Demolizioni di case per spegnere l’Intifada di Gerusalemme

da Gerusalemme Michele Giorgio, Il Manifesto 19 novembre 2014

20 / 11 / 2014

Gerusalemme. Il governo israeliano conferma la linea dura. Dopo la distruzione della casa del palestinese responsabile di un attentato il 22 ottobre, Netanyahu annuncia che le demolizioni saranno intensificate. Ieri i funerali di Zidan Seif, la quinta vittima israeliana dell'attentato alla sinagoga di Har Nof

Benya­min Neta­nyahu ieri ha visi­tato un nuovo comando di poli­zia a Geru­sa­lemme, dove ope­rano unità spe­ciali inca­ri­cate di moni­to­rare ogni punto e ogni movi­mento nella zona araba della città. Tra strette di mano e le spie­ga­zioni del sin­daco Nir Bar­kat, il pre­mier israe­liano ha riba­dito la linea dura annun­ciata l’altra sera dopo l’attentato com­piuto da due pale­sti­nesi nella sina­goga di Har Nof in cui sono stati uccisi quat­tro rab­bini e un agente di poli­zia (Zidan Seif di ori­gine drusa, sepolto ieri). «Que­sta mat­tina abbiamo demo­lito (a Sil­wan) la casa di un ter­ro­ri­sta - ha detto Neta­nyahu, in rife­ri­mento all’abitazione di Abdel Rah­man Sha­ludi, accu­sato di aver ucciso inten­zio­nal­mente con la sua auto una bimba e una donna lo scorso 22 otto­bre. «Ci saranno altre demo­li­zioni di case - ha avver­tito - Siamo deter­mi­nati a ripor­tare la sicu­rezza a Gerusalemme…Non tol­le­re­remo attac­chi ai nostri cittadini».

Non si cono­scono tutte le misure che il governo Neta­nyahu sta adot­tando o adot­terà per met­tere fine a quella che, più gli israe­liani che i pale­sti­nesi, chia­mano “l’Intifada di Geru­sa­lemme”. La demo­li­zione di case appare un pila­stro di que­sta stra­te­gia di puni­zione col­let­tiva, che risale ai tempi del Man­dato bri­tan­nico sulla Pale­stina. Gli inglesi pen­sa­rono, attra­verso la distru­zione delle abi­ta­zioni, la deten­zione senza pro­cesso e prov­ve­di­menti simili di poter spe­gnere l’ansia di auto­de­ter­mi­na­zione delle popo­la­zioni locali. Alcune di quelle misure sono state assor­bite dall’ordinamento mili­tare israe­liano in vigore in Cisgior­da­nia e sono state la base degli ordini di demo­li­zione che di recente sono stati con­se­gnati a cin­que fami­glie pale­sti­nesi nel nord del vil­lag­gio di Hajja (Qal­qi­liya). Non per motivi di sicu­rezza in quel caso ma per ille­ga­lità degli edi­fici costruiti senza i per­messi edi­lizi. Per­messi che le auto­rità mili­tari israe­liane rila­sciano con il con­ta­gocce nell’area C (il 60% della Cisgior­da­nia) sotto il loro pieno con­trollo. Nel 2014 Israele ha demo­lito almeno 543 case ed edi­fici pale­sti­nesi in Cisgior­da­nia secondo i dati rac­colti delle Nazioni Unite. 

Almeno 27.000 costru­zioni pale­sti­nesi sono state demo­lite da Israele dal 1967. Geru­sa­lemme Est non è stata immune dalla distru­zione di case costruite senza per­messo. Ora però si parla di demo­li­zioni siste­ma­ti­che delle case dove vivono o vive­vano i pale­sti­nesi respon­sa­bili di attac­chi con­tro cit­ta­dini israe­liani. Una puni­zione che col­pi­sce soprat­tutto i i loro parenti. Con­tro que­ste misure puni­tive, come la demo­li­zione delle case, si è espresso di recente anche il cen­tro israe­liano per i diritti umani, Betse­lem. Ciò men­tre il comune di Geru­sa­lemme ha appro­vato un pro­getto per la costru­zione di 78 case nelle colo­nie israe­liane nella parte araba della città: 50 ad Har Homa e 28 a Ramot. Una deci­sione che, per il por­ta­voce della pre­si­denza pale­sti­nese, Nabil Abu Rudeina, causa nuove ten­sioni e spinge verso un’ulteriore escalation.

Misure sem­pre più pesanti a Geru­sa­lemme Est sono invo­cate da più parti. Naf­tali Ben­nett, mini­stro dell’economia e lea­der dei reli­giosi nazio­na­li­sti che popo­lano le colo­nie israe­liane, vuole un’operazione mili­tare nella zona araba della città santa. Ope­ra­zione che, ha spie­gato alla radio mili­tare, dovrebbe ispi­rarsi a quella duris­sima con­dotta nel 2002 in Cisgior­da­nia, durante la seconda Inti­fada. Arye Bibi, ex capo della poli­zia a Geru­sa­lemme, ha spie­gato al gior­nale online The Jeru­sa­lem Times, che la solu­zione non sta nel raf­for­zare le misure di sicu­rezza nella zona ebraica della città ma nel man­dare ingenti forze di poli­zia a Geru­sa­lemme Est, alle­stendo posti di blocco e anche con fre­quenti visite degli ispet­tori del fisco nei quar­tieri pale­sti­nesi. Non solo. Arye Bibi chiede, oltre alla demo­li­zione delle case, che siano espulsi da Geru­sa­lemme e depor­tati in Cisgior­da­nia le fami­glie dei respon­sa­bili degli attacchi.

Sug­ge­ri­menti in parte già accolti. Oltre ai nuovi reparti della guar­dia di fron­tiera, a pat­tu­gliare le strade di Geru­sa­lemme Est ci saranno anche i com­mando dell’unità spe­ciale della Marina mili­tare Shaye­tet 13. Nella città vec­chia sono stati aggiunti sei chec­k­point. «Abbiamo dispie­gato mille nuovi agenti oltre ai tre­mila già ope­ra­tivi, sia nella parte est sia nella parte ovest della città», ha rife­rito il por­ta­voce della poli­zia Micky Rosenfeld.

Allo stesso tempo l’attentato alla sina­goga di Har Nof, ha ria­cu­tiz­zato la forte dif­fe­renza fra l’ebraismo orto­dosso e il sio­ni­smo reli­gioso che orienta il governo israe­liano. All'origine di que­sto con­tra­sto c’è il divieto asso­luto per gli ebrei orto­dossi di ascen­dere sul monte dove secondo la tra­di­zione biblica sor­geva il Tem­pio di Geru­sa­lemme e che ora ospita la Spia­nata delle Moschee per­chè “non puri” per entrare in un luogo così sacro. Di parere oppo­sto i nazional-religiosi. «Occorre rile­vare che i reli­giosi ebrei che sal­gono sul Monte del Tem­pio agi­scono sia con­tro la orto­dos­sia ebraica sia con­tro ogni razio­na­lità poli­tica. Un miliardo e mezzo di musul­mani vedono che essi cer­cano di alte­rare lo sta­tus quo sulla Spia­nata, e tutto ciò crea esca­la­tion e fer­menti», ha spie­gato il depu­tato orto­dosso Moshe Gafni. Mar­tedì anche Yoram Cohen, capo dello Shin Bet (ser­vizi di sicu­rezza) aveva messo in guar­dia dal creare ulte­riori ten­sioni nella Spianata.