Crolla la metro a Città del Messico: “non è stato un incidente, è stato lo Stato”

9 / 5 / 2021

Venticinque persone morte e settantacinque rimaste ferite. È il drammatico bilancio del crollo di una sopraelevata della “linea 12” della metro della capitale messicana, Città del Messico. Sono da poco passate le dieci di sera, fortunatamente non è orario di punta, quando in zona Tláhuac tra le fermate di Olivos e Tezonco i due convogli precipitano nel vuoto creatosi nella struttura.

Questa ennesima tragedia che colpisce il Messico, non può essere tuttavia definita una “tragica fatalità”. Dietro alla costruzione della cosiddetta “Linea Dorada”, infatti c’è un brutta storia di corruzione e di un progetto mal costruito, che fin da subito ha avuto bisogno di una manutenzione straordinaria. Inaugurata in pompa magna nel 2012 da Marcelo Ebrard, allora capo del governo della capitale e attualmente cancelliere del governo di López Obrador, con un costo di complessivo 26 mil millones di pesos messicani, dal 2014 al 2019 sono stati investiti per la sua manutenzione straordinaria 765 millones di pesos.

Con il terribile terremoto del 19 settembre 2017, i problemi strutturali della linea sono aumentati. La denuncia di crepe preoccupanti sulle colonne e sulla struttura in generale, partita dagli utenti e dai residenti ha visto le autorità rispondere solo parzialmente alle richieste di manutenzione della linea. Per la rete “Damnificados Unidos de la Ciudad de Mexico” – collettivo dei danneggiati del sisma -  la «tragedia della Linea 12 mostra la corruzione immobiliare che abbiamo denunciato. Abbiamo assistito a cattive costruzioni che il governo di Claudia Sheinbaum (attuale capo di governo della città) consente, protegge e non sanziona».

La mattina seguente al disastro una manifestazione spontanea ha percorso le strade vicino al luogo dell’incidente per esprimere la propria rabbia per l’ennesima “tragedia annunciata” e per chiedere giustizia. Tra gli slogan dei manifestanti, “non è stato un incidente, è stato lo Stato”, “la corruzione uccide e i morti li mette il popolo”; l’allora capo di governo di Città del Messico Marcelo Ebrard è considerato il responsabile numero uno dai manifestanti: Ebrard annunciò l’opera nel 2007 e la inaugurò nel 2012 dichiarando che è «un’opera completa, conclusa, con la tecnologia più avanzata del mondo». Ma solo due anni dopo si verificarono i primi cedimenti che costrinsero addirittura alla chiusura di molte stazioni fino al termine dei lavori nel 2017.

A proposito di responsabilità nella costruzione della linea è presente tutto il campionario del “sistema grandi opere”. Detto di Ebrard a cui va ascritta principalmente una responsabilità politica nella costruzione, vari personaggi del mondo imprenditoriale ruotano attorno. Enrique Horcasitas Manjarrez è l’ex direttore del Proyecto Metro, fuggito dal Paese nel 2015 per la concessione di un contratto di un milione di pesos a seguito di una gara pubblica dichiarata deserta. Ma il buon Enrique è un uomo serio e ci tiene alla famiglia, per esempio. Tanto che per la costruzione della linea 12 ha stipulato un contratto con l’impresa ICA (Ingenieros Civiles Asociados), dove suo fratello Luis era membro del consiglio di amministrazione. Francisco Bojórquez, ex direttore del Sistema de Transporte Colectivo Metro e promotore del progetto assieme a Ebrard, invece è stato inabilitato a svolgere lavori pubblici per 10 anni per le irregolarità commesse (contratti concessi senza valutazione delle migliori condizioni di prezzo, qualità e funzionamento) nella locazione dei vagoni della metro.

Sulle imprese costruttrici al momento non pende nessuna accusa, e probabilmente non ce ne saranno nemmeno: a costruire la “Linea Dorada” furono infatti ICA, Carso (con una partecipazione di Carlos Slim) e la francese Alstom. Tutte e tre le imprese sono attualmente interessate alla costruzione del mal chiamato “Tren Maya” nel sud est del Paese. In particolare, ICA ha vinto l’appalto per il tratto 2, Carso quello per il tratto 4 mentre la francese Alstom è in gara per aggiudicarsi la costruzione dei vagoni del treno.

A corollario di questo quadro, arrivano infine le dichiarazioni ciniche della compagnia assicuratrice: «La famiglia che ha subito il danno, che purtroppo ha subito una perdita, non è la persona che è assicurata con GMX (Grupo Mexicano de Seguros), almeno che GMX abbia anche una polizza separata con queste persone». “È il mercato baby”, prima risarciamo chi in definitiva è responsabile del disastro, poi, eventualmente, chi quel danno, tragico e definitivo, lo ha subito.

È difficile prevedere quindi che la responsabilità cada sui costruttori, dal momento che il “sistema mega progetti” (così vengono chiamate le grandi opere in Messico) di cui queste grandi imprese fanno parte è funzionale all’avanzamento del progetto di “quarta trasformazione” impostato dal presidente López Obrador come dimostra la priorità altissima data dal presidente a progetti estrattivisti come il Tren Maya o il Proyecto Integral Morelos, per il quale è disposto a tutto, a calpestare i diritti delle popolazioni indigene, a mentirle spudoratamente con le “consulte popolari” e in ultima con la repressione con la Guardia Nacional verso chiunque si opponga.

Dietro a questa tragedia c’è quindi il sistema capitalista in tutta la sua decadenza: grandi opere super tecnologiche, moderne, innovative, lussuose, i cui costi lievitano di pari passo coi giorni, interminabili, di costruzioni. Grandi opere che arricchiscono solo le grandi imprese, chi ha in mano davvero il potere e il controllo sullo Stato. Grandi opere che però si sbriciolano all’improvviso sotto lo sguardo impotente di tutti. Di storie come questa ne abbiamo visto e raccontate molte, in Messico, in Italia e in tutto il mondo: tragedie che provocano solo qualche grattacapo ai potenti e danni irreversibili ai los de abajo.