La caduta di al-Baghdadi. L'ascesa, la rivelazione e la fine del leader dell'Isis

29 / 10 / 2019

Dal momento in cui, nel luglio 2014, salì sul Minbar della Moschea al-Nuri di Mosul, vestito di nero, per autoproclamarsi califfo del mondo islamico, fino alla sua fine di domenica scorsa durante un raid delle forze speciali Usa, Ibrahim Al-Badri meglio conosciuto come Abu Bakr Al-Baghdadi, era probabilmente una delle persone più ricercate, e pericolose, al mondo.

In molto meno tempo rispetto ad altri leaders o figure di spicco del terrorismo internazionale di matrice jihadista, Al-Baghdadi e la sua organizzazione (ISIS) hanno provocato con successo uno sconvolgimento senza eguali nel Medio Oriente e in tutto il mondo “Occidentale”. In generale, questo “oscuro personaggio” è stato l’insieme di tutte le paure, interpretando la figura di un uomo catapultato nel presente direttamente dagli anni della conquista islamica del Levante e dell’Oriente e inserendosi abilmente nei campi di battaglia della guerra civile siriana.

Durante il sermone di quel giorno buio a Mosul, Baghdadi invocò il ritorno ai fasti degli antichi califfi, in particolare alla dinastia Abbazie, che a Baghdad ebbero la loro capitale, e che gli storici individuano come l’età dell’oro dell’Islam.

Posseduto da un senso del destino che molto spesso è sconfinato nel narcisismo, Baghdadi si auto-convinse di poter rovesciare i governi della regione ed instaurare un regime dove l’importanza, e con essa le pratiche, ricalcassero quelle dei califfati di 1500 anni prima, relegando così in un angolo gli avversari, mettendo in pratica l’unione di tutti i mussulmani sotto un unico governo. Una figura talmente vanitosa da credere, inoltre, che le sue gesta in Iraq e Siria, e la causa violenta che stava perseguendo, avrebbero superato di gran lunga quelle dei suoi predecessori e leader jihadisti come Osama bin-Laden e Abu Musab al-Zarqawi.

Prima di auto-proclamarsi Califfo Ibrahim, leader dell’auto-proclamato Stato Islamico delle dimensioni della Gran Bretagna, con una popolazione di 12 milioni di persone, che abbatte le frontiere tra Iraq e Siria, passò oltre dieci anni ha prepararsi per quel momento.

Poco si sa della sua vita e anche quel poco non ha mai indicato che potesse aspirare a diventare il futuro leader del più grande gruppo jihadista conosciuto, che vede nel rifiuto della modernità il suo slancio ideologico e nella violenza la sua principale pratica.

Di lui si sa che ha conseguito una laurea e un Phd in studi islamici e che nel 2004 venne arrestato a Fallujah dagli americani in quanto partecipante alla rivolta sunnita contro l’occupazione americana.

Si sa per certo invece che fu internato a Camp Bucca, la prigione divenuta famosa per le torture che venivano inflitte ai prigionieri, e anche perché ha rappresentato il luogo in cui centinaia di persone si sono radicalizzate, sulla falsa riga di quanto successo in Siria nelle prigioni di Assad.

Fu proprio dentro a Camp Bucca che Baghdadi cominciò la sua scalata al potere. Le testimonianza degli altri prigionieri ci consegnano un ritratto di una persona pacata ma che con il passare del tempo accresce la sua autorità all’interno della prigione, senza pretese ma costantemente, facendosi rispettare da tutti soprattutto per il ruolo di arbitro e giudice che assume nelle dispute tra i detenuti. 

Venne scarcerato dopo 9 mesi di detenzione riuscendo a provare la sua estraneità alla rivolta anti-americana che stava infiammando le città e le strade irachene. La cattura e l’uccisione di Saddam Hussein portarono al governo, con il sostegno americano, la maggioranza sciita fino a quel momento vessata, mettendo così in un angolo i sunniti che avevano governato fino ad allora, inasprendo così il conflitto tra le due correnti dell’Islam che era stato sempre controllato dal governo autoritario di Saddam.

Ad un anno dal suo rilascio, Baghdadi siede nel consiglio dei Mujahideen, una coalizione di gruppi jihadisti che resistevano all’occupazione americana, dimostrando che il motivo del suo rilascio da Camp Bucca era totalmente errato.

Negli anni più bui della guerra civile, scalò i ranghi degli insorti e prese una posizione sempre più influente nella catena di comando. Quando ne diventò poi il leader, il gruppo già si chiamava ISI, ovvero Stato Islamico dell’Iraq. Mantenne contatti con Al-Qaeda, rimanendo per molto tempo una seria minaccia per il governo sciita post-Saddam, attraverso una campagna di attentati che colpì duramente la popolazione civile.

Il tutto cambia quando nel 2011 il Medio Oriente viene scosso da una serie di sollevamenti popolari, chiamati poi Primavere, che destabilizzarono la regione, compresa la Siria.

Quando emerse che il governo di Damasco cercava di arginare la protesta a suon di proiettili e cannonate, Baghdadi scorse l’opportunità per sè e per il suo gruppo di ampliare le rivolte e il suo potere al di fuori dell’Iraq. Nel 2012 egli decise di spostare in Siria decine e decine di jihadisti che si unirono a quelli usciti dalle carceri siriane dopo un’amnistia, nel tentativo di recuperare consenso da parte di Assad. Nel 2013 fu il turno di una parte della leadership degli insorti iracheni passare il confine che ben presto si mise a gettare le basi per la creazione del più grande gruppo terroristico del Medio Oriente.

Nel tardo 2013, quando le forze e l’organizzazione furono pronte all’azione, Baghdadi annunciò la nascita dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS), a discapito di un’altra formazione jihadista stava imperversando in Siria, Jahbat al-Nusra. Da quel momento in poi, il centro del mondo arabo, venne sommerso dalla brutale realtà della paura, della violenza e dall’implementazione dei costumi e della Sharia, la legge islamica.

Nel giugno del 2014 Daesh prende il controllo di Mosul e di altre importanti città del centro-nord Iraq, così come tutta la frontiera con la Siria. Da quel momento in poi le notizie e le immagini relative alle violenze del gruppo divennero mainstream, così come le notizie della fuga di migliaia di persone dalle persecuzioni che i miliziani perpetrarono contro le minoranze etniche e religiose dell’area.

Baghdadi riuscì così nel piano nel quale i suoi predecessori jihadisti, Bin Laden compreso, fallirono: mettere a ferro e fuoco la regione, destabilizzandola e colpire, non solo a parole, l’Europa e gli Usa.

Nessuna singola figura è riuscita a causare tanto in così poco tempo.

Al Baghdadi è morto il 27 ottobre 2019 in un raid delle forze speciali statunitensi a Barisha, un villaggio a soli 5 km dalla frontiera con la Turchia nella regione di Idlib, controllata dagli ultimi jihadisti e sotto tutela turca, con mogli e figli. Il contesto del raid, ed il racconto dello stesso fatto da Trump, rimane nebuloso e pieno di incongruenze legate alle tempistiche ed a cosa sia veramente successo quella notte in quel villaggio.

La certezza che Al-Baghdadi è morto, ma come possiamo essere sicuri che le sue idee lo siano?