Ecuador - Liberato il presidente Rafael Correa dopo il fallito colpo di Stato

"È stata una cospirazione" denuncia il presidente ecuadoriano

1 / 10 / 2010

L'intervento dell'esercito e la forte pressione popolare hanno posto fine al tentato colpo di Stato contro il presidente dell'Ecuador, Rafael Correa, che per più di mezza giornata è rimasto sequestrato all'interno dell'ospedale della Polizia nella capitale ecuadoriana.


Per il momento si ignora il numero di feriti, anche se le immagini trasmesse dal canale della televisione statale hanno captato il momento in cui alcuni poliziotti e militari cadevano sotto il fuoco incrociato, mentre il presidente Correa si allontanava su una macchina, protetta da un nutrito gruppo di militari. 
 
Secondo quanto visto durante tutta la giornata di ieri, 30 settembre, il tentato golpe è stato effettuato da alcuni settori della Polizia Nazionale, che protestavano contro l'approvazione di una legge che ridurrebbe gli stipendi di questa istituzione. Correa ha però respinto questa versione, denunciando la manipolazione e l'infiltrazione nella Polizia di settori dell'opposizione legati all'ex presidente e militare Lucío Gutierrez e molto vicini al governo nordamericano, i quali avrebbero orchestrato questo tentativo di rompere l'ordine democratico in Ecuador.  
  
Pochi minuti dopo la sua liberazione, Correa è apparso dal balcone del Palazzo presidenziale, protetto da un nutrito contingente militare, circondato dai membri del suo gabinetto ed acclamato da centinaia di migliaia di ecuadoriani, che per tutta la difficile giornata di ieri hanno manifestato, non solo nella capitale ma in tutto il paese, esigendo la liberazione del presidente e denunciando il tentativo di colpo di Stato. 
 
"Oggi è senza dubbio il giorno più triste del mio governo", ha detto Correa
 
"Sono stato sequestrato, maltrattato dall'infamia dei soliti cospiratori. Per liberarmi sono caduti fratelli ecuadoriani. È un giorno di profonda tristezza che non avrei mai pensato di vivere durante il mio governo".  
 
Il presidente dell'Ecuador ha ricordato che il suo governo è un governo di pace, giustizia e "che cerca di aiutare soprattutto i più poveri e questi stessi poliziotti che sono stati usati e manipolati dai molti infiltrati che hanno il solo obiettivo della cospirazione.  
 
Molti di loro non avevano nemmeno letto il testo della legge e si sono lasciati abbindolare dalle infamie, dalle dicerie di chi continua a cospirare. Durante il mio governo, invece, ai poliziotti è stato aumentato il salario come mai accaduto nel passato. 
 
Quando sono stato riscattato - ha continuato Correa- mi hanno informato che almeno cinque, tra poliziotti e militari, sono stati gravemente feriti. Mi sono uscite lacrime, non di paura perché non mi spavento facilmente, ma di tristezza. Sangue ecuadoriano versato inutilmente! ".

Ha ringraziato la popolazione che ha difeso la democrazia nel paese, le migliaia di persone che sono arrivate fino all'ospedale per liberarlo, sfidando la repressione della Polizia, le sue guardie personali, i membri del suo governo "che sono rimasti con me nell'ospedale, pronti a morire con il loro Presidente", ed i militari "che sono stati ricevuti con gas urticante, gas lacrimogeno e con pallottole, da poliziotti che non meritano di portare questo nome". 
 
Ha riconosciuto l'importanza del sostegno dei governi dell'America Latina e del mondo, dell'Organizzazione degli Stati americani (Osa), delle Nazioni Unite e di organizzazioni regionali come Unasur
 
Correa ha anche chiarito di non avere accettato nessuna negoziazione e nemmeno una futura amnistia e impunità per i responsabili di questo atto. "Non abbiamo mai ceduto e non abbiamo negoziato nulla. Non accetteremo mai l'impunità", ha gridato il presidente ecuadoriano davanti alla massa di gente accorsa a salutare e festeggiare la sua liberazione. 
 
Correa ha infine detto che "oggi più che mai, di fronte a questa opposizione che cospira, dobbiamo unirci. Mentre stavo all'ospedale, questi poliziotti, che sicuramente verranno sanzionati, chiedevano di negoziare per potere essere liberato. Ho detto loro che da lì sarei uscito come Presidente di una nazione degna o come cadavere... e ne siamo usciti a testa alta e la legge non verrà ritirata", ha concluso tra gli applausi e le grida della gente.
Il Nicaragua denuncia il tentativo di golpe
Durante la mattinata, il presidente nicaraguense Daniel Ortega aveva espresso la sua solidarietà con Correa, denunciando la cospirazione dei settori "retrogradi dell'Ecuador"e degli Stati Uniti.
Il presidente nicaraguense ha inoltre avvertito l'esistenza di un piano per impedire il processo emancipativo e di unità dei paesi latinoamericani "in cammino verso la seconda indipendenza", menzionando le similitudini esistenti con il colpo di Stato in Honduras e la debole reazione degli Stati Uniti, "che ancora una volta non vogliono pronunciare la parola 'colpo di Stato'.
Hanno dichiarato di 'osservare con interesse' i fatti che si stavano svolgendo in Ecuador. Di quale interesse parlano? Di vedere se uccidono Correa? Il presidente Obama deve condannare questo atto criminale e terrorista contro Correa. Che cosa aspetta Obama? Non è il momento delle mezze misure - ha continuato Ortega -. O è a favore di questo tentativo di golpe o è contro", ha concluso.
Durante la convulsa giornata non è mancata nemmeno la 'ciliegina sulla torta'. Il governo honduregno di Porfirio Lobo ha rasentato il ridicolo inviando un comunicato, nel quale ha espresso il suo "assoluto sostegno all'istituzionalità democratica della Repubblica dell'Ecuador" e ha chiesto l'immediata "normalizzazione della situazione e il rispetto per i diritti della popolazione".
Ha infine manifestato la sua "condanna nei confronti di qualsiasi azione che violi l'ordine costituzionale". Attualmente, il governo di Rafael Correa, così come i governi dei paesi ALBA,  continua a non riconoscere la legittimità del governo di Porfirio Lobo, in quanto sorto da elezioni spurie che si sono svolte in una situazione di rottura costituzionale, dopo il tragico colpo di Stato del giugno 2009, durante il quale venne deposto ed espatriato il presidente legittimo, Manuel Zelaya.