Farcela da soli

Il movimento dei lavoratori in Cina (2007-2008)

19 / 7 / 2010

A inizio novembre 2008 insegnanti di scuole elementari e medie della zona rurale di Chongqing, frustrati nel non vedersi consegnare gli stipendi, hanno organizzato una serie di scioperi in tutta la regione. In risposta le autorità locali hanno fatto qualcosa che solo pochi anni prima sarebbe stato impensabile: accettare di incontrare i rappresentanti degli insegnanti per risolvere di comune accordo la disputa.

Nel 2007 e 2008 ovunque in Cina le autorità sono state forzate a sedersi al tavolo delle negoziazioni non solo in contrasti con impiegati pubblici, ma sempre di più anche in dispute nel settore privato. Gli operai cinesi, oppressi dall’ aumento dei prezzi e dalla disoccupazione, irritati da abusi manageriali e incoraggiati da una revisionata legislazione sul lavoro, hanno protestato in tutto il Paese richiedendo l’intervento governativo. nella maggior parte dei casi, hanno avuto successo. In quasi tutte queste proteste pero’, la Federazione dei Sindacati di Tutta la Cina (ACFTU), l’unico sindacato ufficialmente riconosciuto, è stato assente.

La preoccupante divergenza tra le proteste collettive organizzate dagli operai e le attività dell’ACFTU che dovrebbero essere in difesa dei loro diritti è tema di questo rapporto.

Gli sviluppi socio-economici e legislativi, 2007-08

Il background economico e legislativo del periodo analizzato è fondamentale per la comprensione degli sviluppi del movimento operaio nel 2007 e 2008.

  • Dopo una crescita a due cifre durata una decina d’anni, la rapida espansione economica della Cina ha cominciato a rallentare alla fine della seconda metà del 2008. La disoccupazione è aumentata notevolmente durante il bienno 2007-2008; un gran numero di piccole e medie imprese, colpite dai costi elevati di materie prime e dall’aumento del valore della moneta, ridussero la produzione e licenziarono personale, tra cui soprattutto operai immigrati dalle campagne. Il tasso di inflazione raggiunse il 4,8 per cento nel 2007, il valore più elevato degli ultimi dieci anni che portò i prezzi dei generi alimentari alle stelle. Crescendo il costo della vita, numerosi governi locali aumentarono il salario minimo, tanto che i redditi disponibili sia delle famiglie rurali che di quelle cittadine sono cresciuti fino a fine 2008. La crisi economica mondiale, tuttavia, ha frenato questo corso tanto che il divario tra ricchi e poveri in Cina nel 2008 è continuato a crescere.

  • In seguito a scandali e incidenti sul lavoro esemplificativi degli abusi e dello sfruttamento subiti dagli operai, la legislazione cinese promulgò tre nuove leggi sul lavoro, che hanno fatto del 2007 un anno cruciale per lo sviluppo della legislazione sul lavoro in Cina:

  1. Legge sui Contratti di Lavoro, finalizzata a ridurre il numero di lavoratori immigrati impiegati senza contratto.

  2. Legge sulla Promozione dell’Impiego, con lo scopo di creare un mercato del lavoro più aperto e corretto e combattere la discriminazione nell’impiego.

  3. Legge sulla Mediazione e la Giurisdizione Arbitrale, designata per razionalizzare e velocizzare i processi arbitrali e di mediazione.

Questa ondata di riforme senza precedenti, nella legislazione sul lavoro nel periodo preso in considerazione è stata la risposta diretta alle pressioni esercitate dal movimento operaio nei dieci anni precedenti. Un governo devoto al mantenimento dell’ordine e dell’armonia sociale non poteva più permettersi di ignorare a lungo scioperi e proteste giornalieri. La più comprensiva cornice legislativa, che il governo centrale e quelli locali hanno cercato di creare, ha reso gli operai più consapevoli dei loro diritti e disposti ad usare la contrattazione e i tribunali come strumenti di lotta.

Nonostante questi sforzi, le percezioni sulla qualità della vita tra la popolazione rurale e urbana non sono migliorate, come rivelato dall’ “indice di soddisfazione” cinese e segnalato dall’elevato numero dei cosiddetti “incidenti di massa”.

