DetroitGhostown

Detroit capitale mondiale dell'auto, terra di conflitti sociali e razziali, patria del soul e della musica elettronica è una città fantasma; un pezzo di America abbandonato a se stessa e alla ricerca di se stessa.

21 / 7 / 2013

Detroit è oggi più che mai il paradigma dei dettami e degli esiti di un capitalismo e della sua crisi che si sta quantificando come nel resto del paese in una durissima lotta culturale e politica tra democratici e repubblicani, tra bianchi e neri e nella speranza tradita di un città che è stata abbandonata da tutti tranne da chi ci vive. Per dirla con un espressione americana Detroit rappresenta un “un cesto di minacce” il che significa una serie di interrogativi aperti per tutto il paese ma anche uno sguardo sulle dinamiche della crisi.

La dichiarazione di fallimento del governatore del Michigan Rick Snyder, un aggressivo politico repubblicano, è dovuta solo in parte all'impossibilità di coprire il debito stimato tra i 18 e i 20 miliardi di dollari causato in gran parte dal mancato rendimento dei fondi di investimento sulle pensioni dell'amministrazione comunale e statale.

E' la fine di uno scontro politico e l'inizio di una battaglia legale sulla dichiarazione di fallimento che se “tecnicamente” riguarda due amministrazioni in realtà mette in gioco il processo “della democrazia partecipativa americana” e l'idea cardine che “ogni comunità sia in grado di scegliere autonomamente”.

E' la risultante di un processo lungo e paradigmatico dovuto a molti fattori e che in assoluto travalica la singola esperienza di Detroit :

  • - il collasso dello stato e federale nelle politiche di sostegno per la città, fondamentale per la sopravvivenza di metropoli come NewYork, LosAngeles,Chicago e NewOrleans dal 1950 in avanti. Non c'è stato nessun piano di salvataggio per Detroit che, anche frutto di amministrazioni tutt'altro che limpide, ha messo in mano al mercato finanziario le politiche di gestione economiche e di welfare della città e il suo destino di sopravvivenza

  • - il progressivo disinvestimento dei capitali a lungo termine, cioè la fuga di capitali e posti di lavoro cominciata negli anni 50. Si tratta di datori di lavoro e dei lavoratori che fornivano la maggior parte dei fondi e per la base imponibile della amministrazione della città.

  • - un intensa ostilità tra la città e il resto dello stato, che ha anche una forte connotazione razziale. Detroit ha una lunga e dolorosa storia di conflitti prima politici e sociali e poi razziali nella politica locale e statale. Dalle lotte sindacali del ventennio 30/50 ai riot della fine degli anni sessanta alla crisi dell'industria automobilistica la città ha cambiato la sua connotazione demografica, socilaie e razziale . Nelle ultime due elezioni presidenziali Obama ha raccolto una percentuale superiore all' 80 % mentre lo stato del del Michigan è retto da una solida amministrazione repubblicana di matrice ultraliberista.

  • - la definitiva fine della monocultura industriale dell'automobile e l'incapacità delle tre amministrazioni, federale, statale, comunale, di dare soluzioni condivise nella gestione di una crisi economica con ricadute sociali devastanti che ha portato la città a subire il ricatto delle industrie automobilistiche, gruppo Chrysler/Fiat. Marchionne da un lato ha stretto un accordo con Obama per gli aiuti federali ad una azienda ormai virtualmente fallita nel 2009 mentre dall'altro ha sostenuto economiche la campagna elettorale e le scelte politiche dell'amministrazione repubblicana di Rick Snyder.

Motown è ormai una Ghostown: l'amministrazione controllata dello stato del Michigan secondo i dettami di una gestione “shock economy” ha come risultante la richiesta di insolvenza e fallimento della municipalità con lo scopo di privatizzare, in ottica di finanziarizzazione, la più grande amministrazione comunale degli Stati Uniti con le politiche di welfere e tutela sociale più diffuse e avanzate e il patrimonio immobiliare e di beni e servizi più esteso di qualsiasi altra città del paese.

Interi quartieri abbandonati e fatiscenti, servizi in crisi, alti tassi di criminalità e povertà, tensioni sociali e razziali e un progressivo spopolamento unito ad un impoverimento anche culturale di una città che dagli anni sessanta ai primi anni novanta era stata una protagonista anomala e geniale di movimenti musicali e artistici di portata mondiale ne sono un segno più che tangibile ma anche l'evidenza di una rottura storica nella cultura politica americana “l'idea e la scelta del singolo e poi di una comunità di partecipare”.

A Detroit e negli Stati Uniti si sta ponendo sempre con più forza il problema della forma della democrazia e dei diritti civili dei soggetti e delle comunità politiche, sociali, razziali come esigenza primaria di sopravvivenza alla violenza della crisi e del potere del capitale finanziario; un nuovo desiderio di autonomia e giustizia per il diritto alla felicità che pur scritto e garantito dalla costituzione impone ai cittadini la necessità e l'obbligo di essere praticato, con ogni mezzo necessario, come alternativa alla pena/colpa di divenire i fantasmi del nuovo processo di ristrutturazione del capitale.