Il patto Merkel-Erdogan sulla pelle di curdi e rifugiati

Mentre migliaia di persone protestano contro l'attentato di Ankara e l'autoritarismo di Erdogan, l'Europa sta per dichiarare la Turchia "paese di provenienza sicuro". Ieri la trasferta turca della cancelliera tedesca

19 / 10 / 2015

Lo scorso martedì il capo di Stato turco Recep Tayyip Erogan è stato ospite a Bruxelles. All'ordine del giorno ha presentato una proposta dell'Unione Europea riguardante il superamento della “crisi dei rifugiati”. Il meeting è stato chiaramente produttivo per entrambe le parti, al punto che la Bild della Springers ha potuto titolare con l'usuale linguaggio infantile “Erdogan è di nuovo nostro amico?”.

Come dimenticare: negli anni passati ci sono stati ricorrenti “malumori” tra Berlino/Bruxelles e Ankara. I rappresentanti dell'Unione Europea criticavano la situazione dei diritti umani in Turchia, la repressione brutale dell'opposizione politica durante le proteste a Gezi, l'ammutolimento dei giornalisti critici. Il malcontento, però, è rimasto sempre verbale, senza intaccare la stretta cooperazione economica, militare e poliziesca con il sultano.

E poichè le parole sono, per l'appunto, parole, e volano via in fretta nel confronto con la realtà, adesso “noi” siamo di nuovo “amici”, poichè ora è in gioco qualcosa di più importante rispetto a scontati ammonimenti ed esortazioni altisonanti. “Noi” siamo adesso di nuovo “amici”, ovvero Angela Merkel, Jean-Claude Juncker, Donald Tusk e Recep Tayyip Erdogan, perchè “noi” abbiamo qualche preoccupazione: da una parte “ci” disturba cosa fa il “Russo” in Siria e per questo non possiamo mettere da parte un partner della NATO come la Turchia. Dall'altra, non sappiamo cosa dovremmo fare con tutti questi rifugiati che arrivano incontrollati sulle “nostre” isole di benessere. E visto che si è rivelato altamente impopolare che uno di “noi”, come ad esempio il protofascista ungherese Victor Orban, tiri su muri di filo spinato, forse è meglio che lo faccia Erdogan, che almeno è più lontano.

Soldi e visti in cambio di tranquillità e ordine

Così si è arrivati alla stipula di un accordo con la tanto spesso redarguita Turchia. Le fondamenta di questo accordo sono essenzialmente queste: noi ti diamo soldi e la liberalizzazione dei visti per i toii cittadini e tu impedisci ai rifugiati di arrivare in Europa. Qui la mano!

Ma leggiamo per prima cosa le dichiarazioni ufficiali. Nell'incontro Unione Europea–Turchia, è servito come base della discussione un documento che porta effettivamente il titolo “Il piano Merkel”. Scritto da una “European Stability Iniatiative” (iniziativa di stabilità europea), il suo contenuto è facilmente riassumibile in pochi punti: la Germania dovrebbe, nei prossimi dodici mesi, accogliere 500.000 rifugiati siriani attualmente registrati in Turchia. Dopodichè la Turchia dovrebbe acconsentire “a partire da una certa data” a riprendersi tutti i nuovi migranti che dal Paese tentano di raggiungere la Grecia. Per affrontare questo compito, la Turchia dovrebbe ricevere degli aiuti monetari e, giusto in tempo per diventare il regalo elettorale per Erdogan, il sostegno della Germania nel garantire un ingresso senza visto in Europa per i cittadini regolari.

In Turchia dovrebbero quindi essere costruiti ulteriori, enormi (effettivamente enormi, contando che si tratta di milioni di rifugiati) centri di detenzione, dai quali probabilmente si potrà inoltrare una richiesta di asilo in Europa. Ciò garantirebbe di non dover far entrare tutti, ma di restringere gli ingressi esclusivamente alle persone di cui Stato e Capitale hanno bisogno. Ritorna in mente il dibattito riguardante un “sistema a punti” per l'immigrazione: sei già finemente formato e possiamo sfruttarti per bene? Benvenuto! Non lo sei ancora e non hai nente? Allora rimani nel tuo lager! Bisogna addirittura capacitarsi che su questo punto persino Erdogan ha criticato l'Unione Europea: la selezione dei rifugiati secondo il loro livello di istruzione e secondo la religione sarebbe “inumana”.

