Francia - Il canto dei bastoni a notre-dame-des-landes

Un "manifestival" per impedire l'evacuazione della ZAD, zona difesa e protetta dalla popolazione che vive e resiste contro il progetto di aeroporto.

10 / 10 / 2016

Sabato 8 ottobre è stata la giornata del "chant des bâtons" a Notre-Dame-des-Landes.

Bastoni che ogni partecipante è stato invitato a portare ed a lasciare sul posto per difendere gli spazi dove centinaia di cittadini hanno dato vita a progetti di riappropriazione ambientale. Bastoni per camminare, per portare pesi o per condurre gli animali al pascolo, per proteggere le dune ma soprattutto da usare nel caso di aggressione da parte delle forze dell'ordine per allontanare e colpire gli agricoltori, i collettivi e le associazioni che animano la lotta.

Circa quarantamila i manifestanti; cifra che ha dato risalto alla determinazione del movimento ambientalista nel portare avanti questa lotta - dopo il referendum regionale deciso da Hollande e tenutosi lo scorso giugno -, che ha visto il 55% dei votanti esprimersi favorevolmente al trasferimento dell'aeroporto a NDDL. Viene ribadito fortemente che si tratta di un progetto vecchio e dispendioso, per nientte innavativo dal punto di vista energetico. Solo gli interessi finanziari spiegano l'ostinazione politica sostenuta dalle differenti lobbies dei servizi territoriali e del cemento predatrici di territorio.

Il governo è impegnato dal 2014 in una procedura legale per aver violato la direttiva europea di protezione ambientale, una denuncia è sul tavolo della Commissione ed è stata presentata dall'associazione che ha confederato collettivi, abitanti, agricoltori, sindacati davanti al Parlamento Europeo. Inoltre, gli abitanti della ZAD non possono essere sfrattati dalle fattorie, dalle capanne o dalle case auto-costruite, nessuna procedura esecutiva è stata comunicata ai residenti fino ad oggi. Legalmente, i lavori non possono cominciare né quest'autunno e nemmeno la prossima primavera, a condizione che il Tribunale non decida, su richiesta del gruppo Vinci - impresa che ha in appalto la costruzione e la gestione dell'aeroporto - di far intervenire ufficiali giudiziari insieme alle forze dell'ordine per poi radere al suolo un intero villaggio, oggi abitato da circa 300 persone.

L'opacità giuridica dell'evacuazione della ZAD maschera quella politica del progetto di aeroporto.

Da settimane corrono voci di una imminente evacuazione della ZAD; intanto da ogni parte della Francia gli attivisti stanno convergendo a NDDL per organizzare il presidio dell'intera area destinata alla costruzione dell'infrastruttura aeroportuale, una zona di 1650 ettari. 

Il sindacato CGT del gruppo Vinci si è dichiarato contrario al trasferimento dell' attuale aeroporto di Nantes e chiede ai salariati di rifiutare il lavoro in ogni cantiere legato al progetto, appellandosi al diritto di non lavorare in condizioni pericolose e degradanti. Infatti si tratterebbe di lavorare sotto protezione poliziesca data la forte e storica opposizione locale e nazionale al progetto. La GCT adotta la stessa posizione per quanto riguarda la costruzione del muro a Calais e la distruzione della "jungle".

In marzo, durante la mobilitazione contro la Legge El-Khomri un comunicato della CGT-Vinci diceva : "Non siamo né mercenari, né schiavi: non vogliamo lavorare in un clima da guerra civile, ma nelle migliori condizioni, con dei diritti e della garanzie collettive, per un progetto di cui poter essere fieri perché socialmente utile invece che per un progetto abnorme e obsoleto ".

Il primo ministro Valls ha più volte annunciato che il cantiere sarebbe cominciato in ottobre, oppure in autunno, senza altre precisazioni, perché "la priorità è l'evacuazione di Calais" secondo il Ministero dell'interno. Per adesso l'ostacolo da parte del governo sarebbe quello di non poter ancora disporre della quantità necessaria di CRS, una decina di truppe oltre i quattro-cinque squadroni della gendarmeria che attualmente sono mobilitati contro i migranti di Calais. Migliaia di poliziotti che verrebbero a turno impiegati per "svuotare" il terreno occupato dagli abitanti della ZAD o della bidonville di Calais, per impedire la ri-occupazione nel corso del tempo, che si prospetta lungo, e per far fronte alle mobilitazioni conseguenti nelle diverse regioni.

Esiste il grande rischio di scontro frontale che caratterizza le lotte in Francia, non solo quelle ambientaliste. La morte di Remi Fraisse, ucciso nell'ottobre del 2014 dalle forze dell'ordine durante gli scontri nella ZAD di Sivens, è ancora viva nelle menti di tutti e tutte. E’ un prezzo altissimo che ha dovuto pagare una lotta che è riuscita a determinare la sospensione del cantiere di costruzione della diga nell'area naturalistica protetta, ma purtroppo già parzialmente devastata.  

Lo stato d'emergenza non può che rendere ancora più aspro ogni tipo di conflitto, come hanno dimostrato le mobilitazioni contro "la Loi Travail et son monde", e come lo provano gli arresti domiciliari emessi per un significativo numero di militanti senza prove giudiziarie a carico, sia a Nantes che a Rennes, in particolare a partire dalla COP21.