La costituzionalizzazio-ne dell'aborto in Francia tra avanzamenti e contraddizioni

22 / 12 / 2022

La rubrica “Le Père Duchesne: uno sguardo sulla Francia” deve il suo nome al personaggio Père Duchesne, che nella mitologia popolare francese rappresentano “l’uomo del popolo” che denuncia abusi e ingiustizie commesse dai potenti. Non è un caso che molti giornali nati durante la Rivoluzione Francese si chiamassero in questo modo. Sulla scia di questa tradizione prende il nome questa rubrica di Global Project dedicata alla politica interna francese, ai movimenti sociali e alle manifestazioni che avvengono in Francia. La rubrica è curata da Athénaïs Athénaïs Gauthier Hagry che sta svolgendo nella nostra redazione uno stage nell’ambito dell’European Solidarity Corps.

L'ultimo anno è stato disastroso in termini di accesso all'aborto: la Corte Suprema degli Stati Uniti, con la decisione Dobbs v Jackson Women’s Health Organization, ha ribaltato il diritto costituzionale all'aborto che esisteva dal 1973, annullando così lo storico e simbolico caso Roe v. Wade. Sebbene questa decisione abbia sconvolto il mondo, da allora l'accesso all'aborto è stato continuamente rimesso in discussione nei paesi dove è previsto e in alcuni casi, come quello della Polonia, sono state respinte in Parlamento leggi per legalizzarlo. 

In questa realtà apparentemente distopica, la Francia ha preso posizione sulle questioni riguardanti i diritti delle donne e il diritto all’aborto. Il 24 novembre, l'Assemblea Nazionale francese ha votato per l'aggiunta dell'accesso all'aborto nella Costituzione francese, all'articolo 66: "La legge garantisce l'effettività e l'uguaglianza di accesso al diritto all'aborto". Su 387 voti, 337 deputati hanno votato a favore, 18 si sono astenuti e 32 hanno votato contro.

Il testo è stato messo all'ordine del giorno dell'Assemblea Nazionale dai deputati di La France Insoumise nell'ambito della "niche parlementaire", ovvero una giornata che consente ai gruppi di minoranza di fissare l'agenda dell'emiciclo. La sinistra e la maggioranza dell'assemblea si sono accordate sulla proposta che garantisce l'accesso all'aborto, che comunque rimane più debole rispetto alla proposta iniziale che menzionava anche il diritto alla contraccezione.

Ora che la proposta costituzionale è stata accettata dall'Assemblea Nazionale, il Senato deve votare il testo in termini identici, e poi il popolo francese deve essere consultato attraverso un referendum nazionale o deve essere convocato il Congresso, se Macron decide di adottare il testo. Quindi, sì, il voto dell'Assemblea nazionale è importante, storico e simbolico, ma non è ancora tutto acquisito.

È necessario tenere in considerazione diversi aspetti. Innanzitutto, il Senato ha una maggioranza di destra. Inoltre, il Senato deve votare il testo esatto proposto dall'Assemblea Nazionale, il che significherebbe accettare l'introduzione del diritto all'aborto illimitato. Bisogna ricordare che non è la prima volta che il Senato vota sulla costituzionalizzazione dell'aborto. Il 19 ottobre 2022, Melanie Vogel, senatrice ecologista, aveva già proposto di inserire il diritto all'aborto e alla contraccezione nella Costituzione francese. Ma il testo è stato respinto: 139 senatori hanno votato a favore e 172 contro. Secondo Laurence Rossignol, ex ministro per i Diritti delle donne, il Senato ha inviato un segnale che conferma una presenza massiccia al suo interno di "oppositori delle libertà delle donne". Sembra quindi che il voto del Senato non sia affatto garantito.

Per quanto riguarda il referendum, i sondaggi commissionati dal Consiglio superiore per l'uguaglianza tra donne e uomini indicano che l'81% dei francesi è favorevole alla costituzionalizzazione del diritto all'aborto. Purtroppo, finché si tratta solo di un sondaggio è difficile cantare vittoria.

Questa decisione purtroppo non risolverà tutti i problemi legati al diritto all'aborto. L'Assemblea Nazionale aveva già adottato a febbraio l'estensione del termine legale per l'aborto da dodici a 14 settimane di gravidanza. L'obiettivo è rispondere alla mancanza di operatori e alla chiusura di alcuni centri per l'aborto. La dottoressa Laura Marin Marin, portavoce dell'associazione nazionale dei centri per l'aborto e la contraccezione, ha denunciato il fatto che "in Francia ci sono luoghi in cui le donne non vengono ancora prese in carico oltre la dodicesima settimana di gravidanza, e in cui vengono reindirizzate verso altri centri". Le disuguaglianze non sono dovute solo a disparità regionali, ma anche al rifiuto dei medici di praticare l'aborto.

Dal punto di vista culturale, questa decisione arriva in concomitanza con l’uscita di due nuovi film sull'argomento, che trattano la turbolenta storia dell'aborto in Francia. Il primo film si intitola “Simone, le voyage du siècle” e segue la vita di Simone Veil, una figura particolarmente simbolica del movimento femminista, durante il periodo della preparazione della legge Veil, che ha depenalizzato l'aborto, il 17 gennaio 1975. La seconda, “Annie Colère” parla del Movimento per la Libertà di Aborto e Contraccezione (MLAC). Il MLAC è un movimento transitorio nato nel 1973 e durato solo 18 mesi. Era composto da medici e femministe militanti che praticavano aborti illegali, organizzavano viaggi all'estero per le donne che avevano bisogno di un aborto oltre le 8 settimane e manifestavano per legalizzare questo iter medico.

Il rinnovato interesse per le tematiche legate all’accesso all’aborto sottende la necessità di tutelare e rendere effettivo il diritto all'aborto, che non è altro che un'estensione dei diritti delle donne. In diversi paesi democratici, tra cui l'Italia, si assiste a un aumento dei movimenti conservatori anti-abortisti, un fenomeno che preoccupa molti.

Questo possibile emendamento alla Costituzione francese invia un messaggio molto chiaro: il diritto all'aborto è un diritto umano che non deve essere toccato. L'aborto è sempre esistito e tante donne sono morte in aborti clandestini, quindi dobbiamo proteggerlo perché in fin dei conti stiamo proteggendo delle vite umane.

Simone de Beauvoir diceva: "Basterà una crisi politica, economica o religiosa perché i diritti delle donne siano messi in discussione".  La crisi è arrivata e spetta ancora alle donne lottare per i loro diritti. Diritti che, non dimentichiamolo, non sono acquisiti per tutte le donne del mondo ma che dovrebbero esserlo. Vedremo se la Francia, un Paese che pretende di rappresentare i diritti umani, avrà il coraggio di difendere i diritti delle donne.