Molti elementi di questo piano sono chiaramente folli. Si inizia col pagare miliardi ad un governo, i cui smisurati eccessi di corruzione sono provati perfino da intercettazioni audio. Ci ricordiamo di quando Bilal Erdogan chiamò suo padre poco prima dell'indagine delle istituzioni turche per chiarire la semplice domanda: “Papà, dove dovrei nasconderli adesso i soldi?”

Un Paese in guerra civile come “Stato di provenienza sicuro”

Ma ancora più interessanti sono altri elementi del patto Erdogan-Merkel in costruzione. Se nelle settimane passate era ancora una fantasticheria da omuncolo della CSU, ora si è effettivamente avviato il processo di categorizzazione della Turchia come “Paese di orgine sicuro”. “La Turchia appartiene alla lista degli Stati sicuri” ha sottolineato il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker davanti al parlamento europeo a Strasburgo.

Viene da sfregarsi gli occhi e rileggere. La Turchia? “Sicura”?

“Stato di provenienza sicuro”? Non è proprio la Turchia il Paese nel quale poco tempo fa un alto generale ha dichiarato che si è “effettivamente in guerra da un paio di mesi” con la propria popolazione curda? Non è proprio la Turchia il Paese dal quale riceviamo permanentemente notizie di curde e curdi assassinati? Non è la Turchia il Paese nel quale gli attivisti e attiviste dell'opposizione politica vengono giustiziati durante razzie, come è da poco successo a Gunay Özarslan? Non è il Paese in cui i membri (e parlamentari) del partito al governo assaltano la redazione del più grande giornale critico del paese e ne distruggono gli uffici? E non è lo stesso Paese in cui neanche una settimana fa, un commando in missione straordinaria ha giustiziato in mezzo alla strada un ragazzo curdo, per poi legarne il cadavere ad un veicolo della polizia e trascinarlo attraverso la città?

Sì, esattamente. La Turchia è un Paese del genere, governato da una cricca di islamici neoliberali che parla apertamente di voler introdurre una dittatura presidenziale. Ed ora si vuole dichiarare questo Paese uno “Stato di provenienza sicuro”. E ciò cosa vuol dire? Vuol dire che la richiesta di asilo di un rifugiato proveniente da uno di questi Stati è, secondo il §29a della legge sull'asilo tedesca, da rifiutare come “chiaramente immotivata” - “a meno che i fatti dichiarati dal richiedente asilo o le prove da lui/lei in possesso, costituiscano fondamento per supporre che, a differenza della situazione generale dello Stato di provenienza, la persecuzione politica costituisca una minaccia”.

Tralasciando il fatto che nel caso della Turchia la “situazione generale” è già la guerra civile e che non si capisce cosa dovrebbe essere esattamente questa “differenza”, diventerà in futuro assai più difficile da parte delle persone che si trovano in situazioni difficili per motivi politici in Turchia inoltrare una richiesta d’asilo [in Europa, ndr].

Accordi segreti?

Possiamo inoltre considerare tutto ciò che risulterà dall'accordo sulle relazioni turco-europee in via non ufficiale. Per Erdogan si prospettano due sfere di interesse. Da un lato, vuole avere le spalle coperte nella sua guerra contro il movimento di liberazione curdo, che ruota attorno al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK). Il PKK è già considerato “organizzazione terroristica” in Europa e in Germania, ma Erdogan vuole arrivare a farsi sostenere in misura ancora maggiore nella campagna contro i curdi. Il suo obiettivo è che anche il partito curdo-siriano di unione democratica (PYD), che porta avanti in Rojava un progetto di autonomia e lotta contro le milizie jiahdiste, venga categorizzato come “terrorista” assieme alle sue truppe di difesa popolare YPG. In qualsiasi forma si concluda effettivamente, il patto Merkel–Erdogan porterà quasi certamente ad un peggioramento della situazione dei curdi nella regione e in Europa.

Rispetto alla contrattazione risulta molto importante anche il grande progetto di lunga data di Erdogan. Il governo dell'AKP prova da anni a trovare un motivo per attaccare la Siria. Da qualche tempo, anche sotto lo stendardo della “crisi dei rifugiati”. Sul territorio siriano dovrebbe essere creata, attraverso l'esercito turco, una “zona sicura” nella quale i rifugiati verrebbero fatti alloggiare in città di container. Questa zona dovrebbe essere gestita successivamente da truppe di terra di diverse “milizie dell'opposizione”, quindi combattenti dell'FSA, gruppi islamisti e turkmeni. Non risulta difficile immaginarsi con quale “gioia” (cit. Ministero degli esteri turco) i rifugiati vivranno in questa zona, utilizzati come scudi umani in una guerra barbarica.