc siano o meno traditori o burocrati che si adeguano alla congiuntura politica è irrilevante. Le conseguenze politiche delle loro scelte sono le stesse a prescindere. Con questo accordo così com’è, è improbabile che si possa conquistare una transizione democratica e ancor più improbabile che si possa portare a giudizio il Cmt. Inoltre, ciò che le Flc vedono come realpolitik, è interpretato da molti nelle periferie del Sudan come una perpetuazione dello status quo che continua dai tempi dell’indipendenza del paese, ovvero un’élite di Khartoum – con poche donne o nessuna nella leadership – che ripete vuoti slogan di solidarietà con il Darfur mentre firma accordi con il diabolico generale Hemedti – un mostro che ha avuto un ruolo di primo piano nel genocidio che ha sterminato centinaia di migliaia di loro fratelli e sorelle. In tali circostanze, di che processo di pace stiamo parlando?

Che cosa accade dunque, se l’avanguardia della lotta si è compromessa, non perché si è venduta ma a causa delle necessità della realpolitik? Se le sue mani sono legate e la sua posizione al tavolo delle trattative le impedisce di realizzare le più profonde aspirazioni di questa rivoluzione, inevitabilmente arriva il momento delle organizzazioni popolari di base. Queste non devono essere antagoniste alle Flc, ma fare ciò che possono con le proprie mani slegate.

Consigli di quartiere e sindacati

Le concessioni che sono state fatte non devono portare alla riproduzione dello stesso sistema che la rivoluzione sta provando a rovesciare. C’è bisogno di un contropotere positivo: quando le Flc vanno nella direzione giusta devono essere sostenute contro il Cmt, quando vanno nella direzione sbagliata devono essere sottoposte a pressioni dal basso. Solo due forme organizzative sono adatte a questo compito: i consigli di quartiere e i nuovi sindacati. Nel caso che cadano nelle stesse trappole in cui sono cadute le Flc, tali organi devono essere sottoposti allo stesso tipo di pressioni dal basso, ad infinitum. 

I consigli di quartiere, anche noti come comitati per la resistenza, sono emersi spontaneamente durante l’ultima ondata di rivolta nel 2013. Nel frattempo si sono preparati per la successiva ondata rivoluzionaria, organizzandosi clandestinamente tramite il passaparola e Telegram. Nel 2017, vari comitati per la resistenza si sono organizzati in federazioni a livello cittadino o di vari quartieri. Quando la rivoluzione è esplosa nel 2018, molti sono entrati nelle Flc in seguito all’appello dell’Associazione dei professionisti sudanesi (Aps), una coalizione di sindacati professionali illegali rapidamente emersa come leader della rivoluzione. Tuttavia molti consigli formatisi durante la rivoluzione non si sono affiliati alle Flc e mantengono la propria autonomia. Il compito dei consigli di quartiere, oltre all’organizzazione della resistenza, è stato quello di fare propaganda, organizzare dibattiti, fornire cibo e medicine ai bisognosi e preparare le barricate. La maggior parte dei comitati per la resistenza sono fedeli alle Flc ma in questa fase essi devono metterle di fronte alle proprie responsabilità quando sbagliano.

A livello cittadino, i consigli di quartiere devono mantenere attiva la resistenza. Questa, tuttavia, non avviene solo nelle strade. Nel corso della rivoluzione, le Flc hanno indetto scioperi che hanno visto l’adesione di milioni di lavoratori, dimostrando il potere dell’azione collettiva, dello sciopero e delle Flc. Durante il periodo transizionale, questo potere dev’essere trasferito ad altre organizzazioni e la più importante è l’Alleanza sudanese per il ripristino dei sindacati. Si tratta di un’organizzazione composta di sindacalisti che hanno dovuto organizzarsi nell’ombra dopo la dissoluzione dei sindacati avvenuta con il golpe del 1989. Nel gennaio 2019 hanno ripreso le attività e ora sono attivi in molte città e vari settori.

Solo un coordinamento tra i sindacati e i consigli di quartiere può secondo noi agire come efficace contropotere nei confronti del compromesso Flc-Cmt. In ogni caso, le Flc non devono più dirigere le piazze, il loro ruolo è cambiato. Ora o mai più, i consigli di quartiere e le organizzazioni dei lavoratori devono salvaguardare la loro autonomia. Tutto il potere ai consigli.