Il Canada getta la maschera

L'assedio di polizia al campo Unist'ot'en scatena proteste in tutto il Paese.

12 / 1 / 2019

Con più di 60 azioni di protesta in tutto il Canada e migliaia di messaggi di solidarietà da tutto il mondo, la risposta al violento sgombero di lunedì lungo la strada forestale del Morice River in British Columbia è arrivata nitida e gridata: giù le mani dai nativi! Basta con la polizia strumento delle multinazionali! Il Canada rispetti la convenzione sui diritti dei popoli aborigeni!

La mobilitazione di quelle migliaia di persone scese in strada nonostante le temperature proibitive del Canada a inizio gennaio sembra aver effettivamente imposto uno stop alle operazioni di polizia. Polizia che dopo aver assaltato e smantellato il presidio dopo il primo ponte, e aver arrestato una quindicina di persone, si presumeva sarebbe avanzata verso la meta reale: il campo degli Unist'ot'en, una ventina di km nel cuore della foresta.

Là sulle sponde ora ghiacciate del Morice River gli esponenti del clan Unist'ot'en resistono stabilmente dall'aprile del 2009, quando decisero di opporsi alla costruzione dell'oleodotto della Enbridge, il Northern Gateway, che avrebbe comportato l'arrivo di petroliere sulle coste intonse del nord della British Columbia. Da allora, e per tutti questi anni, gli Unist'ot'en non hanno mai mollato la presa: le prime tende sono diventate baracche, donazioni e volontari internazionali hanno contribuito ad aggiungere un dormitorio, e poi una cucina attrezzata, altre stanze, un edificio da adibire a centro residenziale per cure psicologiche che era in costruzione nell'estate del 2016 quando ci siamo stati noi, e poi un orto, un'officina, un'area dove accamparsi. Il campo Unist'ot'en è rimasta una cellula di resistenza a bloccare l'accesso dei bianchi al territorio tradizionale dei nativi. Un blocco concreto per ostacolare la costruzione di altri gasdotti. Tanto che ora l'azienda proprietaria dell'ennesimo gasdotto diretto sulla costa si fa scortare dalla polizia per poter procedere con i lavori.

Quei pochi chilometri di tubature di passaggio nel territorio degli Unist'ot'en sono un tassello fondamentale di uno dei mega progetti appoggiati dai liberali di Trudeau che permetterebbe di trovare uno sbocco ad ovest per il gas da fracking estratto nel nordest della British Columbia: dai pozzi vicino ai confini con l'Alberta il gas verrebbe fatto arrivare sulla costa del Pacifico, a Kitimat, dove impianti di refrigerazione lo compatterebbero per poterlo caricare su navi cisterna dirette in Asia. Ecco il vero volto delle promesse “ambientaliste” di Justin Trudeau: miliardi di dollari di investimento ancora in idrocarburi, per alimentare la controversa pratica del fracking (fratturazione idraulica) e mettere in pericolo il Pacifico con i suoi milioni di salmoni selvaggi e balene e natura incontaminata.

Questa è la partita, e gli Unist'ot'en sono il granello che fa inceppare l'ingranaggio, visto che alcune tribù sulla costa e nell'interno si sono fatte comprare dalle promesse di benefici e dividendi. Ma gli Unist'ot'en, e con loro decine di altre First Nations, centinaia di attivisti, migliaia di cittadini, si oppongono.

E in migliaia il giorno dopo hanno voluto prendere le distanze dalla polizia, dal governo, dall'economia condotta in nome della predatoria estrazione di risorse senza calcolo dei costi futuri.

Le immagini di martedì 8 gennaio 2019 resteranno il segno di una svolta, non c'è dubbio. Per il momento la polizia è ferma a Houston, nel nord della British Columbia, all'incrocio della strada forestale con la highway 16 che porta all'Oceano. Mentre alcuni attivisti sono incatenati ad una seconda barricata, con temperature notturne attorno ai -20. Un calcolo di opportunità politica, probabilmente, ha imposto uno stop all'assedio. Che sicuramente ci sarà.

Ma stavolta l'opinione pubblica sarà pronta.

Questo è l'augurio che ci si può fare per un Paese disabituato a scendere in piazza, un Paese che si crogiola nella propria immagine grazie al premier giovane che blatera di riconciliazione salvo poi premere per la realizzazione di oleodotti e gasdotti e dighe nonostante la contrarietà dei nativi.

Questa volta, forse, il Canada ha finalmente gettato la maschera.