La lotta per la casa a Rio - Incontro con il Movimento Nacional de Luta pela Moradia

28 / 8 / 2013

A pochi metri dalla più grande occupazione di protesta nata negli ultimi mesi a Rio de Janeiro, quella della scalinata d'ingresso della Camara Municipal in cui da giorni i giovani della città si incontrano, discutono, protestano, si trova un'altra occupazione, di un altro tipo, nata da un percorso di lotta iniziato almeno vent'anni fa. Si tratta dell'occupazione di un palazzo pubblico realizzata dal Movimento Nacional de Luta pela Moradia (MNLM) che dall'88, quando nasce, porta avanti una lotta che parla un linguaggio che ci è comune: quello del diritto all'abitare, della casa come necessità e diritto di base e per questo inalienabile per qualsiasi essere umano, non mercificabile e non relegabile alle politiche e alle dinamiche economiche. Casa come strumento di dignità e libertà.

In questo palazzo ci accoglie Lourdinha, con cui ci intratteniamo a lungo; in quello che ci racconta emergono numerosi i punti in comune con le lotte per la casa che i nostri spazi sociali portano avanti da anni, ed è tanta la vicinanza e la complicità che sentiamo di avere con lei e con gli altri occupanti che passano di tanto in tanto per la sala comune in cui ci troviamo.

Non è un argomento facile, in Brasile, quello della casa e dell'abitare: si inzia a percorrere un sentiero tortuoso che si fa strada tra favelas, con case costruite una sopra l'altra nel più totale abusivismo ma con un forte senso di comunità, che regola la vita in queste zone, tra zone urbane occupate, zone marginali a più di tre ore di distanza dalla città ma parte della città stessa; significa parlare di persone senza casa, persone che la propria casa la perdono a causa di sgomberi, dezalogios, demolizioni in nome di dinamiche speculative e interessi economici che vengono imposti sulla loro pelle.

Durante gli anni Novanta le lotte per la casa e il diritto all'abitare portate avanti dal MNLM hanno cercato di percorrere una via istituzionale, ottenendo anche che alcune occupazioni venissero legalizzate, e trovando nel PT (Partido dos Trabalhadores) di Lula l'interlocutore più attento a questo tipo di lotte sociali. Nel 2002 il MNLM decide di appoggiare la candidatura dello stesso Lula, in un momento in cui l'attenzione del mondo era rivolta proprio alle questioni sociali brasiliane e guardava alla sua vittoria come alla soluzione tanto attesa.

Il movimento si pone da subito come interlocutore attivo e partecipe nella realtà politica istituzionale, rendendo possibile l'organizzazione all'interno del Governo Federale di un Ministério das Cidades (letteralmente “Ministero della città”), cui ministro era l'ex sindaco di Porto Alegre Olivio Dutra (PT), i cui compiti erano essenzialmente quelli di individuare e costruire una soluzione reale e concreta alle problematiche relative all'abitare. Si tratterà di un sogno breve, un'illusione che vede la sua fine nel 2004 quando, di fronte all'insistente richiesta da parte del ministro Dutra di uno stanziamento consistente di fondi per poter iniziare il lavoro e di una limitazione degli spazi di intervento di alcuni Ministeri che avevano interessi contrapposti alla tematica abitativa, sarà proprio lo stesso Lula a togliergli l'incarico, affidandolo addirittura nelle mani di un partito conservatore.

Il Ministério das Cidades rimarrà una pesante istituzione di facciata, caratterizzata da un immobilismo amministrativo che non prenderà nessun'altra strada se non la stessa che negli anni passati ha contribuito a creare la situazione attuale.

Di fronte al brusco risveglio costituito dal fallimento del tentativo “istituzionale” i militanti del MNLM non si sono sicuramente fatti sprofondare nella rassegnazione di chi sente le proprie speranze vacillare: riprendono le lotte nelle strade, le dinamiche conflittuali e concrete di occupazione, ritornano a riempire le piazze, esattamente come facevano prima dell'avvento di Lula. Partecipano anche alle Conferenze governative sulle problematiche abitative ma alla III non saranno presenti fisicamente perché scelgono di parteciparvi a modo loro: in quel momento erano impegnati a lavorare su due grandi occupazioni urbane, proprio nel centro storico di Rio de Janeiro, nel cuore della città-bene, della città economica e delle grandi istituzioni.

