Giordania, l'ora siriana dei rifugiati

Intervista a Ekhlas Al Khawaldeh, Un Ponte per...

30 / 5 / 2014

La Conferenza di Tunisi per la Libertà di Espressione nell'ambito del progetto Shaping the Mena Coalition, così come le carovane "Sulle rotte dell'Euromediterraneo", è stata anche occasione per continuare ad approfondire la condizione dei rifugiati siriani nei paesi dell'area mediterranea. Grazie all'atelier sulle radio comunitarie nell'area Maghreb-Mashreck, abbiamo conosciuto Ekhlas Al Khawaldeh, responsabile in Giordania dell'ong Un Ponte per... per cui coordina il progetto di comunicazione Sa'a Surya (L'ora siriana).

Il progetto mira alla promozione dei diritti dei rifugiati siriani presenti in Giordania – circa 600mila con il certificato rilasciato da Unhcr ma almeno il doppio quelli senza alcuna registrazione formale - attraverso un programma radiofonico su due emittenti a diffusione nazionale (Yarmouk Fm, e Farah Al Nas).

Parte di loro vive nei tre campi profughi allestiti dal Governo in collaborazione con la Mezza Luna Rossa (il più grande quello di Al Azraq) ma la maggioranza dei cittadini siriani, almeno il 60%, vive nelle città e nei quartieri. A loro si indirizza la trasmissione Sa'a Surya, ci spiega Ekhlas, è nato per raggiungere i rifugiati che non rientrano nell'accoglienza centralizzata dei campi ma che si trovano sul territorio e necessitano di una azione mirata di promozione dei diritti e di conoscenza dei servizi disponibili (istruzione, salute, assistenza psicologica, protezione internazionale, tutela del minore) erogati dal Governo e dalle ong. Ekhlas ci fa notare che la condizione dei rifugiati nei quartieri è meno favorevole rispetto a quella di chi è alloggiato nei campi, poiché si tratta spesso di piccoli gruppi socialmente isolati e senza contatti con la rete dei servizi. Il programma ha come obiettivo quello di colmare il gap informativo tra servizi, istituzionali e non, e rifugiati.

Nonostante il programma di intervento regionale in cooperazione tra Unhcr, Governo e ong locali, l'accesso all'alloggio rappresenta una grave criticità per i siriani: il costo degli affitti, altissimo anche per gli stessi giordani, è inaccessibile per i rifugiati, che hanno difficoltà economiche e sono sottopagati, potendo lavorare solamente “in nero”, dato che il loro status non consente di essere occupati legalmente. I siriani trovano impiego in vari settori, principalmente nella ristorazione e nell'edilizia, ma esiste anche una classe media impiegata nell'istruzione e sanità privata e in altre professioni.

Abbiamo poi chiesto a Ekhlas Al Khawaldeh come sia l'interazione tra cittadini giordani e siriani, a quasi tre anni dall'inizio della crisi siriana. Ekhlas ci conferma che se inizialmente, nel marzo 2011, lo spirito di accoglienza era molto forte, col passare del tempo le relazioni si sono irrigidite, si è innescata una ­“competizione tra poveri”, con tensioni e conflitti: “I cittadini giordani ritengono che i siriani sottraggano loro servizi, risorse e opportunità di lavoro”.

Per via di queste difficoltà, i rifugiati siriani aspirano a trasferirsi nei paesi europei, ma ogni canale di partenza autorizzata verso l'Europa è chiuso. Le richieste di visto sono sistematicamente rifiutate, senza contare che anche il rinnovo del passaporto siriano richiede oltre un anno di attesa, aggiungendo così ulteriori disagi. “Dalla mia esperienza, che consta di circa un centinaio di testimonianze, le Ambasciate dei paesi europei rigettano le richieste di visto anche da parte di persone con elevate risorse economiche e con professionalità e titoli riconosciuti”.

I viaggi attraverso rotte estremamente pericolose, a prezzi esorbitanti (Ekhlas riferisce di circa 10mila euro per un passaggio verso la Turchia), restano quindi l'unica alternativa possibile ad un presente senza prospettive.

Intervista a Ekhlas Al Khawaldeh

La presenza dei rifugiati e il progetto comunicazione Sa'a Surya "L'ora siriana".

Le condizioni di vita dei rifugiati siriani e come questa presenza è vissuta dalla società giordana.

L'impossibile viaggio verso l'Europa che molti rifugiati siriani vogliono intraprendere 


Intervista realizzata durante  la Conferenza internazionale sulla libertà d'espressione, all'interno del progetto "Shaping The MENA Coalition on Freedom of Expression" di Un Ponte Per e Ya Basta sostenuto dall’Unione Europea per la costruzione di una coalizione internazionale per la difesa della libertà di espressione in Nord Africa e Medio Oriente. Globalproject in collaborazione con Osservatorio Iraq e Dinamopress segue l'evento e puoi trovare interviste video in www.wsftv.net.