Kosovo - Ancora proteste all'interno del Parlamento

16 / 12 / 2015

Le proteste sono organizzate da mesi dall’opposizione per chiedere l’annullamento dell’accordo per la normalizzazione dei rapporti con la Serbia.

Il Parlamento del Kosovo nelle ultime settimane assomiglia più a una piazza di guerriglia urbana, che a una sede istituzionale. L'ultimo episodio di scontro tra maggioranza e opposizione risale a lunedì 14 dicembre, quando la minoranza nazionalista ha lanciato gas lacrimogeni dentro l'aula per bloccare i lavori. E' ormai dai primi di ottobre che i nazionalisti stanno bloccando le attività parlamentari con contestazioni verbali, lanci di oggetti, utilizzo dello spray al peperoncino e dei gas urticanti. L'oggetto di uno scontro così aspro è l'accordo firmato il 25 agosto scorso tra il premier kosovaro Isa Mustafa e l'omologo serbo Aleksandar Vucic, con la mediazione dell'UE, in particolare dell'Alto Rappresentante della Politica Estera Federica Mogherini.

Il testo sottoscritto a fine agosto dai due paesi prevede la creazione di un'Assemblea delle municipalità serbe nel nord del Kosovo e la creazione di doppie compagnie telefoniche, elettriche e idriche. Proprio sul primo punto dell'accordo si sono scatenate le polemiche che hanno portato allo scontro sia in piazza che all'interno delle istituzioni. Il governo serbo ritiene che l'Assemblea sia un vero organismo con poteri esecutivi in economia, sanità istruzione e pianificazione rurale e urbana sul modello dell'Alto Adige. Il primo ministro di Pristina sostiene invece che si tratta solo di un associazione che avrà un ruolo simile ad una ONG e dovrà rispettare la Costituzione kosovara. L'altro motivo della protesta riguarda la demarcazione del confine tra Kosovo e Montenegro. Si tratta di un ulteriore passaggio per la normalizzazione dei rapporti con la Serbia che però l'opposizione nazionalista rifiuta, ritenendo che in questo modo verrà minata la sovranità kosovara sul nord del paese a maggioranza serba e che sarà ceduta una parte del proprio territorio.

Da due mesi la tensione è altissima, tanto che a Novembre la Corte Costituzionale ha sospeso l'attuazione dell'accordo fino al 12 gennaio, a seguito della richiesta della Presidente del Kosovo per pacificare la situazione nel paese. Ciononostante l'opposizione ha continuato a creare ostruzionismo per ottenere la cancellazione definitiva del testo firmato a Bruxelles. Tutto inizia il 9 ottobre quando venne arrestato il deputato Albin Kurti, ledaer del movimento Vetevensdoje (Autodeterminazione), per avere lanciato un lacrimogeno nell'aula del Parlamento. Il 12 ottobre duecento manifestanti si sono scontrati con la polizia lanciando pietre e incendiando le auto in solidarietà a Kurti. Quella di lunedì è la sesta volta che vengono introdotti i lacrimogeni all'interno della Camera, portando così a dieci il numero di parlamentari arrestati dalla polizia.

Il 7 dicembre si sono verificati due fatti ancora più gravi contro la popolazione serba. In due punti diversi della provincia orientale, ci sono stati due attacchi con armi da fuoco che avevano preso di mira la minoranza serba. Nel primo è stato distrutto un monumento posto a memoria delle vittime dei bombardamenti della NATO, si sono verificati alcuni spari sulle abitazioni e infine gli aggressori hanno dato fuoco ad alcune auto di cittadini serbi. Nel secondo, da una macchina in corsa sono partiti otto proiettili verso un negozio con all'interno la proprietaria e un cliente, entrambi di nazionalità serba. Sono episodi gravi, che segnano il livello della tensione e dello scontro che sale in un paese dove rimane ancora forte l'odio etnico.

Il governo di Mustafa ha la maggioranza di due terzi nel Parlamento di Pristina e forte dei numeri per far passare l'accordo, rifiuta qualsiasi dialogo con l'opposizione. Quest'ultima, per opporsi alla ratificazione ha come unica arma il blocco dei lavori parlamentari. Come l'alternativa l'opposizione ha proposto un referendum o le elezioni anticipate, richieste però ignorate dalla maggioranza di governo. Per cercare di sbloccare la situazione è intervenuto anche il segretario di Stato statunitense John Kerry, invitando l'opposizione a cessare le proteste violente e a spingere per una normalizzazione dei rapporti tra Kosovo e Serbia. Kerry ha dichiarato che “gli Stati Uniti hanno investito molto sul Kosovo, e non sosterebbero mai un accordo che metta a rischio la sovranità, l'indipendenza e la stabilità del paese”. Gli USA hanno infatti speso tante energie a favore dell'autonomia del paese dove hanno costruito la più grande base militare d'Europa.

In questi giorni anche la vicina Albania si è mossa per facilitare il dialogo tra maggioranza e opposizione e far passare l'accordo senza ulteriori violenze. Tuttavia alcuni giornalisti sostengono che in realtà la “crisi del parlamento” sia solo un artificio per allontanare il Tribunale speciale sui crimini commessi dall'UCK, l'Esercito di Librazione del Kosovo durante la guerra per l'indipendenza. Le proteste sono destinate a proseguire e il livello dello scontro potrebbe mutare in seguito della decisione della Corte Costituzionale prevista tra un mese.