Con l'avvento del governo Dilma questa situazione è peggiorata. La politica abitativa messa in campo dal nuovo governo, infatti, si è solo limitata a progetti-immagine dietro cui nascondere l'effettiva inefficacia e incapacità di portare soluzioni concrete; ad esempio il progetto “Mia casa mia vida” riguardante la costruzione di lotti di edilizia popolare, in cui di fatto vengono destinati più che altro i dezalogiados.

I dati raccolti in anni di lavoro e monitoraggio da parte dell'MNLM rivelano la reale portata del problema abitativo a Rio de Janeiro: ci sono più spazi pubblici abbandonati e inutilizzati che gente che ha bisogno di una casa. Anche solo facendo riferimento agli edifici pubblici presenti nel centro della città, come ad esempio nella zona portuale dietro la centralissima Piedra do Sal, area dove è sorta la prima favela di Rio, Morro da Providencia; gli abitanti di quest'area – parliamo di circa 800 famiglie – sono state sgomberate per poter vendere la terra ad aquirenti privati: alcuni degli abitanti, chi era in possesso di documenti legali, vengono spostati in mini abitazioni popolari (quelle costruite con il famoso progetto “mia casa mia vida”) e gli altri sono stati letteralmente lasciati per strada.

Al problema evidente di un totale smantellamento di qualsiasi dinamica sociale e di rapporti comunitari su cui si fonda invece la vita nelle favelas, si interseca un'altra problematica strutturale della politica economica e sociale brasiliana, quella dei trasporti. Le case popolari assegnate ai dezalogiados di solito si trovano ad almeno 3 ore dal centro della città e i trasporti sono molto cari, sicuramente non sostenibili per chi vive con un reddito minimo o medio-basso: spesso si assiste alla situazione paradossale per cui persone che pur hanno a disposizione una casa si trovano comunque a dormire per strada in quanto non riescono ad affrontare i costi dei trasporti pubblici per recarsi quotidianamente a lavorare in centro.

Di fronte a questa situazione emerge in maniera ancora più agghiacciante la scelta precisa e di campo fatta dal Governo: non usare beni e infrastrutture già esistenti che permetterebbero, oltre che di garantire il diritto all'abitare, anche di mantenere un prezzo della terra edificabile più basso, ma costruire altri edifici, nuovi, non adatti, lontani dal centro favorendo la i grandi speculatori.

Sono 300mila le persone a Rio de Janeiro soggette al meccanismo del dezalogio, 65 mila di queste l'hanno già subito; nella Zona Sul di Rio, la zona elegante della città, altre 625 famiglie sono minacciate di sgombero in quanto “inquinano” la bellezza della zona. Ma a questi numeri mettiamo a confronto altri, sicuramente più belli: sono quelli presentati dall'MNLM: sono circa 400 persone quelle che vivono ad oggi nelle 3 gradni occupazioni del MNLM a Rio, ma sono migliaia quelle coinvolte dalla loro lotta e che sono intercettate dalle attività del Movimento.

Concludiamo la nostra chiacchierata con Lourdinha con una domanda sulle mobilitazioni degli ultimi mesi, caratterizzate da una forte presenza di giovani che hanno riempito in decine di migliaia le strade delle principali città e che ancora oggi sono presenti in città con 3 occupazioni in diversi “punti nevralgici” di Rio. “Questa nuova generazione si è trovata di fronte a un vuoto” dice. “Vivono in un momento in cui le organizzazioni tradizionali come i sindacati di sinistra e altre organizzazioni della sinistra sociale brasiliana, storicamente legate al PT, si sono avvicinati al potere e istituzionalizzati e questo li ha lasciati privi di una tradizione di movimento e di punti di riferimento nelle dinamiche di lotta sociale. A giugno c'erano centinaia di persone in piazza che gridavano 'il Brasile si è svegliato', ignorando o tralasciando il fatto che ci sono movimenti e organismi tutt'ora attivi che mai si erano addormentati”. Conclude: “i giovani che si sono appena svegliati spesso non hanno l'umiltà di riconoscere le lotte che proseguono da anni e il percorso lungo che finora è stato fatto; è vero però che anche noi che lottiamo appunto da anni spesso non abbiamo l'umiltà di confrontarci con le nuove realtà giovanili e di comprenderle a fondo”.