Gruppi di Pace

La marcia zapatista del «Gruppo di pace» kurdo

di Linda Panco da www.carta.org

22 / 10 / 2009

Dal 19 ottobre 34 militanti del Pkk hanno varcato il confine tra Iraq e Turchia e si dirigono, disarmati e a piedi, ad Ankara. Portano una lettera di richieste per dare una possibilità concreta alla pace. Sono accompagnati, lungo il loro cammino, da migliaia di kurdi che li festeggiano e li incoraggiano. Il governo turco per ora li lascia fare, e anche questo è un fatto straordinario

34 militanti del Partito dei Lavoratori del Kurdistan [Pkk] due giorni fa, il 19 ottobre, hanno oltrepassato, disarmati, la frontiera di Habur, tra Iraq e Turchia. Si autodefiniscono «gruppo di pace», il loro viaggio è stato ideato da Abdullah Apo Ocalan, leader del Pkk condannato all’ergastolo e detenuto dal 1999 nel carcere di Imrali. I 34 sono diretti ad Ankara a piedi, portano una lettera di richieste per la pace tra la Turchia e il popolo kurdo da presentare al governo. Per ora il governo turco non li ha fermati, e su tutti i giornali del paese è dato molto risalto all’avvenimento.
Nei pressi di Silopi, appena entrati in Turchia, i membri del «gruppo di pace» sono stati prelevati dalle forze di sicurezza e interrogati da un giudice e cinque procuratori turchi. Poi però sono stati liberati e lasciati andare, e una volta superata la frontiera irachena hanno trovato ad attenderli lungo la strada migliaia di cittadini di etnia kurda, che li hanno accolti sventolando bandiere e scandendo slogan che chiedevano una soluzione pacifica per la questione kurda. Il loro cammino è accompagnato da due giorni da persone che li festeggiano e li incoraggiano.
Sono richieste di buon senso, quelle portate dal gruppo di pace. «Nulla che vada oltre, in forma e contenuto, a ciò che il governo di Ankara dovrebbe riconoscere come diritti inalienabili dell’uomo in quanto nazione predisposta ad una politica filoccidentale», ha scritto Antonio Marafioti su Peacereporter.net.
Nella lettera di richieste del comitato di pace [il cui testo integrale è su Peacereporter.net], si legge: «Al fine di sbloccare l’attuale momento di impasse della iniziativa di pace relativa alla questione kurda in Turchia e al processo di democratizzazione della Turchia, noi, il gruppo di pace che agisce in base alla storica iniziativa di Abdullah Ocalan, siamo venuti in Turchia per contribuire a creare delle solide basi per la pace. […] Una soluzione democratica della questione kurda offrirà le fondamenta per la democratizzazione e la stabilizzazione di tutta la regione. Per dare vita a questa possibilità noi siamo fiduciosi che, in primo luogo, le forze e le comunità che ne hanno la responsabilità approccino questo processo in una maniera delicata e piena di sensibilità. Quali siano le condizioni per una soluzione, la democrazia comunque non prevarrà senza una volontà comune. […]
Ogni conflitto deve avere il suo percorso di dialogo per una soluzione pacifica. […]
Noi elenchiamo le nostre richieste affinché il nostro messaggio di pace possa avere vita: 1. Che la road map disegnata dal nostro leader possa essere consegnata ai legittimi destinatari affinché possa avere avvio un dibattito pubblico; 2. che entrambi le parti in conflitto rispettino il cessate il fuoco; 3. sulla base del riconoscimento della nostra identità kurda, che nella Costituzione sia garantita e protetta la nostra identità e il nostro diritto a vivere liberamente, in eguaglianza e come parte di una Turchia democratica; 4. che sia possibile praticare liberamente la nostra lingua; 5. che sia garantito il diritto di dare nomi kurdi ai nostri figli e sia garantito di educarli in kurdo; 6. che sia permesso di praticare la nostra storia, letteratura, cultura e musica come popolazione kurda e che sia permesso la loro preservazione ed il loro sviluppo; 7. che ci sia possibile unirci come kurdi e così prendere parte al processo politico democratico, esprimendoci liberamente; 8. che le città ed i villaggi del Kurdistan siano liberati dalle guardie di villaggio e dalla violenza governativa e che vi si possa vivere in sicurezza».
Ora sono due le questioni sul tavolo: la prima è l’accettazione da parte del governo Erdogan di una trattativa che parta dalla «road map» di Apo Ocalan, che non è mai stata resa pubblica; la seconda questione è la ferma condanna dell’opposizione nazionalista [Partito del Movimento nazionalista, Mhp] e di sinistra [Partito Repubblicano del popolo, Chp] ad un processo di distensione che prescinda dalla resa del Pkk alle autorità turche. «Se Erdogan e i suoi dimostreranno di poter varcare anche loro il confine tra i monti dell’odio e la terra del dialogo, probabilmente la Turchia otterrà la pace desiderata e l’ingresso a Bruxelles», scrive ancora Marafioti. «In caso contrario sarà difficile convincere per i decenni futuri un solo guerrigliero delle altre migliaia rimaste nel nord Iraq a tendere per primo la mano all’eterno rivale». Secondo Jonathan Head, corrispondente della Bbc da Istanbul, «la maniera in cui verranno trattati adesso sarà vista come una chiara indicazione della buona volontà del governo».

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