Le proteste operaie

L’analisi di 100 proteste collettive di lavoratori che hanno avuto luogo nel 2007 e 2008 ci offre un’immagine rappresentativa del movimento operaio in questo periodo, caratterizzato da operai sempre meno propensi a soffrire, bensì disposti a difendere in prima persona i propri interessi:

Come principali cause delle dispute sono state identificate: la discriminazione istituzionalizzata e diffusa dei migranti rurali, fondata sul sistema di registrazione della cittadinanza (hukou); condizioni lavorative insicure e lavoro straordinario a bassa remunerazione (58 su 100 casi); chiare violazioni di diritti umani (es. non pagamento dei salari o dei contributi assicurativi, 1/3 dei casi); specifiche richieste (1/3 dei casi); difficoltà economiche (12 casi).

Il fatto che proteste operaie vennero organizzate giornalmente anche nei periodi di boom economico è indicativo della condizione di sfruttamento abituale che gli operai, soprattutto quelli immigrati dalle zone rurali, subiscono abitualmente. Violazioni deliberate dei diritti dei lavoratori da parte dell’amministrazione aziendale hanno rappresentato la causa maggiore delle proteste collettive del periodo 2007-2008.

Le richieste degli operai sono state soprattutto: innalzamento di salari e dei contributi pensionistici; miglioramento del trattamento dei lavoratori in seguito alla ristrutturazione di aziende statali; riduzione degli orari e dei carichi lavorativi; diritto di formare un loro proprio sindacato o di eleggere democraticamente i comparti distaccati dell’ACFTU a livello aziendale; investigazioni per corruzione e peculato da parte dell’amministrazione di aziende.

Gli operai non si sono limitati a richiedere ricompense in seguito a violazioni subite, bensì hanno portato avanti pretese più ambiziose, indicative di una nuova e consapevole presa di posizione. In 37 proteste gli operai hanno parzialmente ottenuto ciò che richiedevano; in soli tre casi le loro richieste sono state ignorate.

Tra i fattori scatenanti i diverbi si segnalano: tattiche manageriali delle aziende per sopravvivere alla crisi economica (es. taglio dei salari, licenziamenti e dimissioni forzate, 14 casi); mancanza di sindacati genuini e di un meccanismo di soluzione delle controversie interno all’impresa, che lascia spazio a decisioni arbitrarie da parte dell’azienda (sette casi); tecniche usate da imprenditori nel tentativo di evadere i nuovi regolamenti previsti dalla Legge sui Contratti Lavorativi (11 casi); azioni intraprese in stabilimenti sussidiari o aziende vicine; ristrutturazione delle aziende di proprietà statale (21 casi).

Le azioni intraprese si possono suddividere nei seguenti tipi: scioperi (47), assedi (43), scioperi bianchi e cortei (18), petizioni collettive (21), danneggiamenti intenzionali a fabbriche (5).

Poichè le proteste sono percepite dallo stato come minaccia alla stabilità sociale, gran parte delle risposte governative ad esse sono state una combinazione di misure conciliatorie e minacciose, volte a riportare nel più breve tempo possibile la situazione sociale allo stato “armonioso”. La polizia locale è intervenuta in 61 casi, dove spesso ha causato ulteriore violenza e tensione (19 casi con feriti). Molti scioperanti sono stati puniti dalle autorità con sanzioni pecuniarie e penali per “disturbo dell’ordine pubblico”; sentenze alla rieducazione tramite il lavoro (RTL) sono state imposte a numerosi attivisti per i diritti operai (Li Guohong, Zeng Jianyu, Li Shuchun), operai hanno subito intimidazioni e violenze. Ufficiali del governo hanno mediato e condotto direttamente le negoziazioni tra operai ed amministrazione di fabbrica (47 casi).

L’ACFTU è rimasta nel complesso obbediente ai governi locali e non ha svolto alcun ruolo attivo nel confronto tra rappresentanti dei lavoratori e amministrazioni di fabbrica, dando quindi l’impressione di non essere disposta a combattere per gli interessi degli operai contribuendo così all’insorgere di ulteriori tumulti. L’ACFTU intervenne a violazione dei diritti già avvenuta reagendo a queste con stupore e rabbia, senza però concretamente punire i colpevoli o risarcire le vittime; in solo quattro casi l’ACFTU ha mostrato un atteggiamento più combattivo.

La Federazione dei Sindacati di Tutta la Cina

Alla fine del 2008 la Federazione dei Sindacati di Tutta la Cina contava 212 milioni di membri tra cui 70 milioni di operai immigrati. Il processo di riorganizzazione e di sindacalizzazione perseguito dall’ACFTU nel periodo analizzato insieme alla professionalizzazion-e degli ufficiali dei sindacati reclutati nel servizio pubblico e non aventi alcun legame con i dirigenti d’azienda, non hanno però migliorato la capacita dell’ ACFTU di rappresentare gli interessi degli operai.

