Ecuador, il difficile cammino del dialogo

30 / 6 / 2022

A oltre due settimane dall’inizio del paro nacional, si apre uno spiraglio nella risoluzione della crisi: dopo il tentativo promosso dal Presidente dell’Asamblea Nacional, un nuovo tavolo di trattativa tra i movimenti indigeni e il governo e mediato dalla Conferenza Episcopale proverà a discutere sui dieci punti dell’agenda della CONAIE.

Il cammino del dialogo tra le parti in causa è stato complicato e non è detto che anche questa volta si arrivi a una risoluzione definitiva. Nei giorni scorsi, infatti, il tavolo promosso dal Presidente dell’Asamblea Nacional Virgilio Saquicela, si è interrotto bruscamente quando nella notte un poliziotto è stato ucciso nella zona petrolifera di Shushufindi, nella provincia di Sucúmbios, a seguito di uno scontro tra un convoglio militare e la popolazione della comunità 18 de Noviembre che da oltre 15 giorni bloccavano la strada come forma di protesta.

Secondo la ricostruzione istituzionale, il convoglio militare, composto da oltre 300 uomini tra polizia ed esercito, stava scortando un camion di rifornimento carburante quando sarebbe stato attaccato da un gruppo armato all’altezza di Shushufindi dove la comunità 18 de Noviembre da quindici giorni aveva messo in atto un blocco stradale. Nello scontro un poliziotto è rimasto ucciso e altri 12 tra militari e poliziotti, feriti. Tuttavia, la versione istituzionale contrasta nettamente con la denuncia pubblicata dalla Alianza por los Derechos Humanos nella quale i testimoni dichiarano che ad iniziare l’attacco sono stati proprio i militari. A supporto di questa tesi anche alcuni video e testimonianze dirette tra cui quella dell’avvocato Pablo Fajardo, presente al blocco, che ha pubblicato un video dove si vedono le forze armate iniziare l’attacco ai manifestanti.

La mattina seguente all’appuntamento all’auditorio Matovelle nei pressi della Basilica del Voto Nacional dov’era in corso il dialogo, c’erano tutti ad eccezione della rappresentanza del governo. Assenza che in un primo momento era stata data momentanea ma poi lo stesso presidente Lasso è apparso in diretta nazionale a reti unificate annunciando che a causa dell’evento di Shushufindi, il governo interrompeva il dialogo con i movimenti indigeni. Durissime le parole di Lasso nel suo breve discorso: il presidente ha dato dell’opportunista a Iza, accusandolo di aver ingannato la base popolare e di essere il fomentatore della violenza. Ha accusato il movimento indigeno della violenza di queste due settimane di paro per poi invitarle al dialogo senza il suo portavoce Iza con il quale, ha dichiarato, non dialogherà più, disconoscendo di fatto il suo ruolo di guida del movimento.

Un errore gravissimo secondo Ramiro Ávila Santamaria, ex giudice della Corte Costituzionale e docente presso l’Università Andina Símon Bolívar: «Uno dei peggiori errori dal primo giorno della mobilitazione è aver ignorato la leadership indigena. Hanno arrestato Leonidas Iza e questo ha aumentato l'intensità del conflitto. E ora lo stanno ignorando di nuovo. La CONAIE non funziona come pensa il Presidente, il mondo indigeno funziona con leadership collettive. Ignorare un leader significa ignorare la comunità. C'è un enorme errore lì e un enorme malinteso del mondo indigeno».

È difficile pensare che un presidente non conosca i meccanismi delle popolazioni indigeni, quindi l’impressione è che la mossa di Lasso sia un nuovo tentativo di sottrarsi al confronto con i movimenti indigeni e popolari e alle loro legittime richieste. Inoltre, il dubbio che gli eventi di Shushufindi siano un falso positivo è alta e siano solo un pretesto da una parte per evitare il confronto e criminalizzare Iza e tutta la mobilitazione e dall’altra per influenzare il procedimento di destituzione che in serata è stato votato al Congresso e dove Lasso si è salvato per soli 8 voti (ne servivano 92, i sì alla destituzione sono stati 84).

L’intervento della Conferenza Episcopale Ecuadoriana sembra aver rimesso al tavolo della trattativa le due parti in causa: nella serata di mercoledì, il Primo Ministro Francisco Jimenez ha annunciato che il governo ha accettato l’invito al dialogo per cercare di riportare la pace nel paese e di far terminare il paro nacional. Pur ribadendo di non voler dialogare con Iza, il Primo Ministro ha anche detto che sarà l’istituzione religiosa a determinare «la metodologia, gli attori, i rappresentanti e i temi» da discutere, aprendo di fatto alla possibilità che lo stesso Iza partecipi. Unica condizione imprescindibile è la cessazione immediata delle violenze, eventualità che potrebbe condizionare il processo di pace.

Pronta è arrivata la risposta della CONAIE per voce del suo leader Leonidas Iza che ha chiesto alla base del movimento di garantire manifestazioni di dignità senza scontri: «deponiamo qualsiasi attitudine belligerante, invitiamo i compagni e le compagne di Quito a marciare domani quando

parteciperemo a questo processo per concludere il dialogo con risultati e alle autorità diciamo, basta pretesti».

È presto per dire se la riapertura del dialogo porterà a risultati, vista l’attitudine dimostrata dal governo di trovare ogni scusa per usare la repressione come metodo di risoluzione della crisi. di certo la mediazione dell’istituzione ecclesiastica e la ferrea volontà dei movimenti indigeni di raggiungere i risultati sono garanti della buona riuscita del processo di riconciliazione.