L’allarmante rapporto del Segretario generale dell’ONU su un conflitto che l’Europa fa finta di non vedere

La guerra infinita del Congo: arruolamenti forzati e abusi sui minori

Delle 78 parti in conflitto, non ce n’è una che non si sia macchiata di crimini nei confronti dei minori: i primi responsabili sono le forze governative.

20 / 1 / 2023

“Prima c’è la paura. La paura che si accompagna agli orrori ai quali ti costringono ad assistere, al dolore delle botte, degli stupri e delle violenze subite. Poi ti prende un senso di vuoto infinito. Tutto diventa abitudine. Pensi che la vita sia questa. Uccidi e violenti anche tu senza nessun rimorso". Così racconta un ex bambino soldato della regione del Kivu, ai confini orientali della Repubblica Democratica del Congo. Bambini che hanno visto tutti gli orrori di questo mondo, spiega la psicoterapeuta Colette Kitoga Habanawema che lavora al centro Mater Misericordiae di Bukavu dedicato ai minori vittime di guerra: “Sono stati drogati, sono stati picchiati e violentati. Il loro recupero è difficilissimo. Spesso neppure la loro famiglia di origine li vuole. Quelli che hanno subito mutilazioni difficilmente vengono accolti di nuovo; anche le loro famiglie sono traumatizzate. Ci vuole molta pazienza con loro: hanno attacchi violenti e rompono tutto ciò che li circonda”. Per le bambine è ancora peggio: “Ero la donna di uno dei capi, ero la sua schiava - racconta una bambina del centro -: dovevo tenere tutto in ordine, tutto pulito e preparargli da mangiare, la notte dovevo essere la sua schiava sessuale e soddisfare tutte le sue voglie. Poi quando lui è morto gli altri soldati hanno abusato di me, continuamente. Avevo solo voglia di suicidarmi”.

I numeri riportati nell’ultimo rapporto delle Nazioni Unite, datato 10 ottobre 2022, “I bambini e il conflitto armato nella Repubblica Democratica del Congo”, sono terrificanti: 7 mila 616 violenze accertate ai danni di bambini e bambine negli ultimi mesi del 2022. Attenzione. Parliamo di violenze “accertate”. I numeri sono ragionevolmente molto più alti. Le restrizioni alla mobilità dovute alle pandemie di Covid e di ebola, le questioni di sicurezza militare legate alle attività dell’esercito e dei gruppi armati, nonché all’omertà che spesso circondano questi episodi, sono tutti fattori che impediscono la raccolta di dati più reali.

“Tra le violazioni riscontrate rientrano l’arruolamento, il rapimento, l’assassinio e le violenze sessuali” spiega Maria Stefania Cataleta, avvocata presso la Corte penale Internazionale - “Le province di Ituri e del Nord-Kivu sono tra le più interessate dalla guerra. E’ qui che si registra il più alto numero di vittime”.

Una guerra infinita, quella che si combatte nella Repubblica del Congo. Una guerra indicata nei libri di storia come la “guerra mondiale africana” per il numero di Paesi - ben otto - che ha coinvolto e per il numero impressionate di morti, quasi 5 milioni e mezzo. Tanto da essere definito il conflitto più sanguinoso della storia dell’umanità, dopo la Seconda guerra mondiale. Scoppiata nel 1996 per il controllo dei ricchissimo i giacimenti minerari del Paese africano di coltan, diamanti e oro, il conflitto si è concluso formalmente con i trattati firmanti a Luanda ed a Pretoria nel 2002. Ma è stata solo una conclusione formale. Le regioni confinanti del Congo sono ancora fuori controllo, e messe a ferro e fuoco da formazione paramilitari xenofobe che trovano rifugio nei Paesi confinanti. I signori della guerra si contendono i giacimenti che sono i più ricchi di tutta l’Africa, ricavandone enormi profitti commerciando con le varie multinazionali estrattive mentre l’Europa e gli altri Paesi “democratici” e “civili” preferiscono guadare in altre direzioni. Alla popolazione non resta che il ruolo della vittima di guerra: carne da macello nei combattimenti, schiavi nelle miniere sino a morire di fame o di malattia. Chi può, fugge. Il conflitto sino ad oggi ha causato 6,2 milioni di sfollati. Il numero più altro di tutto il continente.
Bambini e bambine sono i primi a pagare le spese della guerra. Sono una merce ambita nell’economia del conflitto. Puoi far fare loro di tutto: stuprarli, adoperarli come schiavi nelle miniere, addestrarli al combattimento, alle torture e all'assassinio, ricattare e terrorizzare le loro famiglie e i loro villaggi. 

“Spesso i bambini e le bambine sono arruolati a forza a titolo di punizione collettiva di un villaggio che non ha appoggiato il gruppo armato di turno” spiega Maria Stefania Cataleta. “Il Nord-Kivu è la provincia con il maggior numero di episodi violenti (4 014 in totale), in coincidenza con il numero più elevato di gruppi armati presenti. Ma anche in Ituri si registra una situazione di pari gravità, dove i bambini sono vittime di rapimenti, omicidi, violazioni all’integrità fisica, arruolamenti e violenze sessuali, sopratutto da parte delle Forze alleate democratiche, della Cooperativa per lo sviluppo del Congo e della Forza di resistenza patriottica dell’Ituri”.

Delle 78 parti in conflitto, non ce n’è una che non si sia macchiata di crimini nei confronti dei minori. “Le forze governative e di sicurezza non fanno eccezione - continua Cataleta - e sono ugualmente coinvolte nei numerosi episodi di violenza sessuale. Secondo il rapporto Onu, il 51% di tutte le violazioni attribuite alle forze governative lo sono rappresentate dallo stupro e da altre forme di violenza sessuale contro i bambini. Ed anche qui si ritiene che i problemi legati alla pandemia e le difficoltà di accesso ai luoghi, abbiano celato la reale portata di queste violazioni, che sarebbero in numero notevolmente maggiore”.
In altre parole, dei crimini commessi contro i minori, polizia ed esercito regolare sono responsabili quanto i gruppi paramilitari, se non di più!

“In un contesto già così allarmante, i minori sono privati anche della protezione da parte delle istituzioni. Anzi, proprio a queste istituzioni sono addebitabili le più gravi violazioni dei diritti dell’infanzia, come denunciato dal Rapporto con riferimento alle responsabilità acclarate in capo alle FARDC per odiosi reati a sfondo sessuale. Occorre - conclude l’avvocata per i diritti civili - fare pressione sul Governo congolese affinché assuma impegni seri e metta in atto delle politiche preventive e repressive contro queste pratiche largamente diffuse nel Paese. Naturalmente, affinché vi sia un effetto dissuasivo, anche la giustizia penale internazionale dovrà continuare a fare la sua parte”.

E magari anche l’Europa, dovrebbe imparare ad assumersi le sue responsabilità e non essere più complice!