Francia - La "Loi Travail" non deve passare

La lunga e calda primavera francese contro la riforma della Legge sul Lavoro continua a mobilitare studenti, lavoratori precari e disoccupati, università e quartieri

15 / 4 / 2016

La pioggia non ha dato tregua in queste settimane di quotidiana opposizione alla Legge sul Lavoro.  Mentre centinaia di migliaia di persone in tutto il paese chiedono il ritiro della legge, dentro gli studi televisivi, ospitati da un Muséé de l'homme fastosamente inaugurato dopo un recente restauro ma blindato per l'occasione, Hollande si auto-invita nelle case dei francesi per ribadire che la Legge El-Khomri va avanti. La prova di forza è netta, chiara e brutale nella sua semplicità.

Le numerose giornate di sciopero dei lavoratori, di blocco dei licei e delle università, les #Nuitdebout dal 31 marzo, sono un messaggio che governo e Medef (confindustria francese), non intendono ascoltare. "Paris, debout, soulève-toi" si è estesa, si diffonde impedendo ogni esibizione del potere e delle sue rappresentanze che non sia super-protetta dalla polizia, che controlla minuziosamente i trasporti e chiude accessi ad interi quartieri. Da Mantes-la-Jolie (Yvelines) al Trocadéro, nell'opulento 16ème arrondissement, l'accoglienza 'popolare' a Valls come a Hollande viene respinta con l'uso della forza.

Si potrebbe dire che il governo stesso è in stato d'emergenza con manifestazioni quotidiane, decine di fermi e molti feriti. Alle manifestazioni sindacali si aggiunge un ampio corollario di "manif sauvages", che coinvolgono giorno e notte centinaia di persone dirette verso obiettivi legati alla finanziarizzazione del lavoro e della formazione, dalle agenzie del lavoro e immobiliari alle banche passando per i concessionari di automobili di lusso ed altre sedi di un mercato che espropria l'esistenza a milioni di persone. L’obiettivo è quello di contrastare l'operato di governo e Medef in ogni contesto di piazza, ma anche di rendere visibile ogni luogo di precarizzazione della vita, dove i diritti sociali vengono negati in cambio di una infinita flessibilità. Nel frattempo i ministri, insieme agli imprenditori, stanno codificando la discontinuità dell'impiego senza continuità di reddito per tutti.

Le azioni sono decise autonomamente dall'assemblea popolare di Place de la République/ de la Commune, che resta uno spazio di espressione con un pubblico che interagisce per "liberare la parola" e propone interventi animando la piazza dal tardo pomeriggio a notte inoltrata. L’assemblea gestisce l'attività in loco e permette l'essenziale scambio ma anche turn-over tra gruppi anonimi di persone, volontari che si offrono per organizzare le permanenze, collettivi militanti, sindacati, nonché la coordinazione delle "commissioni" (azioni e assistenza giuridica, media e comunicazione, servizio d'ordine-serenità, cucina e mensa, infermeria e assistenza medica, educazione popolare, clima, donne, migranti, banlieue, internazionale, arte e spettacolo, eccetera). Alle assemblee popolari partecipano anche molte figure di intellettuali, giornalisti, universitari, rappresentanti di organizzazioni sindacali e delle associazioni che fanno parte della "convergence des luttes", gruppo vasto ed eterogeneo che ha dato il via ai presidi notturni a Parigi e successivamente anche in altre città.  Questo "costruire" e ricostruire insieme giorno dopo giorno ha permesso di riconoscersi in uno spazio comune che va oltre il perimetro della piazza.

L'inventario delle mobilitazioni, manifestazioni, azioni e occupazioni ricorrenti è sempre più lungo a Parigi come in provincia, da Marsiglia a Rennes, Nantes, Montpellier, a Tolosa. In quest’ultima città centinaia di persone hanno 'accolto' il presidente Medef, Pierre Gattaz, in occasione di una conferenza sulla "solitudine" dei padroni. Polizia, CRS (gendarmeria, corpo speciale anti-sommossa), BAC (brigata anti-criminalità in borghese) sono intervenuti in maniera massiccia, provocando il corteo e tentando di impaurire gli studenti più giovani. Sistematicamente caricano e lanciano lacrimogeni, tirano con flash-ball e gettano granate assordanti, attaccano indiscriminatamente e con estrema violenza i manifestanti mettendo a rischio anche i passanti. A Parigi non esitano ad utilizzare ogni mezzo di offesa in qualsiasi luogo, anche in spazi attraversati dalla folla, come nei corridoi e alle uscite/entrate del Metrò. 

Giovedi 14, dopo l'ormai usuale dispersione forzata delle manifestazioni con nuvole intossicanti di gas e scene degne di un assalto militare, la polizia ha interrotto a Place de la République il corteo diretto a Bastille. Questa banalizzazione della repressione e della violenza poliziesca innesca però risposte adeguate da parte dei manifestanti. Dai droni ai mezzi della nettezza urbana passando per la RATP, rete dei trasporti pubblici, sia la prefettura che l'amministrazione cittadina hanno un solo fine: controllare e reprimere, smobilitare, isolare, chiudere ogni spazio e cancellare qualsiasi forma ed espressione di dissenso.  Intanto, il consenso citoyen si è spostato dal memoriale-propaganda dell'unité nationale: un terzo dei licei parigini resta bloccato, nelle università le assemblee e le attività di movimento proseguono, i sindacati continuano a mobilitare senza accontentarsi dei marginali ritocchi alla Legge sul lavoro promessi da Valls e da Hollande a quegli interlocutori o rappresentanti o portavoce che nelle piazze non esistono più.