Ecuador, il presidente Lasso scioglie l’Asamblea Nacional per sfuggire al processo

18 / 5 / 2023

Colpo di scena nella crisi politica, economica e sociale che attraversa il piccolo paese sudamericano da almeno un anno: il presidente conservatore Guillermo Lasso, nel disperato tentativo di sfuggire all’impeachment in corso in queste ore nell’aula parlamentaria, ha firmato il decreto di “muerte cruzada” con il quale ha sciolto l’Asamblea Nacional per “grave crisi politica e convulsione interna” e dato mandato al Consejo Nacional Electoral di convocare nuove elezioni entro sei mesi. Infine, Lasso ha annunciato che da questo momento governerà attraverso decreti, ottenendo subito l’appoggio delle forze armate.

La “muerte cruzada” è un istituto presente nella Costituzione ecuadoriana con la quale l’Asamblea Nacional può destituire il Presidente per crisi politica o grave convulsione interna e il Presidente può destituire l’Asamblea Nacional sempre per crisi politica o grave convulsione interna o per ostacolare il Piano di Sviluppo. In questi sei mesi Lasso potrà, come ha anticipato lui stesso, governare attraverso decreti per questioni urgenti, in particolare di natura economica. Il timore che la mossa di Lasso finirà per beneficiare in questi sei mesi i gruppi di potere economico che il banchiere rappresenta si scontrano con la legislazione ecuadoriana la quale stabilisce che tutti i decreti firmati dal Presidente dovranno essere convalidati dalla Corte Costituzionale, non possono essere regressivi nei diritti e in ogni caso potranno essere abrogati dal nuovo Presidente.

La crisi è precipitata negli ultimi dieci giorni quando con 88 voti favorevoli, 23 contrari e 5 astenuti, l’Asamblea Nacional ha finalmente approvato l‘impeachment nei confronti del presidente Lasso, dopo numerosi tentativi andati a vuoto. Secondo l’opposizione che ha promosso il procedimento, Lasso è colpevole di peculato nel caso “encuentro”, un’indagine di corruzione che coinvolge anche il cognato del presidente, l’imprenditore Danilo Carrera Drouet.

Tuttavia, il procedimento di messa in stato d’accusa del Presidente, è solo la punta dell’iceberg della crisi politica, sociale ed economica che vive il Paese da quando, appena due anni fa, Lasso ha assunto la presidenza. Proprio nel giugno dell’anno scorso, la drammatica crisi economica aveva fatto insorgere la popolazione indigena che, guidata dall’agguerrita CONAIE, aveva promosso un “paro nacional” durato una decina di giorni che aveva portato ad una trattativa tra le organizzazioni indigene e il governo, conclusasi però con un nulla di fatto.

Alla crisi economica, si è aggiunta anche una spirale di violenza che il governo è stato incapace di fermare, e anzi ha acuito quando il Presidente ha firmato il decreto 707 ad inizio aprile con il quale ha liberalizzato l’utilizzo delle armi per difendersi dalla criminalità organizzata. Spirale di violenza che colpisce indiscriminatamente la popolazione ma che ha anche i suoi obiettivi mirati, come è successo al leader cofán della CONAIE Eduardo Mendúa, ucciso a colpi d’arma in febbraio per opporsi alle estrazioni petrolifere nel territorio della sua comunità.

L’incapacità del governo di Lasso è apparsa evidente anche nella gestione delle varie emergenze “naturali” che hanno colpito il Paese negli ultimi mesi, come le inondazioni che hanno colpito Guayaquil o il terremoto nelle regioni del sudest o infine come la terribile frana che ha travolto e sotterrato cinque quartieri ad Alausí, demolendo oltre cento cinquanta case e provocando diverse vittime e centinaia di sfollati. In tutti questi casi, la popolazione ha protestato fortemente contro il governo, responsabile dell’incuria dei territori e colpevole di non far pervenire gli aiuti necessari alle popolazioni colpite.

La mossa di Lasso, come detto in apertura, ha il principale obiettivo di evitare la probabile condanna nel processo politico in cui è coinvolto e, in seconda battuta, di far ricadere la responsabilità della crisi sull’Asamblea Nacional stessa, accusata di boicottare l’Esecutivo e di impedire al Presidente di lavorare, di essere corrotta, senza prestigio e immorale.

Diverse le reazioni dei gruppi politici alla decisione di Lasso di sciogliere l’Asamblea Nacional. Il correismo si intesta la “vittoria” ribadendo che la “muerte cruzada” era l’obiettivo del partito mentre Pachakutik, il braccio politico del movimento indigeno, ha preso tempo comunicando che nelle prossime ore sarà interpellata la base del movimento prima di prendere una decisione in merito. Diversi partiti minori infine hanno annunciato che presenteranno alla Corte Costituzionale una richiesta di incostituzionalità in merito alla “muerte cruzada”.

Sul fronte movimenti, la CONAIE, per voce del suo leader Leonidas Iza, ha annunciato che per il momento non lanceranno nessuna mobilitazione ma convocheranno assemblee popolari permanenti e rimarranno vigili contro il governo. L’attivazione della “muerte cruzada” preoccupa anche la Alianza de Organizaciones por los Derechos Humanos che lancia un monito a monitorare la situazione: «In un contesto di concentrazione del potere e militarizzazione che vive l’Ecuador, lanciamo l’allarme sulle violazioni dei diritti che possono verificarsi contro i difensori diritti umani, i manifestanti e gli oppositori politici».

In attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale, la situazione resta tesa e al tempo stesso molto fluida, dal momento che in queste ore tutti gli attori politici stanno giocando le proprie carte, soprattutto in ottica elettorale. Elezioni che saranno il probabile momento decisivo per la risoluzione della crisi, almeno quella politica.