Francia - Liberté, Egalité, Fiscalité. I movimenti che dicono no

Dal "printemps français" ai berretti rossi bretoni, l'inventario dei contestatori parla di una società 'in panne'.

10 / 12 / 2013

 La "rivolta fiscale" scoppiata in Bretagna contro l'eco-tassa sul trasporto merci, pur nella sua dimensione regionalista, condensa la crisi che mina il paese e accende i riflettori sull'impotenza del governo Hollande a gestirla e ancora meno a risolverla. 

La Bretagna era riuscita a trasformarsi, una regione agricola tradizionalmente povera aveva cambiato rotta grazie ai sostanziosi finanziamenti agricoli della Comunità europea. Modernizzazione e grossi investimenti nella solida filiera dell'industria agro-alimentare e dell'automobile che impiegano un 22% di operai (12% la media in Francia), poi l' innovazione nel settore delle tecnologie della comunicazione, hanno fatto del "modello bretone" un esempio economico di sviluppo e crescita. 

Oggi, tutto si sfalda e casca a pezzi. PSA, il gruppo Peugeot-Citroën licenzia un terzo dei lavoratori della fabbrica a Rennes, Alcatel-Lucent tenta di sopravvivere e i 65000 salariati di allevamenti e macelli (polli, ovini, salmoni) temono la serie di chiusure annunciate. 

Fattorie gigantesche per la produzione industriale di carne lottano per continuare a fornire prodotti di pessima qualità con l'aiuto dei fondi europei ma non hanno prospettiva. Oppure non resta che prendere tutt'altra strada, quella della qualità e dello sviluppo 'ecologico' con prodotti meglio elaborati come già stanno facendo numerosissime imprese agricole locali. Non è l'eco-tassa, peraltro manco applicata, a provocare i licenziamenti nell'industria agro-alimentare.  

Ma per calmare l'esaperazione di operai, piccoli artigiani, commercianti e tranquillizzare imprenditori e industriali, il governo Hollande ha innescato la retromarcia ed è corso ai ripari con una busta miliardaria e una temporanea sospensione della tassa europea che si basa sul principio del "chi inquina paga" , in attesa di farla scattare dal 2015. 

Hollande ha capito che la "punizione" fiscale infinita rafforza i populismi e alimenta movimenti sociali che attirano le destre, infatti il primo ministro, Marc Ayrault, ha annunciato una "revisione totale" del sistema fiscale. Intanto i sindacati, CFDT e CGT, dopo aver mantenuto un profilo basso prima sulla riforma delle pensioni e poi sulla spinosa questione del lavoro nel commercio durante i giorni festivi, si sono riattivati ma senza entusiasmo, restando nelle retrovie o, come nelle ultime settimane, annaspando con la fronda bretone. 

Una regione che ormai conta il più alto tasso di crescita della disoccupazione.

Le manifestazioni dei "berretti rossi" (da una storica rivolta contro le tasse del re nel XVII secolo), hanno attirato una gamma eterogenea  di contestatari che organizzavano blocchi stradali con decine di migliaia di persone, 30, 40, poi 50 mila manifestanti mentre, negli stessi giorni, la CGT portava in piazza, 10, 12 o 15 mila lavoratori. I sindacati constatano che l'allarme lanciato sull'innovazione del settore agro-alimentare è rimasto inascoltato. Nelle assemblee oppure attraverso i media, i rappresentanti sindacali insistono sul cambiamento e  ricordano quanto questo modello di sviluppo sia in crisi, la necessità di alternative e di nuove visioni economiche ma la lunga lista che somma gli allarmismi senza proporre soluzioni se non a lungo termine gode di scarso interesse tra gli stessi tesserati.

In un paese dove politici, tra i quali un numero importante di ministri e sotto-segretari bretoni, sono considerati sordi o paralizzati, il panorama delle opposizioni è sintomatico: dai piccoli e medi imprenditori ai militanti cattolici con i propri dissidenti, dai tassisti alle ostetriche,  ogni giorno ci sono mobilitazioni, scioperi e blocchi. Mentre il Front National moltiplica gli incontri e costruisce alleanze con il cartello dei partiti eurofobi  puntando ad allargare il consenso in vista delle elezioni europee in maggio 2014.