L’ACFTU promulgò nuovi regolamenti, ma questi rifletterono chiaramente il rapporto di dipendenza dei sindacati dalla leadership del partito, che è in ultima istanza sempre chiamata ad approvare le decisioni dei sindacati. L’integrazione dell’ACFTU nell’apparato del Partito durante gli ultimi 20 anni si é solidificata ulteriormente nel biennio 2007-2008 in segutio all’adozione del cosiddetto approccio delle “5 sfaccettature unificate” per la protezione dei diritti dei lavoratori, che poggia sulla superiorità delle decisioni prese dalla leadership di partito nello svolgimento delle funzioni svolte dall’ACFTU.

La conclusione di un numero elevato di contratti collettivi, promossa dall’ACFTU dagli anni ’90, non ha altresì corrisposto ad una altrettanto elevata qualità delle negoziazioni, le quali difficilmente hanno visto l’implementazione degli accordi raggiunti tra imprese e sindacati. Gli operai furono raramente consultati in queste negoziazioni.

L’ACFTU ha infine offerto misure aggiuntive a protezione dei diritti dei lavoratori, le quali hanno contribuito a migliorare la condizione di vita degli operai. Tuttavia l’approccio caritatevole dell’ACFTU è lontano dall’essere in grado di migliorare i rapporti tra operai e datori di lavoro e di prevenire le dispute.

Nonostante l’ACFTU sia il sindacato più grande al mondo e sotto il patronato del governo, esso e’ paradossalmente anche il più inutile per la difesa dei diritti dei lavoratori cinesi, in quanto sindacato nominale (che raramente consulta gli operai, non risolvendo la mancanza di rappresentanze sindacali effettive e democratiche) dipendente dai governi locali (ai quali si rivolge per aiuti economici) e sottomesso al Partito Comunista Cinese. L’ACFTU è talmente dipendente dal Partito, che non è nemmeno in grado di formulare la sua missione in una maniera più decente rispetto al sottolineare le differenze tra sindacati cinesi e socialisti e quelli degli altri Paesi, eludendo la caratteristica principale dei sindacati, vale a dire la difesa dei diritti dei lavoratori.

Riassumendo, il movimento operaio degli anni 2007-2008, che ha visto il numero delle proteste essere 50 volte superiore a quello del 2005, è stato caratterizzato da:

  • l’allargamento delle richieste degli operai da legali e specifiche a collettive, incentrate non più solo sulla difesa di diritti, ma soprattutto sulla difesa di interessi collettivi

  • l’intervento mediatore diretto del governo all’interno delle dispute

  • l’ allontanamento tra azione degli operai, mirata alla difesa di interessi economici e diritti legali, e azione prettamente politica dell’ACFTU, mirata a salvaguardare la stabilità sociale.

Commento di China Labour Bulletin

Nel 2007-2008 le autorità acquisirono un atteggiamento più conciliatorio nei confronti degli operai, mostrando segni di voler facilitare il dialogo tra operai e datori di lavoro, ma il loro tradizionale approccio con interventi ad hoc nelle situazioni di conflitto sociale non sono adatti per andare incontro agli interessi economici degli operai. I media e le discussioni su internet sono controllate dal governo; i lavoratori non hanno nè il diritto di organizzarsi in sindacati, nè quello di scioperare. L’Ufficio di Pubblica Sicurezza di solito rifiuta richieste di manifestazioni pubbliche e il sistema di “consultazioni collettive” del governo e dell’ACFTU esclude gli operai.

Le proteste operaie sono state dunque la risposta a queste inadeguatezze. Una genuina contrattazione collettiva in Cina sarà possibile solo quando agli operai verrà data la possibilità di partecipare ad essa, come è avvenuto in quattro casi studiati.

Inoltre CLB ritiene che il riavvicinamento tra operai e ACFTU sarebbe possibile se:

  • l’ ACFTU si schierasse dalla parte dei lavoratori durante le dispute, superasse la tradizionale avversione nei confronti di scioperi e altri tipi di attivismo e promuovesse la contrattazione collettiva come mezzo di risoluzione senza cercare scusanti per la sua inazione (es. la crisi economica globale)

  • il Partito e il governo permettessero all’ACFTU di rappresentare veramente gli interessi degli operai, accettando che le differenze di interessi tra lavoratori e datori di lavoro sono alla base delle economie orientate al mercato e che in queste il ruolo del governo si limita ad essere quello di arbitro neutrale nei conflitti aziendali.