Detroit o della democrazia senza diritti

Tra la prossima settimana e novembre a Detroit si devono eleggere gli organismi comunali. Sono elezioni che rischiano di non dare potere agli eletti e l'America si interroga sullo stato di salute della sua democrazia e non solo

8 / 8 / 2013

Centocinquanta anni fa, nel bel mezzo della guerra civile americana, al presidente Abraham Lincoln fu suggerito di rinviare le elezioni presidenziali del 1864 con la motivazione che la rivolta di una parte del paese aveva portato disordine e un clima teso per il voto. "Non possiamo avere un libero governo senza elezioni", chiarì il presidente. "Se la ribellione ci costringe a rinunciare a posticipare le elezioni nazionali potrebbe ragionevolmente dire di aver già vinto e che noi siamo in rovina."

L'impegno di Lincoln a mantenere le elezioni regolari, nonostante la crisi che sarebbe sfociata nella guerra civile fu una scelta essenziale per la formazione dello standard democratico americano. Ma cosa succede quando si tengono le elezioni, ma coloro che sono eletti non sono autorizzati a governare? Possiamo ritenere che la democrazia è stata mantenuta, se non è rispettata realmente da funzionari statali e federali, se non da poteri e autogoverno?

Questa è la domanda a cui gli elettori di una delle grandi città americane, Detroit, sono in procinto di rispondere perchè il rischio reale oggi è che i suoi cittadini siano tagliati fuori delle decisioni che influenzeranno il loro futuro. Martedì e poi a novembre gli elettori di Detroit saranno alle urne per eleggere sindaco, segretario e il Consiglio comunale di uno dei comuni più grandi d'America, in una delle più instabili e inquietanti elezioni nella storia americana.

Ma la vera questione è che quali siano i vincitori che entreranno in carica dopo i risultati delle elezioni saranno costretti
con ogni probabilità a vedere come la loro città viene smontata da un “emergency manager” incaricato ma non eletto e da un giudice federale fallimentare: il vincitore delle elezioni non avrà l'autorità per governare. "L'idea di una gestione di emergenza è antitetica alla democrazia", affermano la maggior parte dei candidati a sindaco, esclusi i repubblicani. "Detroit, così come ogni comunità, ha il diritto costituzionale dell' autogoverno".

Il governatore del Michigan Rick Snyder ha preso il controllo di Detroit, usando un “emergency manager”, con una legge che ha varato lo scorso autunno dopo che una precedente versione della normativa, che aveva usato per controllare i comuni più piccoli dello stato è stata abrogata dagli elettori del Michigan in un referendum in tutto lo stato.

"Bisogna chiarire una cosa, la città di Detroit non ha presentato istanza di fallimento comunale. Il manager di emergenza (EM) ha presentato l'istanza di fallimento, e lui è un incaricato del governatore dello stato del Michigan sulla base di legge abrogata dalla 2,3 milioni di cittadini in tutto lo stato del Michigan il 6 novembre 2012 ", spiegano i candidati "L'EM è il solo responsabile di fronte al governatore e risponde al governatore. Il nuovo sindaco e il nuovo consiglio comunale non avranno il potere di "controllo e bilancio" e questo è una strategia chiaramente messa in atto e sostenuta anche a livello nazionale dalla destra: confisca di beni, limitazione del potere di voto dell'elettorato, eliminazione dei sindacati e dei consigli di quartiere supportati da lavoratori e sindacati, depauperizzazione dei consigli locali eletti, attacco all'immagine e la vitalità di una leadership eletta sopratutto nera, e poi l' accusa che l'eredità dei costi relativi alle pensioni siano in gran parte la colpa della crisi del debito della città ".

La più grande sfida di Detroit non  è mai stata la governance municipale. E' la gestione del più grande processo di deindustrializzazione in una città americana, e forse del capitalismo occidentale, che ha lasciato centinaia di migliaia di residenti della città disoccupati o sottoccupati. E' una grande sfida che si estende oltre Detroit e che ci riguarda nel rapporto dei nessi tra crisi e democrazia ma soprattutto nell' idea della democrazia come affermazione di diritti. Molte città, stati e governi devono affrontare sfide economiche, sociali e finanziarie simili a quelle che hanno destabilizzato Detroit. La “democrazia della bancarotta”del repubblicano Snyder , come del signor Marchionne, potrebbe diventare il modello per una risposta a tali sfide che inizia dando la colpa alle vittime per negare alla fine una libertà piena ed effettiva e quindi in sostanza una sottrazione dei diritti fondamentali.

"Credo che Detroit e il Michigan siano un 'test case" per molti esponenti della destra politica e economica che vogliono fare tutto il possibile per controllare le future elezioni per la massima carica di questa nazione e di altri posti nel mondo. C'è molto di più in gioco a Detroit e nel Michigan del bilancio di una città” afferma un vecchio consigliere comunale “E' la nostra comprensione della democrazia, in sé, e dei suoi diritti che è stata sovvertita, cioè l'idea che i problemi non solo finanziari si risolvono chiudendo le persone, gli elettori, fuori delle decisioni che riguardano la loro vita e il loro futuro. Questo non è solo profondamente antidemocratico e' anche una precisa scelta che incolpa le vittime piuttosto che cambiare le leadership politiche: a questo ci dobbiamo opporre.”

Non più e non solo un problema di discussione e opportunità politica, ma la linea di un confine da difendere e ampliare dallo skyline di Detroit  alle "democrazie finanziarie" mondiali.